Labubu, tutto quello che dovete sapere sul mostriciattolo più popolare al mondo

  • Postato il 21 agosto 2025
  • Di Panorama
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Pop Mart non corre: travolge. E lo fa con la grazia sgangherata di un mostriciattolo con le orecchie a punta e nove denti aguzzi che, invece di spaventare, conquista. Wang Ning, CEO dell’azienda, parla di obiettivi come di un risultato già messo in cassa: entro la fine del 2025, 30 miliardi di RMB di ricavi sono “quasi certi”. E non è una spacconata: il traguardo intermedio dei 20 miliardi è già stato raggiunto con mesi di anticipo, staccando nettamente i 13 miliardi dello scorso anno.

Il mercato ha reagito con lo stesso entusiasmo con cui si aspetta un drop limitato: il titolo Pop Mart alla Borsa di Hong Kong si aggira sui 317 dollari locali, con un incremento monstre del 585% rispetto al 2024. Non è una piattaforma tech, non è un marchio di moda, eppure domina conversazioni e grafici finanziari. L’artefice di questo exploit è una creatura che sembra uscita da un incubo disegnato per far sorridere: Labubu. E adesso, per completare la sua invasione, arriva in versione mini, calibrata per diventare compagno inseparabile di telefoni, mazzi di chiavi e mani.

Il debutto del mini-Labubu: dal culto da scaffale al feticcio quotidiano

Per capire la portata del mini-Labubu (in arrivo nei Popmart di tutto il mondo) bisogna guardare oltre l’estetica. Non è semplicemente “più piccolo” o “più comodo”: è un cambio di strategia. Fino a ieri, il piccolo mostro viveva in blind box custodite come reliquie, in vetrine illuminate o appeso a borse di lusso come un talismano da mostrare solo in certe occasioni. Ora diventa un oggetto che si può — anzi, si deve — portare addosso sempre.

Labubu, tutto quello che dovete sapere sul mostriciattolo più popolare al mondo

Il formato mini è pensato per vivere in simbiosi con i gesti quotidiani. Ogni volta che si risponde al telefono, che si apre una porta, che si posa il mazzo di chiavi su un tavolo, Labubu è lì. È un’invasione sottile, quasi invisibile, ma costante. Più l’oggetto è presente nei momenti banali, più entra nel tessuto delle nostre giornate, più diventa parte di noi. Pop Mart lo sa bene: il valore non è solo nel possesso, ma nella frequenza con cui l’oggetto appare in pubblico, pronto a essere fotografato, condiviso, taggato.

E poi c’è la componente collezionistica: la versione mini non sostituisce il Labubu standard, lo affianca. Anzi, lo trasforma in una sorta di “fratellino” che rende più forte il desiderio di avere entrambi. È un drop che non si limita a generare vendite, ma costruisce un ecosistema domestico e sociale intorno al personaggio.

Chi è Labubu: dall’inchiostro alla pop culture globale

Labubu nasce nel 2015 dalla matita dell’illustratore hongkonghese Kasing Lung, un artista che ha fatto della mescolanza di mondi il suo marchio di fabbrica. Nel suo universo visivo c’è il folklore nordico, ci sono le fiabe oscure, c’è un’attenzione maniacale per le imperfezioni che rendono un volto unico. In The Monsters, la serie di personaggi di cui fa parte, Labubu è un elfo-cimice dal sorriso obliquo e dagli occhi spalancati, una figura che non appartiene né al regno dell’orrore né a quello della tenerezza, ma vive in quella zona di confine in cui lo sguardo non sa se fidarsi o lasciarsi sedurre.

Il 2019 segna la svolta: Pop Mart prende il personaggio e lo introduce nel formato delle blind box. È un’accoppiata esplosiva. La scatola chiusa, identica per tutte le varianti, nasconde un Labubu diverso ogni volta. È una meccanica che alimenta attesa, sorpresa e desiderio compulsivo di “fare la serie”. Da allora, Labubu ha accumulato centinaia di versioni ufficiali: in vinile, in peluche, giganti, minuscoli, vestiti a tema stagionale, ispirati a brand famosi o a figure della cultura pop.

Alcune edizioni “mega” hanno raggiunto cifre da asta d’arte contemporanea, superando ampiamente i cinque zeri. Non si tratta più di un giocattolo, ma di un asset emotivo ed economico che vive allo stesso tempo nei feed di Instagram e nei cataloghi di Sotheby’s.

Dentro il “tribe”: il mondo allargato di Labubu

Labubu non è mai sola. Appartiene a una vera e propria “tribù” battezzata The Monsters, un cast di comprimari capaci di reggere la scena. Ci sono Mokoko, con il suo piglio sornione, Pato, il piccolo coniglio malinconico, Spooky, che sembra uscito da un Halloween perenne, Tycoco – il fidanzato scheletrico di Labubu – e Zimomo, il leader del gruppo con una coda appuntita da far invidia a un supervillain. Insieme compongono un universo visivo coerente, in cui ogni personaggio è riconoscibile a colpo d’occhio ma sempre pronto a cambiare pelle.

