L'accordo di Trump con l'Arabia Saudita preoccupa Israele e il Pentagono

  • Postato il 19 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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L'accordo di Trump con l'Arabia Saudita preoccupa Israele e il Pentagono

Roma. Ci sono centinaia di miliardi di dollari in ballo nell’accordo sulla vendita di armi che l’Amministrazione Trump sta per concludere con l’Arabia Saudita e che, secondo le indiscrezioni di Reuters, riguarda una cinquantina di F-35. Un accordo che porterebbe Riad a diventare l’unica nel medio oriente – oltre a Israele – a dotarsi del caccia stealth di quinta generazione. “Sì, venderemo gli F-35 all’Arabia Saudita”, ha confermato ieri il presidente americano che si prepara così a stracciare uno dei princìpi cardine della politica americana in medio oriente, quello del Qualitative Military Edge, che da decenni assicura l’impegno degli Stati Uniti a garantire il primato tecnologico di Israele nel settore della Difesa. Ma oltre ai dubbi espressi dallo stato ebraico in merito all’accordo con Riad, ci sono altre ombre che si allungano sull’accordo e che rimandano alle relazioni speciali tra l’Arabia Saudita e la Cina. 

Nella definizione del Congresso, la bussola da seguire da qualsiasi Amministrazione nella regione è quella di consentire a Israele “di potersi difendere da qualsiasi credibile minaccia militare convenzionale”, “sostenendo danni e perdite minime”. Fu in nome di questo assunto che nel 2021 saltò un accordo gemello a quello ora in discussione con l’Arabia Saudita, e che riguardava la vendita di decine di F-35 agli Emirati Arabi Uniti. Regista dell’operazione da 23 miliardi di dollari all’epoca fu Jared Kushner, il genero di Trump. Con Dubai fresca di adesione agli Accordi di Abramo e gli americani in cerca di un sostegno arabo ampio alla loro proposta di pace tra palestinesi e israeliani, Kushner assicurò agli emiratini che l’affare sui caccia di ultima generazione era fattibile. Fu solo la pressione di Benjamin Netanyahu – e di converso anche quella del Congresso americano – a ricordare alla Casa Bianca che non c’era normalizzazione in grado di fare saltare il Qualitative Military Edge. E così, in uno dei primi atti ufficiali dal suo insediamento, nel gennaio del 2021, Joe Biden congelò l’accordo con gli Emirati.

Oggi il mondo è cambiato. Secondo indiscrezioni della stampa israeliana, Netanyahu avrebbe fatto sapere a Washington di non opporsi in linea di massima alla vendita dei caccia ai sauditi, ma solo nella misura in cui questa sia condizionata alla normalizzazione dei rapporti con Riad. L’aviazione militare dello stato ebraico è invece su posizioni opposte e ha presentato un position paper in cui avvisa che gli F-35 all’Arabia Saudita metterebbero in discussione la superiorità aerea di Israele.

E poi c’è Pechino. Un rapporto del Pentagono intercettato dal New York Times alcuni giorni fa sottolineava i rischi di cedere sistemi d’arma moderni come gli F-35 a Riad, che è un partner stretto della Cina. Nel 2022, l’Arabia Saudita ha siglato un accordo con Huawei per lo sviluppo della rete 5G e il timore dei militari americani è che i sauditi svelino i segreti dietro al sistema stealth dei caccia multiruolo proprio ai cinesi. Un dubbio non nuovo, perché già sollevato anni fa in occasione della vendita saltata degli F-35 agli Emirati Arabi Uniti, anche loro legati ai cinesi per i sistemi di comunicazione e connessione. Ma dopo che Biden congelò l’accordo con Dubai, successe quanto in molti temevano: “Gli Emirati Arabi Uniti stanno cercando altre risorse militari fra i loro partner, come la Cina. E’ dannoso per la sicurezza degli Stati Uniti”, mise in guardia il generale Michael Kurilla, allora alla guida del Comando centrale. Andò proprio così, perché gli Emirati si rivolsero a Pechino per acquistare i Chengdu J-20 “Mighty Dragon” e gli Shenyang J-35, i caccia multiruolo stealth di quinta generazione. Riad e Dubai partecipano periodicamente a esercitazioni militari congiunte con i cinesi, che a loro volta assistono i paesi del Golfo anche nello sviluppo delle rispettive industrie per la Difesa, per esempio per produrre missili balistici.

Secondo il Pentagono, Trump rischia di cadere in un equivoco quando afferma che l’Arabia Saudita “è un nostro grande alleato”. Riad, Dubai e il resto del medio oriente, avvertono i generali, somigliano più ad attori razionali pronti a trattare con chiunque, al di fuori di qualsiasi schieramento. L’idea di fondo di questa nuova forma di disallineamento è che ciò che l’occidente nega loro, potrebbero ottenerlo a oriente e viceversa. A maggio, durante la sua visita in Arabia Saudita, Trump ha concluso accordi per 600 milioni di dollari, un preludio a quello che potrebbe essere annunciato in queste ore e che prevede un patto difensivo tra Washington e Riad sul modello di quello già concluso con il Qatar. L’obiettivo è spingere il Golfo a fare finalmente una scelta: o con noi o con la Cina.

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Il Foglio

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