Le critiche alla manovra 2025 che non piace a nessuno

  • Postato il 26 ottobre 2024
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Le critiche alla manovra 2025 che non piace a nessuno

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Le critiche alla manovra 2025. Scuola e università, infermieri e medici sul piede di guerra hanno già proclamato una serie di scioperi. Anche la Lega delle Autonomie locali si è detta profondamente delusa e preoccupata denunciando per Comuni e enti locali una stangata da 4 miliardi. E non sono ancora chiari gli effetti dei tagli annunciati per i ministeri


Ma a chi piace questa manovra? Con misure e numeri finalmente nero su bianco, i malumori e gli allarmi che già le anticipazioni dispensate con il contagocce dal ministro Giancarlo Giorgetti – sempre accompagnate dal mantra “prudenza e responsabilità” – avevano destato, si sono intensificati, e ogni giorno c’è una voce in più che si unisce al coro delle critiche. E le piazze si affollano: sul calendario è già segnato in rosso il 31 ottobre quando si fermeranno i lavoratori della scuola, dell’università e della ricerca per lo sciopero indetto dalla Flc Cgil: la spending spending review imposta ai ministeri, si rileva, costa al comparto il taglio di 5.660 docenti e 2.174 Ata. Manifestazioni, presidi e flash mob sono annunciati in 40 città italiane, a Roma l’appuntamento è davanti al ministero della Funzione Pubblica.

Il 20 novembre incroceranno le braccia camici bianchi e infermieri che considerano insufficienti le risorse stanziate e hanno visto sfumare per quest’anno il piano di assunzioni – 30mila operatori tra medici e infermieri, la promessa -, rinviato al 2026. E i numeri diffusi dalla Fondazione Gimbe hanno riacceso anche lo scontro diretto tra il capo del governo, Giorgia Meloni, e il capo dell’opposizione Elly Schlein.

Non c’è solo il mondo del lavoro in agitazione. Al coro ieri si è unita anche la Lega delle Autonomie locali, Ali: con la legge di Bilancio il governo “affossa gli enti locali con una stangata da oltre 4 miliardi”. “Conferma amaramente quello che ripetiamo da mesi: è costruita quasi interamente sulle spalle degli enti locali e scarica i costi sui cittadini”. Un giudizio corredato dall’elenco dettagliato dei tagli: “4 miliardi di euro nel triennio, con 570 milioni per il 2025, di cui 140 milioni saranno a carico di Comuni Province e Città Metropolitane, che aumenteranno a 290 milioni dal 2026 al 2028 e a 490 milioni nel 2029”.

“Per i soli Comuni sono 1 miliardo e trecento milioni di tagli, che si sommano a quelli già pesantissimi dello scorso anno, e che non possono essere considerati compensati dai 100 milioni per l’accoglienza minori e dal contributo parziale per la compensazione verticale della perequazione, che andranno a beneficio solo di una parte dei comuni e non compenseranno comunque i costi della perequazione – denuncia Ali – Considerando poi anche il taglio alle spese per investimenti, il costo complessivo per il 2025 raggiunge 1,6 miliardi. In tutto questo non è ancora chiaro quale saranno gli effetti del taglio ai ministeri, costi che potranno ricadere nuovamente sugli enti locali”. “É una scelta profondamente sbagliata che rischia di mettere in ginocchio gli enti locali e di colpire i servizi e la qualità della vita di tutti gli italiani”, afferma il presidente nazionale di Ali, Roberto Gualtieri, che avverte: “Non staremo certo a guardare e faremo sentire la nostra voce”.

Sulla sanità, intanto, i toni restano alti e accesi. Ad alimentarli ieri è stata l’analisi di Gimbe sui finanziamenti previsti dalla manovra per il comparto. Il Fondo Sanitario Nazionale (Fns) raggiungerà 136.533 milioni nel 2025, 140.595 milioni nel 2026 e 141.131 milioni nel 2027, “tuttavia – sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – le risorse, destinate principalmente ai rinnovi contrattuali del personale non consentiranno di attuare il piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri fortemente voluti dal Ministro Schillaci, né tantomeno di eliminare il tetto di spesa per il personale sanitario, contrariamente a quanto previsto dal dl Liste di attesa. Positivo l’aggiornamento delle tariffe delle prestazioni per acuti e post-acuti, ma solo a partire dal 2026, mentre le esigue risorse destinate all’aggiornamento dei Lea rischiano di ritardare ulteriormente l’esigibilità delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di protesica”.