Le trasformazioni sono continue. Dall’autunno selvaggio di Fall in Wild alla tenerezza pop di Exciting Macaron, dalle pose buffe della serie Have a Seat all’energia pura di Massive into Energy. Ogni collezione è un capitolo di una storia infinita, in cui Labubu e i suoi compagni attraversano stagioni, mood, persino reinterpretazioni pop come la collaborazione con Coca-Cola o il travestimento nei panni dei personaggi di One Piece. C’è persino una serie venduta esclusivamente al Louvre, Labubu’s Artistic Quest, che lo consacra a mascotte museale, come se il mostriciattolo fosse sempre stato parte della storia dell’arte.

Il Lisa effect: quando il K-pop si veste da Labubu

Se c’è un momento che segna il passaggio di Labubu da fenomeno di nicchia a icona globale, quello arriva nell’aprile del 2024. Lisa, superstar delle Blackpink, viene fotografata con un Labubu appeso alla sua gonna pelosa, come fosse un gioiello fuori misura o un portafortuna pop. Nessuna sponsorizzazione dichiarata, nessun hashtag di brand: solo un dettaglio visivo che buca le foto, che sembra studiato proprio per essere ripreso, condiviso, copiato.

In Thailandia, i negozi Pop Mart registrano il tutto esaurito nel giro di poche ore. Da lì, l’onda parte verso Corea, Giappone, Stati Uniti e infine Europa, seguendo le stesse rotte del K-pop. Ma Lisa non si ferma lì. Qualche mese dopo, durante un concerto delle Blackpink, appare in un costume rosa ispirato a Labubu: orecchie lunghe, sorriso furbo, silhouette riconoscibile anche da un fan in ultima fila. La scena diventa virale e il sospetto di una collaborazione ufficiale prende forma.

Labubu, tutto quello che dovete sapere sul mostriciattolo più popolare al mondo
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Ad agosto 2025, quando il tour approda a Londra, il legame tra Lisa e Labubu si rinnova: sul palco, un altro richiamo diretto al piccolo mostro, un gesto che per i fan è un segnale chiaro. Se mai arriverà una “Lisa x Labubu edition”, sarà un terremoto: server in crash, file chilometriche, prezzi in aftermarket che schizzeranno alle stelle.

Vestire un mostro: moda, couture e ironia

Possedere un Labubu è un inizio, non un traguardo. Nei forum e sui social sono nati interi ecosistemi dedicati a vestirlo. Ci sono micro-capi sartoriali cuciti su misura: trench Burberry in scala ridotta, tute Gucci perfettamente proporzionate, giacche Dior che potrebbero stare su un manichino da vetrina. Alcuni collezionisti organizzano shooting professionali per il proprio Labubu, con set, luci e più cambi d’abito di una top model durante la settimana della moda.

Non sono solo iniziative private: le boutique di alta gamma hanno iniziato a esporlo accanto alle borse di stagione, trasformandolo in un accessorio di storytelling. È un modo per ammiccare a una clientela giovane e socialmente connessa, capace di spendere non solo per un oggetto, ma per il contenuto culturale e visivo che quell’oggetto porta con sé.

L’anatomia di una mania

Labubu funziona perché è imperfetto. La sua estetica “ugly-cute” rompe le regole della bellezza convenzionale per crearne di nuove, più ironiche e più personali. È l’anti-eroe che diventa mascotte, il personaggio che sembra dirti “sono strano, ma sono dei tuoi”.

La blind box, poi, è un meccanismo quasi da casinò in miniatura: compri una scatola, non sai cosa c’è dentro, speri nella variante rara. È un rito che crea community, scambi, mercati secondari. E quando un oggetto così finisce appeso a un telefono o a una borsa, diventa un segnale di appartenenza immediatamente riconoscibile: non hai bisogno di spiegare, chi sa, sa.

Blind box: la lotteria della tenerezza feroce

La regola è semplice: scatola chiusa, contenuto ignoto. La pratica della blind box è ciò che rende il collezionismo di Labubu un gioco d’azzardo emotivo. Non si compra solo un oggetto, si compra la possibilità di pescare “quello giusto”: la variante rara, il secret che non appare nemmeno nella checklist ufficiale. È un meccanismo che Pop Mart padroneggia alla perfezione e che crea un ciclo senza fine di attesa, sorpresa e scambio.

È anche qui che si annida la critica: secondo alcuni osservatori, questa strategia alimenta l’overconsumption e la dipendenza dall’acquisto compulsivo, trasformando il collezionismo in un’ossessione quasi religiosa. Ma per i fan, il fascino è proprio in quel brivido da estrazione, come grattare un biglietto vincente.

