L’aborto, la libertà e i costi che non vogliamo vedere della nostra modernità. Il libro di Joyce Carol Oates
- Postato il 13 dicembre 2025
- Di Il Foglio
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L’aborto, la libertà e i costi che non vogliamo vedere della nostra modernità. Il libro di Joyce Carol Oates
Romanzi sull’aborto ne sono stati scritti non pochi – il più bello e il più noto è L’evento di Annie Ernaux – ma tutti centrati sul dramma dell’aborto, preferibilmente clandestino, visto dalla parte della donna. Un dramma individuale, quindi, che diventa sociale solo se inserito nel dogma femminista della proprietà del corpo da parte della donna. Cioè se diventa diritto per realizzare e sancire la libertà femminile in quello che è il nodo più drammatico e più potente che la definisce: la possibilità di dare la vita che diventa così anche quella di negarla.
Invece il bellissimo romanzo di Joyce Carol Oates tutto dedicato a questo problema – Un libro di martiri americani – non parla di donne, parla di uomini. Dei due “martiri” protagonisti che muoiono per difendere, o proibire, l’aborto, ma anche degli Stati Uniti, di tutta la società intorno a loro, a cominciare dalle loro famiglie.
Qui, insomma, l’aborto non è più roba di donne ma di tutti. Al cuore del problema la legge che ha spaccato la società americana, che ancora vive le conseguenze drammatiche di questa scelta – vedi la vittoria di Trump. Una legge non solo americana, che in realtà ha diviso drammaticamente tutte le società in cui l’aborto è diventato una scelta legale: non solo non punita ma addirittura innalzata a simbolo di libertà. Tutte le nostre società, per l’appunto, che – secondo la Oates - hanno visto e vedono da una parte i “reazionari”, coloro che non accettano il progresso e l’ampliamento dei diritti individuali, perlopiù i poveri, gli ignoranti, quelli convinti di trovare un senso e un fine alle loro vite attraverso frequentazioni religiose rozze e semplicistiche; e dall’altra parte invece i “moderni”, quelli che sono per la libertà di ognuno, anche delle donne, di fare le proprie scelte, quelli sicuri di rappresentare la parte migliore della società, i benestanti, i colti, che sentono di avere in mano la ricetta per costruire un mondo migliore. Il romanzo – ispirato a una vicenda reale – racconta mirabilmente le contraddizioni, le illusioni, le menzogne di ambo le parti, rispettivamente rappresentate dal medico abortista e dal suo uccisore, un falegname fanatico, “soldato di Cristo”. Contraddizioni, illusioni e menzogne emerse tutte negli anni successivi al delitto ad opera delle due figlie, vittime principali della profonda crisi che dopo l’omicidio travaglierà le due famiglie. Perché per entrambi gli uomini il miraggio della missione da compiere, dell’ideale da realizzare, si era tradotta nell’abbandono di fatto delle rispettive famiglie, cioè, in fin dei conti, dell’unica società della quale essi erano direttamente responsabili.
Nel libro c’è una frase ricorrente “La libera scelta è una bugia. Nessun bambino decide di morire”, pronunciata dai militanti “pro life” davanti alle cliniche dove si praticano gli aborti, ma che risuona anche nelle teste dei figli del medico abortista, aprendo spiragli di dubbio e di paura. Una frase che smaschera il mito della libertà di scelta, che non è mai per tutti, ma sempre solo per qualcuno, spesso a danno di qualcun altro.
Ciò che vale anche per le vicende drammatiche delle mogli dei due “martiri” delle due ideologie contrapposte , dove è adombrata la realtà comune a entrambe: il progresso degli uni può non essere il progresso degli altri, e qualsiasi parte prevalga la vittoria sarà sempre sanguinosa.
Oates sa che la libertà di aborto è stato un passo fondamentale verso la modernità, verso quella libertà individuale che è diventata diritto ormai irrinunciabile del nostro mondo, ma mette in luce che questo passo è stato realizzato a costo di togliere quella libertà di vivere ad altri, ai bambini abortiti. La scena atroce in cui i militanti pro life vanno a recuperare nei cassonetti della clinica i corpicini abortiti – talvolta fatti a pezzi, talvolta interi – mette in luce crudamente su cosa si fonda la libertà nuova delle donne. Non dice che non ne valeva la pena, ma ricorda che è stato così.
Una libertà alla quale non possiamo più rinunciare e che si è estesa: se è vero che fra poco diventerà legale anche la libertà di morire quando e come vogliamo, facendo finta di non vedere che sarà una libertà ambita dai più poveri, dai più soli, da coloro che già avevano avuto poco o niente dalla vita.
Il romanzo di Oates non parla solo degli Stati Uniti, parla di tutti noi, parla dei costi che non vogliamo vedere della nostra modernità, di una libertà individuale che dimentica e cancella i legami che ci legano gli uni agli altri. Anche a chi non è ancora nato o a chi sta per morire.
L’aborto sembra una vecchia polemica, come se fosse una pratica in disuso perché ormai superata, ma non è così. Esso è ancora lì, a fondamento della libertà individuale, in primis delle donne, a conferma che ogni volontà individuale vale più di tutte le ragioni degli altri. Potremmo dire una conquista del progresso ormai consolidata e indiscutibile. Con il suo bellissimo romanzo Oates ci fa capire che non è proprio così. Le nostre conquiste hanno avuto un prezzo che non possiamo dimenticare.
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