Nel 2025 il Fondo sanitario nazionale crescerà 2.520 milioni (+1,9%), di cui 1.302 milioni sono nuovi stanziamenti e 1.218 milioni già assegnati dalla legge di Bilancio 2024. “Ma – sostiene Cartabellotta – le modalità con cui vengono presentati nell’art. 47 gli importi per gli anni successivi risultano fuorvianti: i 5.078 milioni per il 2026, 5.780 milioni per il 2027 e le cifre sino al 2030 indicano infatti l’incremento cumulativo del Fsn e non gli stanziamenti specifici per ciascun anno”. Gli aumenti effettivi sarebbero paria 4.062 milioni nel 2026 (+3%), 536 milioni nel 2027 (+0,4%), 883 milioni nel 2028 (+0,6%), 1.062 milioni nel 2029 (+0,7%), 1.173 milioni dal 2030 (+0,8%). Per il presidente di Gimbe, quindi, la manovra “non prospetta alcun rilancio progressivo del Fsn, lasciando il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) con risorse insufficienti per affrontare le crescenti necessità di cittadini e professionisti”. Il trend del Fsn mantiene infatti l’andamento consolidato sino al 2026, per poi tornare a livelli del periodo pre-pandemia.

Cartabellotta mette quindi in fila i “i punti critici”, in primis la consistenza della dote stanziata: “L’incremento reale è di soli 1,3 miliardi, rispetto ai 3,5 miliardi annunciati, rendendo impossibile soddisfare le richieste dei professionisti sanitari, che infatti hanno già annunciato uno sciopero per il 20 novembre. In secondo luogo, l’unico reale incremento di risorse è previsto solo nel 2026, quando lo Stato potrà disporre delle liquidità derivanti dalla sospensione del credito di imposta delle banche. Terzo, le risorse si disperdono in troppi rivoli, senza una chiara visione di rilancio del Ssn, con un numero eccessivo di misure rispetto alle risorse assegnate, a valere sul Fsn: una (non) strategia che finirà per mettere le Regioni davanti a un bivio, costrette a scegliere da quale lato tirare una coperta troppo corta. Infine, non si intravede alcun rilancio progressivo del finanziamento pubblico che, dopo la fiammata del 2026, torna a cifre da manutenzione ordinaria dell’era pre-pandemica”.

Il Pd ha annunciato battaglia. “La situazione è veramente drammatica. Avevano parlato di aumento storico e record, ma è un record storico negativo. I numeri messi in manovra e rivendicati da Giorgia Meloni, posti in rapporto al Pil, fanno vedere che abbiamo ragione”, afferma la segretaria Elly Schlein. “Nella storia d’Italia nessun governo ha messo tanto nella sanità come questo governo. La sinistra che non si fa problemi a dire cose che non sono vere, sostiene il contrario. Nel 2019, ultimo anno prima del Covid, al governo c’era la sinistra, sul fondo sanitario nazionale c’erano 114,5 miliardi di euro.

Nel 2025, con questa manovra, ci saranno 136,5 miliardi di euro. Lo avete il telefono? Prendete la calcolatrice e fate 136,5 meno 114,5, quanto fa? 22 miliardi di euro di differenza”, è la risposta di Meloni che arriva da Genova dove si trova per la chiusura della campagna elettorale. “Per ogni cittadino lo Stato spendeva 1919 euro in sanità, nel 2025 spenderà 2317 euro: lo Stato italiano nel 2025 spenderà quasi 400 euro a cittadino in più. Come si faccia a sostenere che questo significhi tagliare le risorse resta per me un assoluto mistero”. “Se hanno difficoltà in matematica li aiuteremo – aggiunge – se hanno un po’ di onestà intellettuale”. La premier “mente sapendo di mentire”, è la replica della segretaria del Pd.

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