L’affondo di Trump dopo la strage: «Colpa di Zelensky e Biden»
- Postato il 15 aprile 2025
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Il Quotidiano del Sud
L’affondo di Trump dopo la strage: «Colpa di Zelensky e Biden»
Trump assolve la Russia per l’attacco a Sumy: «Un errore». Ma Washington resta divisa su come rilanciare i negoziati
Una guerra mondiale. In questo potrebbe degenerare il conflitto russo-ucraino se non si raggiungerà presto una pace giusta e basata sul contenimento delle mire aggressive di Mosca, secondo quanto dichiarato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un’intervista all’emittente americana Cbs News. «Se non restiamo fermi (nella nostra posizione), lui avanzerà ancora», ha dichiarato Zelensky, riferendosi al presidente russo Vladimir Putin. «Non è una semplice supposizione: la minaccia è reale. L’obiettivo finale di Putin è ricostruire l’impero russo, riprendendosi territori oggi protetti dalla Nato. Considerando tutto questo, credo che si possa arrivare a una guerra mondiale. Non ci sarà più un posto sicuro, per nessuno» ha quindi messo in guardia il leader ucraino.
LE DICHIARAZIONI DI ZELENSKY
Le affermazioni di Zelensky arrivano in un momento particolarmente tragico per Kiev, pochi giorni dopo l’attacco a Kryvyi Rih –città natale del presidente ucraino – del 4 aprile scorso, costato la vita a 19 civili tra cui nove bambini, e all’indomani di quello di domenica scorsa 13 aprile – la Domenica della Palme che precede la celebrazione della Pasqua – a un’area residenziale di Sumy, in cui sono rimaste uccise almeno 34 persone. Una serie di stragi di civili che hanno rafforzato l’impressione che la Federazione Russa non sia realmente interessata alla pace, come sostenuto da tempo dalle autorità di Kiev.
L’ATTACCO DI SUMY
L’attacco di Sumy segnala con evidenza come, in barba agli sforzi negoziali messi in campo dell’amministrazione di Donald Trump per cercare un terreno negoziale comune con la Russia per porre fine al conflitto, l’escalation di violenze e azioni belliche continui senza alcuno scrupolo nei confronti delle vittime civili coinvolte. Anzi, il primo caduto del tragico bombardamento risulta proprio quel tavolo dei negoziati su cui tanto aveva puntato la Casa Bianca ma dal quale non è uscito niente di sostanziale. Anche gli annunci trionfali di intese su tregue parziali – come quella riguardante le infrastrutture energetiche e quella concernente la libertà di navigazione nel Mar Nero – sono sostanzialmente rimaste sulla carta, con ambedue le parti che hanno continuano a combattersi accusandosi a vicenda di non rispettare le condizioni del cessate il fuoco temporaneo.
GLI INSULTI DI TRUMP
Trump assiste così al fallimento generale della propria strategia e senza molte alternative di fronte alle critiche che lo inseguono per la sua apertura al Cremlino. Non a caso, il tycoon ha reagito all’ennesima strage di fronte agli occhi del mondo in modo difensivo rilanciando i consueti insulti e recriminazioni. «La guerra tra Russia e Ucraina è la guerra di Biden, non la mia. Io sono appena arrivato» ha scritto Trump sul suo social network personale, Truth. A margine di un successivo incontro con il presidente salvadoregno Nayyib Bukele, il tycoon ha rimarcato la dose affermano che l’Ucraina non avrebbe dovuto iniziare una guerra contro un nemico 20 volte più grande, attribuendo implicitamente la colpa del conflitto agli ucraini, un passaggio a cui sembra aver alluso lo steso Zelensky quando ha affermato che negli Stati Uniti sembrano prevalere le narrative filo-russe.
TRUMP CONTRO ZELENSKY E BIDEN
«Il presidente Zelensky e Joe Biden il Corrotto hanno fatto un lavoro assolutamente orribile nel permettere che questa tragedia iniziasse. C’erano così tanti modi per impedirlo sin dall’inizio. Ma questo è il passato. Ora dobbiamo farla finire e in fretta» ha affermato il leader statunitense. Peccato che di azione fino adesso se ne sia vista poca. Sembra invece prevalere un approccio indulgente, volto a concedere a Putin il beneficio del dubbio al punto che secondo l’inquilino dello Studio Ovale l’attacco a Sumy sarebbe «un errore».
TRUMP ATTACCO A SUMY «UN ERRORE»
Una definizione scandalosa che stona con le stesse dichiarazioni ufficiali del Cremlino. Il suo portavoce, Dmitrij Peskov, infatti ha prontamente dichiarato in risposta alle asserzioni trumpiste che «il nostro esercito colpisce solo obiettivi militari e legati all’ambito militare», aggiungendo che le palazzine sventrate a Sumy fossero in realtà obiettivi legittimi in quanto utilizzate per riunioni di ufficiali militari. Proprio uno di questi meeting sarebbe stato il bersaglio dell’attacco, che secondo Mosca avrebbe eliminato non meno di 60 militari ucraini. Ma che si sia trattato di un incidente di tiro, di un attacco militarmente motivato o di un atto deliberato di terrore bellico poco cambia, dal momento che la responsabilità resta in capo ai russi.
LE PAROLE DI TAJANI
Lo ha spiegato bene il ministro degli Esteri Antonio Tajani, in visita a Osaka, in Giappone, secondo cui anche se si fosse trattato di uno sbaglio – come afferma Trump – «i russi hanno fatto un errore quando hanno deciso di invadere l’Ucraina violando qualsiasi regola del diritto internazionale. Quando si fa una guerra e si scatenano attacchi di questo tipo ci possono stare pure gli errori, ma gli errori sono inaccettabili perché rientrano in una strategia complessiva».
TAJANI: «INACCETTABILE»
Il vicepremier italiano non ha potuto poi fare a meno di notare il danno arrecato alla prospettiva di un nuovo round di negoziati russo-americani: «L’Ucraina ha detto di essere disposta ad affrontare un dialogo, mi pare che la Russia non voglia affrontare questo dialogo se continua ad aggredire e a voler prolungare una guerra che ha provocato, perché la guerra è stata provocata dalla Russia. Quindi quello che è successo ieri è inaccettabile perché parte di una inaccettabile aggressione a un paese libero indipendente» ha infatti affermato il capo della Farnesina.
I NEGOZIATI
Proprio sulle ipotesi di una ripresa dei negoziati, a fronte dei risultati piuttosto deludenti fin qui accumulati, sembra sia in corso un forte dibattito interno alla stessa amministrazione americana. Una parte della cerchia presidenziale – come il Segretario di Stato Marco Rubio e il Consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz – starebbe infatti consigliando una strategia più dura nei confronti dei russi, mentre altre figure vicine al presidente – tra cui il suo vice, J.D. Vance e l’inviato speciale Steve Witkoff – vorrebbero offrire a Mosca nuove concessioni. Lo stesso Trump sembra oscillare tra i suoi consiglieri.
VERSO NUOVE CONCESSIONI A MOSCA
Mentre ieri, lunedì 14 aprile, ha duramente criticato Zelensky, pochi giorni prima si era detto deluso dal comportamento di Putin, ventilando la possibilità di aumentare le sanzioni alla Russia se non avesse accettato una tregua entro la fine del mese. La confusione insomma è ampia sotto il cielo e dunque il momento è eccellente per colpire. Almeno per Putin.
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