Le mani dell'Homo naledi: primitive, ma non troppo
Postato il 28 maggio 2025
Di Focus.it
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Quella dell'Homo naledi è una specie umana estinta, vissuta circa 300.000 anni fa in Sudafrica, scoperta nel 2013 nella Rising Star Cave (vicino a Johannesburg). Questi ominidi univano tratti primitivi (come il cervello piccolo e il corpo adatto all'arrampicata) a caratteristiche più moderne, come piedi per camminare eretti e mani parzialmente evolute per usare strumenti.
Secondo una nuova ricerca pubblicata su ScienceAdvances, non solo il corpo era adatto all'arrampicata, ma anche le mani, pur essendo idonee a compiere compiti manuali complessi. La scoperta contribuisce a colmare un vuoto nella nostra comprensione di come si sia sviluppata la mano umana moderna. Contrariamente all'idea di una transizione netta – da mani usate per muoversi a mani capaci di fabbricare utensili – la ricercatrice Samar Syeda, autrice dello studio, suggerisce che il passaggio sia stato molto più graduale e frammentato.. Evoluzione parallela. Lo studio ha confrontato le ossa delle dita di Homo naledi con quelle di un altro ominide vissuto circa due milioni di anni fa, Australopithecus sediba. In entrambi i casi è emersa una combinazione – un vero e proprio mosaico – di tratti umani e scimmieschi, che indica un doppio impiego delle mani: per manipolare oggetti e per muoversi nell'ambiente.
Nello specifico, Australopithecus sediba mostrava un pollice e un mignolo adatti a "prese di potenza", ideali per attività come la scheggiatura della pietra, ma presentava anche caratteristiche utili alla locomozione. Homo naledi, invece, presentava dita con ossa che alternavano morfologie più simili a quelle umane e altre più primitive. Come racconta Syeda: «Abbiamo dovuto considerare scenari alternativi di utilizzo delle mani che potessero spiegare queste differenze nei carichi ossei, e quello che ci è sembrato più plausibile è il modo in cui oggi gli esseri umani scalano le rocce».. Fu un grande rocciatore? Secondo i ricercatori, infatti, le mani di Homo naledi sembrano perfettamente adatte a prese su piccoli spigoli e protuberanza della roccia, una tecnica tipica dell'arrampicata dei nostri giorni. Un'ipotesi che acquista ancora più senso se si considera la geografia della Rising Star Cave, dove visse questa specie: un sistema di grotte profonde e difficilmente accessibili, che probabilmente richiedeva abilità da scalatori per spostarsi da un antro all'altro.
Tuttavia gli autori dello studio sono cauti:«Affermare che Homo naledi utilizzasse regolarmente piccole protuberanze delle rocce per arrampicarsi su pareti rocciose verticali richiede ulteriori verifiche», scrivono i ricercatori. Quello che è chiaro, però, è che tra gli antichi ominidi esisteva un'enorme varietà nella forma e nella funzione delle mani, segno che l'evoluzione non seguì un percorso lineare verso la destrezza moderna..