L’appello dei leader cristiani di Taybeh dopo gli attacchi dei coloni israeliani a chiese e cimiteri in Cisgiordania

  • Postato il 12 luglio 2025
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L’accorata richiesta di aiuto giunge da Taybeh, l’antica Efraim citata nei vangeli. È l’ultimo villaggio interamente cristiano rimasto in Cisgiordania e una delle chiese più antiche in assoluto, dove la comunità cristiana è presente ininterrottamente da 2mila anni. Taybeh si trova al centro della montagna di Ramallah, a 850 metri di altezza, da dove di notte si vedono le luci di Gerusalemme.

Ebbene: il 7 luglio una chiesa e un cimitero cristiano antichi sono stati gravemente vandalizzati dai coloni israeliani. Per questo i sacerdoti delle tre confessioni cristiane del villaggio, latina, cattolica greco-melchita e greco-ortodossa, hanno lanciato un grido d’allarme al mondo, esprimendo profonda preoccupazione per i crescenti e documentati attacchi da parte dei coloni israeliani sulla terra, sui luoghi santi e sulle proprietà della città. Assalti che si ripetono nel più totale silenzio, aumentando nei cristiani palestinesi il senso di pericolo e di mancanza di protezione.

L’appello, lanciato da padre Dawood Khoury, padre Jacques-Noble Abed e padre Bishara Fawaz, descrive ciò che sta accadendo come “una serie di attacchi sistematici” che non solo minacciano la sicurezza e la stabilità della città, ma minano anche la dignità dei suoi residenti cristiani e colpiscono il loro patrimonio storico e religioso.

Il 7 luglio i coloni hanno deliberatamente appiccato diversi incendi vicino al cimitero della città e all’antica chiesa di Al-Khader (San Giorgio), che risale al V secolo ed è uno dei luoghi di culto più antichi e venerati per i cristiani palestinesi. Solo il rapido intervento dei residenti e delle squadre antincendio ha impedito un disastro che avrebbe potuto distruggere completamente la chiesa.

Ma gli attacchi sono ripetuti e sono in crescendo nelle ultime settimane: i coloni continuano a pascolare il loro bestiame sulle terre agricole della città, compresi i campi privati vicino alle case, senza che nessuno li fermi. Ciò, si legge nel comunicato, non solo costituisce una provocazione, ma arreca anche danni diretti agli ulivi, che sono la fonte principale di sostentamento per le famiglie, e impedisce agli agricoltori di accedere e lavorare liberamente sulle loro terre. La parte orientale di Taybeh, che rappresenta più della metà dell’area della città e ospita la maggior parte della sua attività agricola, “è diventata un bersaglio aperto per gli avamposti degli insediamenti illegali ebraici che si espandono silenziosamente sotto la protezione dell’esercito israeliano”.

In conclusione, i sacerdoti rivolgono un chiaro appello a consoli, ambasciatori e rappresentanti della chiesa in tutto il mondo, chiedendo un’indagine immediata e trasparente sugli attacchi e sugli incendi dolosi e domandando che si faccia pressione sulle autorità di occupazione israeliane e che vengano inviare missioni internazionali sul campo per documentare le violazioni. I sacerdoti sottolineano che “la Terra Santa non può rimanere viva senza i suoi abitanti originali”, concludendo: “Lo spostamento dei contadini dalla loro terra, la minaccia alle loro chiese e l’assedio della loro città è una pugnalata al cuore di questa nazione. Tuttavia, la nostra speranza rimane ferma: che il diritto e la giustizia alla fine prevarranno”.

La preoccupazione principale oggi degli abitanti cristiani di Taibeh-Efraim è che, con gli occhi di tutti puntati sull’immane tragedia di Gaza, le minacce sempre più forti alla permanenza della più antica comunità cristiana al mondo non siano colte nella loro gravità dalla comunità internazionale.

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