Lavoro, se a licenziarti è l’intelligenza artificiale

  • Postato il 16 novembre 2025
  • Di Panorama
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Più dannosa di uno tsunami, più letale del Covid. La pandemia non è stata nulla a confronto con il tasso di “mortalità” dell’Intelligenza artificiale. Non c’è settore che si salvi. Dalle banche all’automotive, alla vendita al dettaglio, ogni giorno è un bollettino di guerra. Migliaia di dipendenti licenziati dall’oggi al domani e sostituiti da un chip, o meglio dagli Agenti, come si chiamano, ovvero piattaforme per gestire Intelligenze artificiali che agiscono in modo autonomo senza l’intervento umano. A differenza di ChatGpt, non si limitano a rispondere a comandi passivi ma prendono l’iniziativa.

Come funzionano gli Agenti

Per le aziende è una manna. Non sono semplici assistenti, ma vere e proprie entità algoritmiche capaci di percepire, ragionare, pianificare e agire per raggiungere obiettivi complessi con una minima supervisione umana. Parliamo delle funzioni di assistenza clienti, di marketing, di creazione di contenuti e altro ancora. Possono interagire con l’ambiente, raccogliere dati e utilizzarli. Facciamo l’esempio di un contact center: l’Agente porrà automaticamente diverse domande al cliente, cercherà informazioni nei documenti interni e risponderà con una soluzione. In base alle risposte degli utenti, poi, determinerà se può risolvere il problema da solo o trasmetterlo a un essere umano. Inoltre ha una memoria che gli permette di ricordare i risultati delle sue azioni.
L’apprendimento continuo tramite tecniche di “machine learning” gli consente di adattare il proprio comportamento, correggere gli errori e migliorare le prestazioni nel tempo. Rispetto alle generazioni precedenti un Agente Ia è proattivo, ovvero non aspetta il comando a ogni passo ma una volta impostato un obiettivo complesso decide, pianifica la strategia e la esegue in autonomia, adattandosi agli imprevisti senza richiedere la supervisione umana.

Un assistente senza limiti

Se già siete confusi, ecco un esempio basico: servizi come Siri e Google assistant sono tipologie di Agenti che apprendono e interagiscono con gli utenti. Questi software hanno un vantaggio che li rende vincenti: non hanno vincoli di orario di lavoro, non sono sindacalizzati, non chiedono aumenti di stipendio, non si ammalano o vanno in maternità. Insomma sono l’assistente ideale.
Una rivoluzione già in atto che secondo la società d’analisi McKinsey può valere 4.400 miliardi di dollari di valore aggiunto all’anno nel mondo. Una svolta epocale che però ha un costo alto sul mercato del lavoro.

Licenziamenti e blocco delle assunzioni

Ma gli Agenti, entrati in azienda, sono veri e propri killer con licenza di uccidere anche le professionalità più alte. Nei giorni scorsi Amazon ha annunciato il taglio di 14 mila dipendenti, la prima tranche di un piano che prevede la riduzione di 40 mila posizioni, per liberare risorse e investire aggressivamente nell’Intelligenza artificiale.
JPMorgan Chase e Goldman Sachs stanno limitando fortemente le assunzioni a vantaggio dell’Ia, mentre il ceo del gruppo automobilistico Ford, Jim Farley, ha avvertito che sostituirà la metà dei colletti bianchi. Anche Brian Chesky, numero uno di Airbnb, ha affermato che «molte aziende stanno preventivamente bloccando le assunzioni immaginando una forza lavoro ridimensionata».

Una macchina che sostituisce l’uomo

Come Walmart che intende rimanere a ranghi fermi per tre anni, mentre Marc Benioff, ceo di Salesforce, impresa statunitense di cloud computing, dopo aver tagliato 4 mila posti ha detto di aver bisogno «di meno teste» perché il 50 per cento del lavoro in azienda è già svolto dall’Ia. A giugno il gruppo ha introdotto Agentforce 3, una piattaforma che consente alle imprese di delegare agli Agenti la generazione di preventivi, l’inserimento di clienti, l’analisi dei reclami, prendendo decisioni basate su regole aziendali. L’elenco della “mattanza” si allunga ogni giorno di più. Ups ha eliminato 48 mila posti nell’ultimo anno, 14 mila nel management e Meta ha ufficializzato il taglio di 600 posizioni addirittura nella divisione di Ia. Goldman Sachs stima che il 6-7 per cento dei lavoratori Usa potrebbe perdere il lavoro a causa dell’adozione dell’Intelligenza artificiale.

