L'Alzheimer manda fuori tempo le cellule cerebrali
Postato il 21 novembre 2025
Di Focus.it
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Notti di sonno frammentato, pisolini diurni, sindrome del tramonto: avre un orologio biologico in tilt è uno dei primi sintomi dell'Alzheimer, una fatica per i pazienti e per i loro familiari che genera stress aggiuntivo e favorisce la progressione della demenza. Ma questa alterazione eclatante dei ritmi circadiani ne corrisponde un'altra, più profonda e meno visibile, che riguarda le singole cellule cerebrali. L'Alzheimer sembra infatti alterare i tempi e le sequenze di attivazione dei geni che regolano funzioni importantissime per il cervello.. Regolare di nuovo le lancette. È come se la malattia mandasse fuori giri tanti minuscoli orologi che danno il tempo alle cellule che tengono il cervello libero dai prodotti di scarto, impedendo loro di funzionare in modo sincronizzato. La scoperta, di natura un po' tecnica e pubblicata su Nature Neuroscience, potrebbe però avere ricadute importanti nelle terapie. Ripristinare nelle cellule i ritmi circadiani alterati potrebbe essere una via per rallentare la progressione dell'Alzheimer.. L'orologio dei geni. L'orologio circadiano, l'orologio biologico interno che regola l'alternarsi di vari processi biologici, agisce sul 20% dei geni del DNA umano, controllando quando si accendono o spengono meccanismi digestivi, immunitari o del ritmo sonno-veglia. Tra questi geni, ce ne sono parecchi che sono stati associati con il rischio di sviluppare Alzheimer, perché controllano i sistemi di "pulizia" del cervello dalle scorie, i livelli di infiammazione o altri processi legati alla malattia.. Per esempio, è noto che una proteina chiamata YKL-40, che regola i livelli di proteina beta-amiloide nel cervello, cambia concentrazione durante il ciclo circadiano. Quando ce n'è troppa, un fatto comune in chi è a rischio di Alzheimer, è più facile che si formino accumuli di amiloide (una proteina neurotossica) nel cervello. Tuttavia, data la complessità della malattia di Alzheimer, era logico che altre proteine (e quindi altri geni) seguissero analoghe fluttuazioni.. Sincronie mancate. Un gruppo di neuroscienziati della Washington University School of Medicine ha esaminato, ogni due ore e per 24 ore, l'espressione genica (cioè il processo in cui le informazioni contenute nei geni sono trasformate in molecole) nel cervello di topi con accumuli di amiloide che imitavano le prime fasi dell'Alzheimer, e l'ha confrontata con quella che avveniva in topi sani. Questo lavoro ha permesso di capire quali geni fossero attivi durante ogni fase del ciclo circadiano.. Si è scoperto, così, che dove erano presenti accumuli di amiloide, erano finiti "fuori sincro" anche i ritmi giornalieri di centinaia di geni nelle cellule della microglia e negli astrociti. La microglia è l'insieme di cellule che contribuiscono alla risposta immunitaria del cervello, spazzando via le tossine e le cellule morte, mentre gli astrociti hanno un ruolo di supporto e di facilitazione delle comunicazioni tra i neuroni.. Eventi disordinati. L'Alzheimer sembrava aver messo disordine nella sequenza di istruzioni, solitamente ordinata, che permette a queste cellule di eliminare le scorie dal cervello. Non solo: la presenza di placche amiloidi nei topi era associata a nuovi ritmi in centinaia di geni che in genere non hanno un modello di attività circadiano, in molti casi coinvolti nella risposta infiammatoria del cervello alle infezioni.. Verso nuove terapie?. Anche se molto rimane da chiarire, le scoperte sembrano indicare una via di ricerca di nuove possibilità di cura. Ripristinare ritmi circadiani "normali" nella microglia e negli astrociti potrebbe contribuire a ricostruire un ambiente cerebrale sano e libero da accumuli tossici per i neuroni..