L'altro Mapplethorpe
- Postato il 17 aprile 2025
- Di Il Foglio
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L'altro Mapplethorpe
Venezia. Nel giugno del 1989 Robert Mapplethorpe era già morto di Aids da poco meno di due mesi, ma nell’aria restava una gran voglia di omaggiarlo. Fu così organizzata Perfect Moment, la grande mostra commemorativa di tutta la sua opera, che però all’ultimo momento ebbe degli impedimenti. La Corcoran Gallery di Washington DC, il primo museo da cui sarebbe dovuto partire il tour mondiale della stessa, decise di non ospitarla più in seguito alle continue proteste che c’erano quotidianamente contro le poche immagini da lui realizzate ad alto contenuto omoerotico e sadomaso. Il mito, il coraggio e la genialità di Mapplethorpe hanno avuto per fortuna la meglio su tutto questo. A distanza di tanti anni, comunque, nell’immaginario di tutti o quasi il suo nome viene associato principalmente a quelle foto di nudi maschili (uomini di colore in grande maggioranza, suoi amici, forse poi nemici, spesso amanti), al sesso bene in evidenza e ai giochi erotici estremi di ogni tipo. In realtà, c’è sempre stato molto di più. Ne avrete conferma visitando Robert Mapplethorpe Le forme del classico, la grande mostra che gli viene dedicata fino al 6 gennaio del prossimo anno a Le Stanze della Fotografia, sull’Isola di San Giorgio, a Venezia. “Di culi, di cazzi e di sex toys, neanche l’ombra”, commenta qualcuno durante la preview riservata alla stampa, ammirando le oltre 250 opere, alcune delle quali esposte per la prima volta in Italia. “Una censura, vista l’isola in cui è ospitata e visti i tempi che viviamo?”, aggiungono altri. “Niente di tutto questo”, spiega al Foglio Emanuela Bassetti, presidente di Marsilio Arte che l’ha organizzata e promossa in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini e con la Fondazione Robert Mapplethorpe di New York. “È una mostra in tre tappe (dopo Venezia, sarà allestita a Milano e a Roma, ndr) che farà leggere e scoprire l’artista nella sua completezza proprio grazie al suo essere itinerante. Non un progetto di marketing, dunque, ma un invito a seguirlo tappa dopo tappa, da L’esperienza del classico, qui a Venezia, a Le forme del desiderio - al Palazzo Reale di Milano - fino a Le forme della bellezza all’Ara Pacis di Roma”.
In Laguna Mapplethorpe era stato già omaggiato nel 1992 con una mostra al Museo Fortuny (Tra antico e moderno, un’antologia) curata da Germano Celant che tenne a precisare: “Per quanto sospeso sull’orlo dell’abisso, verso cui lo spinge l’eros che domina le sue fotografie, Mapplethorpe ha saputo evitare l’inghiottimento. Lo ha salvato un procedere classico, e quel tornado d’ombra e di perversione che ha minacciato di fagocitarlo, si è calmato grazie alla costruzione spaziale e geometricamente definita, quasi una razionalità costruttiva antica dei soggetti”. Ce lo ricorda a voce – e lo scrive nel catalogo ufficiale pubblicato da Marsilio Arte – Denis Curti, curatore di questa nuova mostra nel luminoso e ampio spazio veneziano che ospita al primo piano anche quella con le foto di Maurizio Galimberti (Tra Polaroid/Ready Made e le lezioni americane di Italo Calvino, fino al 27 luglio pv).
“C’è ovviamente una stretta correlazione tra lo stile di vita di Mapplethorpe e la sua produzione artistica, ma con questa mostra, oltre a rendergli omaggio, abbiamo voluto liberarlo dal cliché che relega la sua pratica a una fotografia provocatoria”, aggiunge Curti. “Questo stupido e banale e scontato cliché per cui Robert Mapplethorpe è un fotografo della provocazione secondo me sta negli occhi di chi guarda, non in certe sue fotografie. Mapplethorpe – aggiunge - era un artista che non ha mai voluto essere il paladino di nessuno: faceva le foto perché voleva realizzarle in quanto autore e non attivista. E lo faceva con grande precisione”. Era un fotografo che aveva l’obiettivo di raggiungere la perfezione nella fotografia e ammirando dal vivo gli oltre 250 scatti nella mostra veneziana, alcuni dei quali presentati per la prima volta in Italia, ne avrete conferma. La sua pratica artistica comincia con l’assemblaggio di collage realizzati combinando ritagli di riviste omoerotiche con objects trouvés, le prime cose che vedrete in mostra. Il sesso è sicuramente il motore che anima gli ingranaggi della sua produzione creativa, ma la sua libertà espressiva va oltre il crudo erotismo, ed è così che traspone il fascino ambiguo della fotografia sui soggetti più disparati, dai fiori (la calla in primis) alle celebrità, dagli scenari espliciti della sottocultura sadomaso fino ai classicismi scultorei senza dimenticare i suoi autoritratti in bianco e nero come i ritratti fatti a grandi nomi del suo tempo dell’arte, della letteratura e della cultura in genere.
Ci sono tante foto fatte all’amata Patty Smith e a Lisa Lyon, una foto a David Hockney (che la Fondation Louis Vuitton di Parigi omaggia in questi giorni con una grande antologica), ci sono Francesco Clemente, un giovanissimo Richard Gere, ci sono Isabella Rossellini, Robert Wilson e moltissimi altri. E’ evidente di quanto Mapplethorpe (omaggiato anche a Torino, alla Galleria di Franco Noero), fosse interessato ai valori universali come la simmetria e la bellezza, un formalista per il suo uso scultoreo che si avvicinava a tutti i suoi soggetti con lo stesso occhio perspicace attraverso la composizione sublime, l’uso di contrasti cromatici e l’illuminazione cinematografica. “Forma e intensità”, è il caso di definire così i suoi lavori, citando il titolo del saggio scritto per il catalogo da Alberto Salvatori. L’incontro/scontro tra la perfezione e la grazia della scultura classica nella fotografia contemporanea, attraverso l’attenzione al dettaglio e alla luce, volto a creare un ponte tra passato e presente in cui tutti, ieri come oggi, finiranno con l’essere coinvolti.
Robert Mapplethorpe – Le forme del classico – Le Stanze della Fotografia, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia – fino al 6 gennaio 2026
Foto di Matteo Defina condivise dall'ufficio stampa Marsilio Arte
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