Le “mine vaganti” nello Spazio: migliaia di detriti rischiano di riempire le orbite. E i satelliti di Musk sono tra i responsabili
- Postato il 11 marzo 2025
- Ambiente & Veleni
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni

Il 10 febbraio 2009 i satelliti artificiali Iridium 33 (americano) e Cosmos 2251 (russo) si scontrano in volo. La collisione è catastrofica, visto che i satelliti vengono parzialmente o del tutto distrutti generando migliaia di detriti che si disperdono nello spazio circumterrestre. L’episodio è emblematico di un problema serio e soprattutto in crescita vertiginosa, come spiegato nel bel libro Spazzini spaziali – per un futuro sostenibile dello spazio (edizioni Dedalo), del fisico Ettore Perozzi, già responsabile dell’Ufficio della sorveglianza spaziale dell’ASI. Il messaggio è chiaro: bisogna affrontare l’affollamento dei satelliti intorno alla Terra e la proliferazione incontrollata dei detriti spaziali, prima che sia troppo tardi.
Urti ad altissime velocità
Non è cosa nota ai più, ma i satelliti si muovono con velocità altissime, quelli più vicini alla superficie terrestre compiono il giro del Pianeta in un’ora e mezzo. Ecco perché è indispensabile che le orbite siano prive di ostacoli, perché “a iper-velocità un urto con un frammento orbitante anche di pochi centimetri sarebbe in grado di perforare il satellite, rendendolo inutilizzabile”, spiega il fisico.
Alla fine del 2024, vi erano in orbita quasi 10.000 satelliti funzionanti ma si tratta di un numero in forte crescita, soprattutto a causa “dell’avvento dei nanosatelliti e delle megacostellazioni come Starlink di Space X, composte da migliaia di satelliti interconnessi”. Quanto ai detriti, secondo i modelli dell’Agenzia Spaziale Europea si trovano nell’ambiente spaziale 34.000 oggetti più grandi di 10 centimetri, 900.0000 oggetti di dimensioni tra 1 e 10 centimetri, 128.000.000 di oggetti di dimensioni comprese tra 1 milllimetro e 1 centimetro. “se continua così bisognerà fare lo slalom per evitare la spazzatura spaziale, con perdita di tempo e aumento dei costi”, afferma il fisico. E il timore che intere zone dello spazio diventino impraticabili si fa sempre più concreto.
Il problema delle megacostellazioni
Ad essere più affollate sono le orbite a bassa altitudine: permettono di utilizzare razzi meno potenti per raggiungerle e di sfruttare i vantaggi della vicinanza con la superficie terrestre. Ad esempio, le orbite polari sono utilizzate soprattutto per l’osservazione della Terra dallo spazio, come fa la costellazione del progetto europeo Copernicus, che monitora la qualità dell’aria, la temperatura degli oceani, lo spessore dei ghiacci polari e i loro movimenti. Il problema è che, spiega Perozzi, “all’interno di questa ‘buccia’ sferica si muovono forsennatamente migliaia di satelliti e una miriade di detriti. Qui la probabilità di collisione è più alta e continua a crescere. Ma ciò che più preoccupa è l’arrivo delle mega costellazioni satellitari che pur avendo uno scopo condivisibile – portare connessioni sicure e veloci in ogni angolo del Pianeta – pongono nuove sfide su come preservare la sostenibilità dello spazio circumterrestre”.
Sorveglianza “forsennata” h24
Cosa fare, allora? Gettare i detriti nel Sole usandolo come un gigantesco inceneritore, purtroppo, non è possibile a causa delle altissime velocità necessarie per raggiungerlo. Innanzitutto bisogna catalogare satelliti e detriti e determinare con precisione la loro orbita, ovvero fare “sorveglianza spaziale” (SST, Space Space Surveillance and Tracking). “Compilare e tenere aggiornato un catalogo di tutto ciò che gira attorno alla Terra come risultato delle attività umane è una sfida particolarmente impegnativa, che necessita di una rete di radar e telescopi sempre in azione”, spiega Perozzi.
La sorveglianza è una attività frenetica, a ciclo continuo, 24 ore al giorno, in cui osservazioni e calcoli si susseguono senza sosta perché “il catalogo degli oggetti spaziali rappresenta un’istantanea dell’ambiente spaziale, punto di partenza imprescindibile per ogni successiva attività, sia di studio che operativa”.
Leader indiscussi nel campo sono gli Stati Uniti, che hanno il catalogo più completo a disposizione, ma dato che lo spazio giocherà sempre più un ruolo chiave sia per la difesa che per la vita civile, l’Unione Europea sta realizzando un proprio sistema di sorveglianza spaziale, con lo scopo di raggiungere al più presto un adeguato livello di “indipendenza tecnologica”.
L’urgenza di una normativa
Per far sì che la “spazzatura” in orbita non provochi danni non basta la sorveglianza e l’invio di allerta in caso di rischi di collisione. Bisogna essere in grado di “bonificare” lo spazio circumterrestre, ad esempio rimuovendo satelliti inattivi e i detriti di grandi dimensioni da una zona particolarmente trafficata. In questo caso le soluzioni sul tavolo sono lo spostamento “volontario” dei satelliti a fine vita nelle cosiddette “orbite cimitero”, oppure la realizzazione di satelliti “spazzini” in grado di afferrarli con delle braccia robotiche o intrappolarli con speciali reti per poi farli ricadere bruciando nell’atmosfera. Un ulteriore passo è quello di progettare i satelliti in modo da poter essere riparati in caso di malfunzionamenti o riforniti in volo prolungandone così la vita operativa: in questo modo si eviterà di lasciare nello spazio delle vere e proprie “mine vaganti”. Uno scenario del futuro i cui lavori sono però già in corso e che, in analogia con quanto avviene per il traffico aereo, va sotto il nome di “Space Traffic Management”.
La sostenibilità dell’ambiente spaziale, però, non dipende solo dalla tecnologia. Serve un contesto normativo, ovvero delle pratiche condivise e accettate da tutte le nazioni che si affacciano nello spazio per scongiurare la “sindrome di Kessler“, ovvero una crescita incontrollata dei detriti al punto da rendere lo spazio circumterrestre inutilizzabile per l’alto rischio di collisioni. Non è una impresa facile perché nello spazio si concentrano interessi non solo tecnologici e scientifici ma anche politici e militari. “Bene ha fatto quindi l’Italia, come altri paesi che hanno una consolidata tradizione nell’accesso allo spazio circumterrestre, a dotarsi di una legge sulle attività spaziali. A patto di salvaguardare l’indipendenza tecnologica necessaria per garantire un giusto equilibrio tra interessi pubblici e privati e rendere così spazio un’estensione del nostro ambiente vitale, un posto dove vivere e lavorare producendo benessere e ricchezza”, conclude Perozzi.
L'articolo Le “mine vaganti” nello Spazio: migliaia di detriti rischiano di riempire le orbite. E i satelliti di Musk sono tra i responsabili proviene da Il Fatto Quotidiano.