Le guerre? In fondo sono un colossale affare

  • Postato il 23 novembre 2024
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Dal punto di vista ambientale in senso lato una guerra è “la cosa” peggiore che ci si possa augurare. E spendere soldi in armamenti l’operazione più stupida ed economicamente insostenibile che l’uomo possa fare. Rivolgiamo l’attenzione al cambiamento climatico. Non credo si possa mettere in dubbio che ci sia un cambiamento climatico in atto. Ebbene, le guerre contribuiscono non poco all’aumento delle temperature. Un rapporto neutrale calcolava che nei primi diciotto mesi di guerra russo-ucraina fossero state emesse 150 milioni di tonnellate di anidride carbonica, questo senza tener conto dei danni materiali a campagne e città. E mettiamoci ovviamente i circa un milione di russi e ucraini morti o feriti fino ad oggi (fonte Wall Street Journal). Un milione di esseri umani…

Passiamo a Gaza, dove è in atto il genocidio dei palestinesi. L’illustre rivista medica Lancet ha di recente calcolato che, in base a precedenti guerre e disastri, per ogni persona morta direttamente a causa delle violenze perpetrate, altre quattro si stima che moriranno per le conseguenze indirette (danni collaterali?). Quindi, per Gaza, la rivista calcola che, allo stato, morirebbero 186.000 persone.

Ma c’è un altro aspetto decisamente disturbante, ed è quello relativo alla ricostruzione. Ed ecco che, per quanto riguarda la guerra in Ucraina, scopriamo che la Camera di Commercio statunitense (ACC) si sta portando avanti con i lavori e tutta una serie di imprese si candidano per dare il loro apporto alla ricostruzione di quello che era il granaio della Russia: Coca Cola, Citi Bank, Vodafone, Pepsi, McDonald’s, Nestlé, Bayer. Tutte imprese che non aspettano altro che la guerra finisca, ma solo per fare affari e che hanno già presentato propri progetti alla recente conferenza per la ricostruzione tenutasi a Varsavia. Del resto, secondo quel cinico e gongolante di Zelensky, la ricostruzione dell’Ucraina è “il più grande progetto economico dei nostri tempi, si stimano investimenti di centinaia di miliardi di dollari”. Sempre che nel frattempo non arrivino le bombe nucleari, beninteso.

E sempre sul tema, tornando a Gaza, leggiamo che non solo è in atto un genocidio, ma altresì un ecocidio. Secondo la FAO, a febbraio 2024 gli ettari di terra distrutti erano già 6.694, ma al primo settembre sono saliti a 10.183 (il 67,6% del tota le coltivato). Più in dettaglio, sono stati rasi al suolo il 71,2% dei frutteti (compreso ciò che è stato nel frattempo ripiantato), il 67,1% dei seminativi e il 58,5% delle orticole. Anche gli allevamenti sono stati decimati. È rimasto vivo solo il 43% circa delle pecore (meno di 25mila unità), il 37% di capre (circa 3mila unità) e addirittura solo l’1% del pollame.

Il futuro? Un grande business, anche qui. Un articolo de Il Manifesto del 6 maggio scorso rivelava il progetto dell’amministrazione Netanyahu di rendere la costa di Gaza coperta di grattacieli, impianti a energia solare, navi container, impianti petroliferi offshore a perdita d’occhio. Con altresì un collegamento ferroviario tra Gaza a Neom, la ormai arcinota città del futuro in Arabia Saudita, progettata in pieno deserto da Mohammed Bin Salman. Questa parte del Medio Oriente diventerebbe “stabile, pacifica e prosperosa”, come auspicato dagli Accordi di Abramo del 2020. E i palestinesi? Se va bene finiranno in tante enclave, un po’ come i pellerossa nelle riserve. La guerra? In fondo è solo un grande affare.

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Il Fatto Quotidiano

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