Le banche smentiscono Pechino. La Cina non cresce come dice

  • Postato il 17 aprile 2025
  • Economia
  • Di Formiche
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Qualcosa non torna nella crescita cinese. Due giorni fa Pechino ha annunciato che la sua economia è cresciuta del 5,4% nel primo trimestre, superando così le attese degli analisti. Ora, nel certificare uno scatto del Pil, le autorità del Dragone, hanno aggiunto una nota a pié di pagina: i dazi statunitensi stanno mettendo pressione sull’economia e sul commercio del Paese. “Al momento, l’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti eserciterà una certa pressione sul commercio estero e sull’economia del nostro Paese”, ha dichiarato Sheng Laiyun, vice commissario dell’Ufficio nazionale di statistica, in una conferenza stampa. E non si stenta a crederlo. Forse anche per questo le principali banche d’affari mondiali la pensano un po’ diversamente dal governo cinese.

Si prendano gli analisti di Citi. I quali vedono “poco spazio per un accordo tra Stati Uniti e Cina sul versante commerciale. Le politiche interne della Cina potrebbero concentrarsi maggiormente sull’espansione della domanda”. E “stimiamo che da 10 a 20 milioni di lavoratori in Cina potrebbero essere esposti alle esportazioni statunitensi. La combinazione di tariffe statunitensi estremamente elevate, forte calo delle esportazioni verso gli Stati Uniti e un rallentamento dell’economia globale dovrebbe generare pressioni sostanziali sull’economia e sul mercato del lavoro cinese”.

Altra banca, stessa musica. Secondo Société Generale, “le esportazioni totali della Cina potrebbero crollare di oltre il 10% e questo è del tutto plausibile dato che questo (i nuovi dazi americani, ndr) è uno shock commerciale che accade una volta nel secolo”. Anche dal Giappone arrivano cattive notizie. A sentire Nomura, principale banca d’affari nipponica, “anche se ci aspettiamo che Pechino intensifichi in modo significativo i suoi sforzi per sostituire la perdita di esportazioni verso gli Stati Uniti con la domanda interna, questo sarà probabilmente piuttosto impegnativo. L’economia cinese deve affrontare due movimenti di materiale contemporaneamente: la ricaduta immobiliare in corso internamente e la guerra commerciale senza precedenti tra Stati Uniti e Cina esternamente. Il rapido peggioramento della guerra commerciale Usa-Cina potrebbe anche infliggere un ulteriore colpo al settore immobiliare ancora in difficoltà”.

C’è poi chi si è spinto oltre. Ubs, per esempio, ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita della Cina, diventando la più pessimista tra le grandi banche internazionali. L’istituto svizzero prevede ora una crescita del Pil del 3,4% nel 2025, a fronte del 4% stimato in precedenza. Per il 2026, la stima è stata mantenuta al 3%, il livello più basso tra tutte le proiezioni raccolte da Bloomberg. I dati si confrontano con il target ufficiale di Pechino di un +5% nel 2025. Per chiudere, Goldman Sachs. ““Nonostante un solido Pil del primo trimestre del 5,4%, vediamo che l’attività del secondo trimestre è immediatamente influenzata dall’incertezza nella politica tariffaria statunitense”. Forse qualcuno a Pechino ha davvero fatto i conti senza l’oste.

Autore
Formiche

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