“Lascio lo sport italiano come eccellenza assoluta”. Parla Giovanni Malagò

  • Postato il 25 giugno 2025
  • Di Il Foglio
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“Lascio lo sport italiano come eccellenza assoluta”. Parla Giovanni Malagò

Quando stasera uscirà dall’ufficio del Coni dopo 12 anni e 127 giorni di presidenza, Giovanni Malagò si commuoverà. Gli scenderanno quelle lacrime che tante volte hanno accompagnato le imprese degli atleti italiani durante il suo regno. Il suo ufficio che era diventato un piccolo museo dello sport, ormai è vuoto. Restano solo i mobili e non è detto che non si porti via anche quelli. In fin dei conti se li era pagati di tasca sua il primo giorno, quando aveva provato ad accomodarsi nell’ufficio che era stato di Gianni Petrucci. “C’erano ancora dei mobili dell’epoca di Onesti tra i quali anche una credenza ecclesiastica e davanti alla mia scrivania due sedie scomodissime, forse messe apposta perché gli ospiti si trattenessero poco… mi hanno spiegato che per cambiarli avrei dovuto fare una gara… allora ho chiamato Matteo Montezemolo che era presidente della Frau e gli ho chiesto di arredare l’ufficio… Mi ha fatto il 30 per cento di sconto, ma ho pagato di tasca mia… per questo non ho ancora deciso se portarli via”, scherza, ma non troppo.

   

La prima cosa sua attaccata alle pareti era stata la fotografia della sua corsa della vittoria ad abbracciare le figlie tornate apposta per lui. “Io ero convinto di vincere, anche se qui dentro raccontavano un’altra storia. Per questo ho chiesto a tutte le segretarie se volevano restare o cambiare posto”. Sono rimasti tutti, anche chi fino alla sera prima faceva campagna per il suo rivale. E alla fine in molti la penseranno come il vecchio avvocato di Onesti che ieri mattina è andato a salutarlo e gli ha detto: “Non troveranno mai più un presidente che ha la tua passione e la tua competenza”. D’altra parte, lui stesso si definirebbe così: “Giovanni Malagò il presidente che ha amato come nessuno lo sport italiano e il comitato olimpico nazionale”. 
 

In eredità lascia uno sport che sta meglio di come l’aveva trovato: “Cerco di essere oggettivo. Lascio uno sport con un prestigio altissimo a livello nazionale e internazionale, cosa non banale oggi. Lascio dei risultati mai ottenuti nella storia. Lascio con un consenso che non sarà facile raggiungere per chi verrà dopo. E lascio un’offerta senza precedenti di avvenimenti organizzati da Milano Cortina ai giochi giovanili fino a quelli del Mediterraneo”. E peccato per quei Giochi di Roma che ormai erano una cosa fatta…

 

Un voto alla sua presidenza? “No non me lo chiedere, ma sono certo che se lo chiedeste a chi ha lavorato con me e agli atleti, non sarebbe male”. Basterebbe non far votare Paolo Barelli e Angelo Binaghi, Federnuoto e Federtennis: “Erano in due… Negli ultimi quattro anni non uno ha votato contro. Loro che lo avrebbero fatto non si sono presentati mai in Consiglio. Ma è strano che dopo essersi disinteressati o peggio aver parlato male del Coni, oggi stiano lavorando così tanto per le elezioni. Avrebbero potuto candidarsi loro che potevano… Però io non avrei problemi ad abbracciarli per una causa comune a favore del nostro sport”. Oggi loro sostengono Pancalli, Malagò sta con Buonfiglio e Carraro fa il terzo incomodo dalla sua comoda poltrona di 85enne che ha già visto tutto nella vita.

   

Domani in 81 andranno a votare.

 

Il suo messaggio per il nuovo presidente è semplice: “Deve fare delle cose diverse perché ognuno di noi è fatto a modo suo. Deve avere una trasparenza assoluta e non aver paura di sbagliare. Soprattutto deve essere una persona umanamente disponibile con tutti, non solo con chi è amico e lo ha aiutato. Se ho un merito è quello di aver saputo aggregare tutte le componenti e di aver sempre tenuto aperta la porta del mio ufficio”. Infatti, se deve ammettere degli errori, racconta di aver dato umanamente troppa fiducia a qualcuno. E ammette di non aver lavorato per tempo alla sua successione come Bach ha fatto con la Coventry, prima donna presidente del Cio: “Pensavo che mi avrebbero concesso la proroga e quindi che avrei avuto tempo per preparare la successione. Però onestamente credo non sia mai capitato né capiterà mai più di cambiare presidente del Coni e del Comitato Paralimpico alla vigilia dei Giochi in casa nostra”.

   

Ed eccoci alla politica che gli ha sbarrato la strada. Ma Malagò questa volta non attacca: “Ho molto apprezzato che il governo non sia intervenuto in queste elezioni, restando fuori. Però per dire che lo sport è al riparo dalla politica bisognerebbe sapere che persone arriveranno. Tutto dipende dagli uomini”. Durante il suo regno si sono succeduti 8 governi, 7 premier e 8 autorità vigilanti tra ministri e sottosegretari, compresa una riforma dello Sport fatta apposta per farlo fuori: “Vedo un’Italia più arrabbiata, molto meno tollerante e meno ottimista. Io invece sono un super fan del mio paese, mi sento proprio un patriota e faccio il tifo perché la Meloni vinca la sua scommessa a medio-lungo termine”. Un endorsement imprevisto, ma sincero perché oggi non porta a nessun risultato. L’ultima cartolina è dedicata ai suoi momenti magici: “L’oro delle ragazze del volley mi ha commosso. E’ stato l’ultimo,  ma anche quell’oro di squadra che mi mancava. E poi Federica Pellegrini perché abbiamo avuto due carriere parallele. Per non scordare quegli 11/13 minuti passati tra l’oro di Tamberi e di Jacobs. Qualcosa che resterà per sempre nella storia e non solo nella mia”.

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Autore
Il Foglio

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