L'allarme nell'industria musicale: "Tasso di suicidi preoccupante"
- Postato il 7 marzo 2025
- Di Agi.it
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L'allarme nell'industria musicale: "Tasso di suicidi preoccupante"
AGI - Da Kurt Cobain a Chester Bennington fino a Keith Flint e Avicii, le star dell'industria musicale sono associate a un tasso di suicidi sorprendentemente elevato. A esaminare queste tristi statistiche uno studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Public Health, condotto dagli scienziati della Goldsmiths Unviersity of London.
Il team, guidato da George Musgrave, ha analizzato i dati sulla mortalità legata al mondo della musica, evidenziando la necessità di predisporre azioni mirate e di approfondire la comprensione dell'apparente connessione tra artisti, problemi di salute mentale e mortalità precoce. I frontman dei Nirvana e dei Linkin Park, Ian Curtis dei Joy Division, la cantante country Mindy McCready, Keith Flint dei The Prodigy, il DJ Avicii, le star del K Pop Goo Hara, Sulli e Moonbin sono solo alcuni dei nomi che compongono il lungo elenco di artisti del mondo dell'industria musicale che hanno deciso di togliersi la vita.
I dati sulla mortalità professionale dell'Office for National Statistics in England (2011-2015) dimostrano che musicisti, attori e intrattenitori rientrano tra i gruppi professionali con il più alto tasso di suicidio, con uomini e donne associati a un rischio rispettivamente del 20 e del 69 per cento più elevato rispetto alla popolazione generale. In termini numerici, gli autori riportano che nel 2022 il tasso di suicidi negli Stati Uniti era di 14,2 casi ogni 100mila persone nella popolazione generale e 138,7 tra gli uomini nel mondo dello spettacolo. Il dato numerico per le controparti femminili non era disponibile, ma gli autori ribadiscono che la categoria professionale "Arte, Design, Spettacolo, Sport e Media" era associata al più alto tasso di suicidi femminili nel 2012, nel 2015 e nel 2021. Questo fenomeno si estende anche oltre i contesti anglo-americani.
"Da un punto di vista storico - commentano gli autori - la narrazione del suicidio nell'industria musicale è associata a diverse difficoltà, perché in alcuni casi queste morti vengono descritte come inevitabili, mentre in altre occasioni vengono mitizzate all'interno di una cornice romanticizzata di sofferenza artistica".
Le motivazioni alla base di questi decessi non sono chiare, spiegano gli esperti, anche se i molteplici fattori di stress occupazionali e psicosociali tipici delle carriere potrebbero giocare un ruolo. Tra questi, le pratiche di sfruttamento del settore, disturbi da uso di sostanze, instabilità finanziaria, esposizione mediatica, ansia da prestazioni e modelli di sonno irregolari. Le prove empiriche suggeriscono che, oltre alla predisposizione individuale, questi fattori ambientali e culturali hanno un impatto significativo sul benessere psicologico dei musicisti. Per far fronte a questa problematica, i ricercatori riportano alcuni possibili interventi. Diverse organizzazioni esemplari nell'industria musicale stanno già svolgendo un importante lavoro di prevenzione.
"La nostra proposta - aggiungono gli scienziati - si basa su un approccio in sette parti fornito dallo Zero Suicide Framework, della National Alliance for Suicide Prevention. Adattare questo framework all'industria musicale comporterebbe che i leader dell'industria musicale facilitino conversazioni al massimo livello sulla prevenzione del suicidio e sulla destigmatizzazione del suicidio". "
"Sarebbe utile - concludono gli autori - anche un programma di formazione per la rete più ampia intorno agli artisti, come manager, amici, genitori e parenti vicini. Proprio come i musicisti arricchiscono la società attraverso i loro contributi artistici, esiste una responsabilità collettiva per salvaguardare il loro benessere psicologico, che dovrebbe passare da un approccio collaborativo tra ricercatori, leader del settore e professionisti della salute mentale".
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