L'asse che può unire Londra e Berlino

  • Postato il 15 settembre 2024
  • Berlino
  • Di Panorama
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L'asse che può unire Londra e Berlino



Per ora l’avvicinamento tra Keir Starmer e Olaf Scholz riguarda la difesa. Ma l’alleanza può allargarsi ancora, vista anche la debolezza della Francia. E per l’Italia? Ci sono dei vantaggi.


Pronti, fuoco: Keir Starmer, il nuovo premier britannico, ha atteso giusto due mesi prima di volare a Berlino in visita ufficiale. Il suo predecessore Rishi Sunak si era fatto desiderare ben di più: 18 mesi. Sarebbe un errore ritenere che Starmer abbia voluto tagliare corto poiché a Berlino Olaf Scholz, un socialdemocratico e dunque politicamente un «parente» del laburista Starmer, ha imboccato il miglio finale del suo mandato. E non sarebbe corretto nemmeno ritenere che Starmer parli a nuora perché suocera intenda. Che, cioè, si lanci entusiasticamente in un accordo bilaterale con la Germania in modo da smuovere l’Unione europea. Quest’ultima eventualità, si badi, è paventata anche da ambienti conservatori di Oltremanica. Ambrose Evans-Pritchard, eccentrica e coltissima firma del quotidiano Telegraph, pur vedendo di cattivo occhio il «rapprochement» anglo-tedesco, ha per esempio ammesso a denti stretti che la Germania è forse l’unico inquilino del condominio europeo verso cui non riuscirebbero a scattare la ganasce. In altre parole: se Londra e Berlino trovassero davvero la quadra, per gli altri sarebbe davvero difficile far deragliare l’accordo.

In realtà la visita di Starmer va inquadrata in un più ampio processo di riconciliazione tra Regno Unito e Germania, che ha fatto registrare anche momenti simbolici, come il discorso in tedesco di Re Carlo al Bundestag tedesco, e vede un supporto attivo da parte del «deep state» inglese. Tra i più preoccupati ci sono i francesi. Nicolas Baverez sulle colonne del quotidiano Le Figaro non è andato troppo per il sottile: per la prima volta dal 1945, il futuro d’Europa si fa ormai senza la Francia, come simboleggia la scelta di Starmer di prendere Scholz come partner unico per negoziare una «nouvelle donne», cioè un riassetto degli equilibri tra Gran Bretagna e Ue dopo la Brexit.

Per ora Londra sembra concentrarsi soprattutto sul comparto della difesa, e lo sforzo è quello di convincere Berlino ad aggiungersi a un fronte che già comprende l’Olanda, Paesi scandinavi e baltici, Polonia e approfittare della debolezza della Francia. La stessa partita, se osservata attraverso le lenti tedesche, configura una sfida importante. La Germania deve innanzitutto gestire la «divergenza» da Parigi senza compromettere fatalmente l’asse franco-tedesco e senza scontrarsi con Londra nel Baltico e in Scandinavia, che rimangono un protettorato (geo)politico inglese. Ai vertici francesi non piacciono le modalità di riarmo del governo Scholz, che già assegnano molto spazio e risorse agli F-35 americani a scapito dell’industria militare d’Oltralpe, né l’offensiva diplomatica di Berlino in Africa per preparare il campo a insediamenti industriali tedeschi. Ma per capire perché il nervo sia così scoperto occorre tornare al lontano 1956, cioè alla Crisi di Suez che consacrò la primazia statunitense e declassò le capitali di qua e di là dalla Manica. L’establishment britannico trasse dalla batosta una conclusione opposta rispetto a Parigi. Londra, infatti, scelse cioè di fare coppia fissa con Washington, esercitando influenza «da dentro» sul fratello maggiore. La Francia puntò a divenire il riferimento principale di un «terzo polo» che le conferisse per un verso un peso adeguato sulla scena internazionale, e per altro verso consentisse di ovviare a debolezze interne (nel Secondo dopoguerra l’economia del Paese era ancora malconcia, e questo era attraversato da forti tensioni legate alla gestione del dossier algerino).

Nella testa del Generale De Gaulle prese corpo una dottrina nominalmente europea, in realtà basata sul tandem franco-tedesco. Alla Francia, nella ripartizione interna dei compiti, toccavano l’alta strategia, gli esteri e la difesa. Ai tedeschi invece spettava l’economia. All’establishment politico-economico di Berlino tale aspetto non sembra sfuggire. Tuttavia l’abbraccio con Londra «metterebbe oggi il turbo» al comparto difesa tedesco, fondamentale per trainare la malconcia economia del Paese orfano dei «fasti automotive», e gli restituirebbe un secondo canale privilegiato con Washington. Anche Friedrich Merz, a capo della Cdu e con ottime possibilità di rimpiazzare Scholz come cancelliere dopo le prossime elezioni politiche, sembra aver mangiato la foglia. L’accorto politico ha infatti pubblicamente riconosciuto che i molti «nein» tedeschi in Europa hanno contribuito a rafforzare le spinte per la Brexit nel Regno Unito, culminate nel referendum del giugno 2016 che ne ha sancito l’uscita dalla Ue. Per l’Italia, che ha una integrazione significativa nell’industria per la difesa inglese e si sta posizionando con quella tedesca, i «flirt» tra i due Paesi sono promettenti: perché senza fatica, per trascinamento, si potrebbe trovare attratta in un potente campo di forza: il quadrangolo Washington-Londra-Berlino-Roma.

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Panorama