Oltre l’hype: Pop Mart come impero culturale

Fondata a Pechino nel 2010, Pop Mart ha trasformato il concetto di designer toy in un linguaggio globale. I suoi flagship store sembrano gallerie d’arte, i Roboshop distribuiscono emozioni in blind box nei centri commerciali di mezzo mondo, e il portfolio di IP si espande di anno in anno. Accanto a Labubu ci sono Molly, Skullpanda, Dimoo, Crybaby, ognuno con un universo narrativo proprio e una fanbase dedicata.

Ma in questo momento, è Labubu a portare il vessillo più in alto. Con la versione mini, Pop Mart non sta solo lanciando un nuovo prodotto: sta creando un nuovo modo di vivere il collezionismo. Dal feed alla mano, dalla teca alla tasca, dalla staticità all’interazione continua.

La corsa all’oro e il lato oscuro del fenomeno

La febbre Labubu ha avuto momenti di pura follia. In Inghilterra, nella primavera del 2025, Pop Mart ha dovuto sospendere le vendite in tutti i suoi 16 negozi per “prevenire potenziali problemi di sicurezza” dopo risse scoppiate tra clienti in fila. Il sito ufficiale è andato in crash più di una volta durante i drop più attesi.

E poi ci sono i falsi. Il mercato parallelo dei “Lafufu” – copie, reinterpretazioni e cloni più o meno fedeli – è talmente vasto da meritare attenzione persino da parte dei collezionisti ufficiali, attratti dall’assurdità di alcune varianti non autorizzate. Pop Mart ha reagito con cause legali, arrivando a citare in giudizio persino una catena come 7-Eleven in California.

Quando il culto pop incontra la religione (e la politica)

In Thailandia, l’immagine di Labubu è diventata un amuleto, trasformata in ciondolo buddhista o tatuaggio sacro, con la convinzione che potesse portare fortuna e prosperità. A Singapore, il partito di governo lo ha vestito con la propria maglietta ufficiale per distribuirlo a un evento di beneficenza, ribattezzandolo “il volontario più carino della squadra”. Durante il Nine Emperor Gods Festival, sempre a Singapore, quattro Labubu vestiti da devoti hanno partecipato alle celebrazioni, attirando folle di giovani e discussioni infuocate sul rispetto delle tradizioni.

È un corto circuito culturale che nessun’altra mascotte contemporanea ha saputo generare: un personaggio nato per divertire diventa simbolo religioso, strumento politico, attrazione turistica e oggetto di culto, spesso tutto nello stesso mese.

Paure, teorie e divieti

Il successo globale ha inevitabilmente generato reazioni di segno opposto. In Russia, membri del Consiglio della Federazione hanno chiesto di bandire Labubu per il suo “aspetto spaventoso” e il presunto impatto negativo sulla salute mentale dei bambini. In Iraq, nella regione del Kurdistan, oltre 4.000 esemplari sono stati sequestrati e le autorità locali hanno sostenuto che i pupazzi contenessero “spiriti demoniaci”.

Su TikTok e Reddit è nata persino una teoria che lo lega a Pazuzu, demone della Mesopotamia, alimentata da foto, video e racconti di esperienze “soprannaturali” con i pupazzi. Alcuni hanno documentato la distruzione pubblica del proprio Labubu, come se liberarsene fosse un esorcismo. Attori e designer hanno liquidato tutto come paranoia digitale, ricordando che l’ispirazione di Kasing Lung è sempre stata radicata nel folklore europeo.

Il sogno in grande: il parco di divertimenti Pop Mart

Per capire dove Pop Mart vuole arrivare, basta guardare il progetto che più di ogni altro incarna la trasformazione del brand in un universo a 360 gradi: il parco di divertimenti. Non un luna park qualsiasi, ma un mondo in scala reale dove le IP dell’azienda – a partire da Labubu – diventano esperienze immersive. Le prime indiscrezioni parlano di un percorso pensato come un viaggio tra mondi narrativi: dalla foresta incantata di The Monsters alla città pop di Molly, passando per attrazioni interattive in stile escape room dedicate a Skullpanda.

Il cuore, però, sarà naturalmente il “Labubu Land”: una sezione intera dedicata al piccolo mostro, con scenografie iperrealistiche che riproducono la sua tana, un labirinto di stanze a tema per scattare foto, e negozi monomarca che venderanno collezioni esclusive introvabili altrove. Ci sarà persino un ristorante con piatti ispirati alle collezioni – dai macaron color pastello della linea Exciting Macaron a dolci decorati con il famoso sorriso a nove denti.

Non è solo intrattenimento: è marketing esperienziale allo stato puro. Il parco diventa una macchina per generare contenuti social, un luogo dove i fan non si limitano a comprare un Labubu, ma vivono dentro il suo mondo. È la logica del “non possedere solo l’oggetto, ma abitare l’universo a cui appartiene”, quella stessa logica che ha trasformato un giocattolo in un fenomeno culturale e ora promette di farlo diventare un’attrazione turistica globale.

Autore
Panorama

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