Le condizioni di Hamas: "Ridateci sei ergastolani"

  • Postato il 7 ottobre 2025
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  • Di Libero Quotidiano
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Le condizioni di Hamas: "Ridateci sei ergastolani"

I colloqui indiretti fra Israele e Hamas sono iniziati in una blindatissima Sharm el-Sheikh con la mediazione dell’Egitto e del Qatar. Secondo il canale egiziano Al-Qahera News, le delegazioni «stanno discutendo delle condizioni preliminari per il rilascio dei detenuti e degli ostaggi» secondo lo schema schizzato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, mentre «i mediatori egiziani e qatarioti lavorano con le parti per stabilire un meccanismo per lo scambio».

Alla testa degli israeliani c’è il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, uomo di fiducia del primo ministro Benjamin (Bibi) Netanyahu. Guida della delegazione palestinese è il leader di Hamas all’estero Khalil Al-Hayya, sopravvissuto a un attacco aereo israeliano a Doha in Qatar un mese fa nel quale è rimasto ucciso suo figlio.

Da parte sua, il capo della Casa Bianca continua a ripetere che l’accordo si concretizzerà nel giro di una settimana, e l’alternativa è un bagno di sangue. Neppure Netanyahu vuole trattative prolungate: ai suoi Bibi ha anche chiesto di attenersi strettamente ai punti del piano Trump. In Israele, intanto, le famiglie degli ostaggi hanno chiesto al Comitato norvegese per il Nobel di assegnare il premio per la Pace proprio a Trump per i suoi sforzi per la liberazione dei loro cari.

Il Hostages and Missing Families Forum afferma in una nota di aver inviato una lettera al Comitato – che venerdì annuncerà il vincitore di quest'anno – sullo sfondo dei negoziati in Egitto per porre fine alla guerra a Gaza. «Per la prima volta da mesi, speriamo che il nostro incubo finisca. Siamo certi che il presidente Trump non si darà pace finché l'ultimo ostaggio non sarà riportato a casa, la guerra non sarà finita e la pace e la prosperità non saranno ripristinate in Medio Oriente», scrivono le famiglie. «Fin dal momento del suo insediamento, Trump ha portato la luce nei nostri momenti più bui», continua la nota. «Vi esortiamo vivamente a conferire il premio Nobel per la Pace al presidente Trump».

Lo scorso luglio, Bibi aveva già proposto il leader statunitense per il premio, citando il ruolo degli Usa nella Guerra dei Dodici giorni tra Israele e Iran, e il cessate il fuoco che vi ha posto fine.
A Sharm si discute di ostaggi, del ritiro israeliano e del disarmo di Hamas ma ogni punto presenta non poche controversie. A cominciare proprio dallo scambio fra i sequestrati e alcune centinaia di palestinesi detenuti in Israele. La presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), Mirjana Spoljaric, ha detto che la Croce Rossa – che non ha mai visitato gli ostaggi israeliani tenuti in prigionia in condizioni disumane per due anni – «è pronta ad aiutare a riunire le famiglie e portare aiuti nella Striscia di Gaza, dando priorità alla sicurezza, alla dignità e al benessere dei civili.
I nostri team sono pronti ad agire come intermediari neutrali per riportare ostaggi e detenuti alle loro famiglie». Un alto funzionario palestinese ha affermato al canale televisivo saudita Al-Hadath che «Hamas insiste sul rilascio di sei detenuti di lungo corso, tra cui Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, e che si coordinerà con varie fazioni sulla consegna degli ostaggi».

Il governo di Gerusalemme escluderebbe la liberazione di Barghouti: il popolare ex leader della Brigata dei Martiri di al-Aqsa durante la seconda intifada è stato condannato a cinque ergastoli per terrorismo; Saadat, già segretario generale del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (Fplp), è stato condannato nel 2008 a 30 anni di reclusione per il ruolo dell’Fplp nell’omicidio del ministro israeliano del Turismo Rehavam Ze'evi nel 2001. Fra gli altri detenuti “richiesti” da Hamas c’è anche Ibrahim Hamed, capo del gruppo terroristico in Cisgiordania (54 ergastoli per 46 omicidi) e Abbas al-Sayed (35 ergastoli per 30 morti al Park Hotel Di Netanya nel 2002).

Quanto, infine, al disarmo, il gruppo terrorista ha insistito sul fatto che non disarmerà a meno che Israele non metta fine all’occupazione e non venga creato uno stato palestinese. Va ricordato che dall’agosto del 2005 (quando Israele si ritirò unilateralmente dalla Striscia) all’ottobre del 2023, Hamas ha governato a Gaza muovendo decine di assalti contro lo Stato ebraico. Allo stesso tempo, riferisce la stampa israeliana, la delegazione palestinese ha chiesto ai mediatori garanzie che Israele non riapra le ostilità nella Striscia.

I nodi da sciogliere a Sharm sono tanti e ingarbugliati. Sullo sfondo resta una situazione di alta tensione. Ieri le Israeli Defense Forces (Idf) hanno eliminato nel sud del Libano Hassan Atawi, un agente del sistema di difesa aerea di Hezbollah; Al-Jazeera ha scritto che le Idf avrebbero ucciso “decine” di persone solo ieri a Gaza. Intanto Il capo di stato maggiore delle Idf Eyal Zamir ha aumenta il livello di allerta allo stato più alto: ieri sera è iniziata la festa di Sukkot ed era la vigilia del secondo anniversario (oggi) dei massacri del 7 ottobre. Mercoledì a Sharm sono attesi gli uomini di fiducia di Trump, Steve Witkoff e Jared Kushner: la speranza è che possano benedire un’intesa. L’alternativa è la guerra.

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Libero Quotidiano

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