Lavoro, milioni di posti senza candidati: l’Italia paga il conto della carenza di laureati
- Postato il 4 settembre 2025
- Di Panorama
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Secondo un rapporto elaborato da Unioncamere e ministero del Lavoro, le aziende italiane nel prossimo quinquennio avranno necessità di assumere tra i 3 e i 4 milioni di lavoratori e ogni anno spalancheranno le loro porte a 250-270 mila laureati. Una cifra enorme, che dovrebbe assicurare possibilità occupazionali a una moltitudine di giovani. Ma la buona notizia deve essere confrontata con ciò che offre il mercato. Non quello del lavoro, ma della formazione. Infatti, la ricerca delle imprese si orienterà verso quei laureati che hanno competenze scientifico-tecnologiche. In pratica, la richiesta di manodopera qualificata in materie come scienza, tecnologia, ingegneria e matematica si scontra con la realtà di ragazzi che hanno sì conseguito una laurea, ma non nel settore che attrae lavoro. Il mancato incontro fra le esigenze dell’industria e delle società che operano nel mondo dei servizi con i profili di studio dei giovani che una volta conseguita la laurea cercano lavoro è un mio vecchio pallino.
Ogni volta, quando leggo i dati Istat sulla disoccupazione giovanile in Italia, mi domando perché sia così difficile colmare il gap tra domanda e offerta. Perché, a fronte di un 20 per cento circa di ragazzi che non trova un’occupazione stabile, non si riesca a fare in modo che il periodo di formazione e di studio non sia indirizzato verso ciò che le aziende cercano. È inutile laureare ogni anno migliaia di ragazzi in scienze politiche o sociali se l’industria ha bisogno di ingegneri. Ed è altrettanto folle avere un esercito di laureati in scienze motorie se poi non c’è la possibilità di assorbirli. Occhio: non ce l’ho con quelli che ai miei tempi si chiamavano professori di ginnastica e nemmeno ho qualcosa da contestare agli “scienziati politici” (una volta, durante un dibattito, il mio amico Mario Giordano mi fece osservare, un po’ offeso e un po’ divertito dalla mia gaffe, che lui poteva vantare proprio una laurea in scienze politiche).
Dico solo che servirebbe un sistema che aiutasse gli studenti e le famiglie a scegliere non solo ciò che piace, ma anche ciò che, una volta finiti gli studi, assicuri un futuro e possibilmente uno stipendio. Guardo al mio settore, quello di giornali e tv: capisco che tanti giovani vogliano fare questo mestiere perché amano il calcio o il tennis e non essendo né Maradona né Sinner sognino di restare nell’ambiente raccontando le partite e i set. Tuttavia, di quanti cronisti a bordo campo hanno bisogno le redazioni? Non proprio di legioni. Mi è chiaro che dal successo del Processo del lunedì di Aldo Biscardi in poi, sulle reti nazionali e locali è dilagato il fenomeno dell’opinionista sportivo, ovvero del giornalista o ex calciatore che discetta di calcio, ma il mercato non è per tutti, al massimo per qualche decina di personaggi. Lo stesso si può dire di quelle nuove figure che vengono genericamente indicate come influencer. È bello poter campare partecipando a una sfilata o presenziando a qualche evento, magari indossando un abito firmato o esibendo l’ultimo modello di borsetta.
Ma anche in questo caso, a sfondare nel settore e potersi costruire una carriera sono pochi e quei pochi – vedi il caso di Chiara Ferragni e di Martina Strazzer, proprietaria del marchio Amabile Jewels – devono poi assoggettarsi alle regole dell’immagine, patrimonio fondamentale per chi campa di lustrini e ha una reputazione da difendere. Insomma, è lecito sognare di avere un avvenire fra le stelle, ma forse è più opportuno tenere i piedi per terra e ragionare su quei 2,5 milioni di lavoratori che le aziende cercano e sono disposte ad assumere purché i candidati al contratto abbiano certi requisiti. Se ogni anno rischiano di mancare fra i 9 e i 18 mila laureati Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), chi cerca un lavoro non può pensare di inseguirlo facendo un corso universitario di comunicazione. Bado troppo alla realtà e non do spazio alla fantasia e alla creatività? Sarà, ma vedere il figlio di un amico che appena laureato in ingegneria meccanica non ha potuto fare le vacanze perché è stato assunto in Ferrari mi ha fatto capire che il futuro non è tutto nero, basta solo trovare la porta d’ingresso per scoprirlo anche roseo.