I primi dati e le analisi accademiche

Lo Stanford Digital Economy Lab ha rilevato che le assunzioni entry-level, di primo ingresso, in «mansioni esposte all’Ia» sono diminuite del 13 per cento. Il rapporto afferma che lo sviluppo software, il servizio clienti e le mansioni d’ufficio sono i più vulnerabili. «Siamo all’inizio di uno sviluppo che avrà un impatto significativo sul mercato del lavoro», ha affermato Bad Levanon, economista capo del Burning Glass Institute, una società di ricerca che si concentra sui cambiamenti nell’economia e nell’occupazione.

I settori che stanno già cambiando

Tra i settori su cui si sta studiando o sperimentando l’integrazione di questi software, c’è l’industria manifatturiera dove sistemi intelligenti possono monitorare il funzionamento delle macchine, prevedere le necessità di manutenzione, e ottimizzare i processi di produzione. Tutto questo può tradursi in aumenti della produttività e riduzione dei tempi di fermo della produzione. Altro comparto è quello dei beni di largo consumo. Qui l’Agente può gestire le scorte di magazzino e supportare le campagne di marketing, generando, per esempio, contenuti promozionali per i nuovi prodotti. Nell’industria dell’auto, invece, i software possono controllare le performance dei veicoli, facilitando la gestione dei sistemi di allerta. Nella sanità, l’Ia può dare le prime risposte ai pazienti, aiutarli a individuare e prenotare per tempo i migliori specialisti, gestire la documentazione sanitaria e definire un piano di prevenzione o di terapia.

Le diverse famiglie di Agenti

Gli Agenti non sono tutti uguali. Ci sono quelli a “riflesso semplice”, i più rudimentali, che agiscono basandosi sulla percezione attuale dell’ambiente e non hanno memoria. È il caso di un filtro antispam che blocca le email con una parola chiave nell’oggetto. Poi ci sono gli “Agenti a riflesso basati su modello” che invece hanno memoria. Un esempio: un robot aspirapolvere che si muove in una stanza deve ricordare quali aree ha già pulito. Gli “Agenti basati su obiettivi” non si limitano a rispondere, ma cercano il percorso migliore per arrivare al risultato, come nei sistemi di navigazione Gps.
Le versioni più sofisticate sono gli “Agenti basati sull’utilità”, che valutano i diversi percorsi e i potenziali risultati e scelgono l’azione che massimizza il guadagno a lungo termine; e gli “Agenti di apprendimento”, che apprendono dall’esperienza e migliorano continuamente le loro prestazioni. La nuova frontiera, invece, è quella degli “Agenti agentici”, ovvero gruppi di due o più Agenti che collaborano e comunicano tra loro per raggiungere un obiettivo. Tra le prime applicazioni di questa tipologia, nel mondo delle piattaforme finanziarie business, ci sono i Collaboratori digitali di Vivid, pensati come veri e propri colleghi con un loro indirizzo email e chat per interagire con loro. Hanno anche nomi umani – Anna, Lucas ed Emma – e aiutano le Pmi e i professionisti a migliorare la produttività, gestendo il calendario degli appuntamenti, analizzando contratti e facendo report finanziari.

La domanda finale

Insomma, due cose sembrano delinearsi con chiarezza. La prima è che stiamo entrando in una fase sconosciuta. L’introduzione dei robot nelle linee produttive iniziata negli anni Ottanta del secolo scorso puntava a eliminare mestieri usuranti, faticosi e ripetitivi. Oggi, l’Intelligenza artificiale minaccia direttamente l’occupazione dei colletti bianchi a minore specializzazione e delle professionalità elevate. Molti addetti finiranno integrati in questo processo e sarà necessaria una formazione adeguata. Davvero la macchina sostituirà l’uomo? Il rischio (che per alcuni è un’opportunità) esiste.

Autore
Panorama

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