Le conseguenze dell’estremismo, che sia di Vannacci o dell’Usb

  • Postato il 26 settembre 2025
  • Di Il Foglio
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Le conseguenze dell’estremismo, che sia di Vannacci o dell’Usb

Al direttore - In Italia c’è un sindacato meteorologico che il venerdì semina vento, il lunedì raccoglie tempesta e allora, per non essere da meno, il mercoledì minaccia un uragano: “La Cgil condanna gli ennesimi e gravissimi attacchi avvenuti stanotte nei confronti della Global Sumud Flotilla, e chiede al governo di adoperarsi immediatamente affinché sia garantita l’incolumità di tutte le persone a bordo delle imbarcazioni e per far sì che la missione umanitaria venga portata a termine […]. Invitiamo tutte le nostre strutture e le lavoratrici e i lavoratori a partecipare attivamente alle iniziative di solidarietà in programma nel paese. In caso di ulteriori attacchi, blocchi o sequestri delle imbarcazioni o dei materiali, la Cgil è pronta a proclamare con la necessaria tempestività lo sciopero generale”. 
Michele Magno

Il problema dei sindacalisti e dei politici che coltivano l’estremismo, anche se magari non lo praticano, è che creano le basi perfette per far sì che poi qualcuno un giorno raccolga l’estremismo seminato. Vale quando l’estremismo ha i colori dell’Usb. Vale quando l’estremismo ha i colori di Vannacci. 

   

   

Al direttore - Se mi passa la battuta direi che visto l’andazzo negli atenei italiani forse è il caso di favorire la fuga dei cervelli.
Valerio Gironi

   

  

Al direttore - Gentile Cerasa  mi basta la lettura dell’articolo di stamani a firma di “mat.mat” per decidere di continuare a leggere il Foglio per sempre. Sono sicuro che nessun altro giornale al mondo sarebbe stato capace di scrivere di meglio. Navigo nel quinto ventennio e mi ricordo quando, trenta anni fa, cominciai a leggere “l’elefantino”. Con l’avvento dell’AI, ho ripreso la lettura e ho deciso, prima di uscire di scena, di completare così il mio quinto ventennio. Cordialmente. 
Antonio Gallo 

Tanti cuori. Grazie. E grazie a mat. mat.

   

   

Al direttore - Verdi e Antelami, Pilotta e culatello. Parma, forte di un tessuto imprenditoriale solido e di un export in crescita, prova a immaginare il futuro intrecciando radici e contemporaneità. Dopo il titolo di Capitale italiana della cultura 2020, la città punta al 2027, quando sarà Capitale europea dei giovani, per presentarsi come polo attrattivo non solo per studenti e manager ma anche per l’arte attuale. Il cuore del progetto è l’Ospedale Vecchio, crociera rinascimentale e luogo simbolo dell’Oltretorrente, dove storia e memoria civile incontrano la sfida del presente. Con un investimento di 14 milioni, il comune e “Parma io ci sto!” avviano ParCO – Parma Contemporanea: hub per mostre, arti performative, residenze e percorsi di comunità ispirati a tre pilastri emersi dai cittadini: democrazia digitale, nuove produzioni e sostenibilità. Sabato 27 settembre il forum internazionale, l’advisory board e l’open call per un manager culturale segneranno l’inizio di una sfida che ambisce a coniugare tradizione e innovazione, memoria e futuro.
Corrado Beldì

 

  

Al direttore - Israele riscopre Sparta. E l’Europa? Nel suo pregevole articolo “La lunga strada di Israele”, pubblicato sul Foglio il 20 settembre, Giulio Meotti lancia una provocazione culturale – ma direi anche politica e strategica – che merita attenzione: Israele, stretto tra minacce esistenziali e una profonda vocazione democratica, sta integrando Sparta nel proprio pantheon identitario. Non rinnega certo Gerusalemme, Atene o Roma – le città simbolo della spiritualità, della filosofia e del diritto – ma le completa con il rigore, la disciplina e la resilienza spartana. Mi chiedo: l’articolo di Meotti è una feconda provocazione che riguarda solo Israele? Non credo. Penso che sia un messaggio che voglia parlare anche all’Europa. In un continente spesso esitante, nella maggioranza dei suoi abitanti ed elettori pacifista per abitudine e per decenni disarmato per scelta, l’idea di una “civiltà combattente” suona scomoda ma necessaria. Israele mostra che si può essere democratici e forti, colti e pronti a combattere. L’Europa, invece, sembra aver smarrito il senso del limite, del sacrificio, della difesa, che solo dopo lo scoppio della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina sta cercando faticosamente di riscoprire. Sparta non è solo guerra. E’ educazione al carattere, all’etica del dovere, alla capacità di vivere sotto assedio. In tempi di crisi, con una guerra nel cuore dell’Europa che sempre più rischia di diventare una guerra allargata, forse l’occidente deve smettere di considerarla un’anomalia storica e iniziare a vederla come una risorsa culturale e non solo. L’invito di Meotti, dunque, non è a rinnegare Gerusalemme, Atene o Roma, ma a completare il quadro. L’uomo dell’occidente non può più essere solo filosofo, giurista o profeta: deve anche essere combattente. Israele lo ha capito. L’Europa è pronta?

Alberto Bianchi
 

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Autore
Il Foglio

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