La vicenda dei presunti brogli elettorali in Ecuador denunciata anche dall’Organizzazione degli Stati Americani: chi ha vinto e cosa è successo
- Postato il 23 aprile 2025
- Politica
- Di Blitz
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In Ecuador si è votato per l’elezione del presidente della Repubblica ed ha vinto l’uscente Daniel Noboa con il 55.65% dei voti contro il 44.35% della candidata di Rivoluzione cittadina Luisa González. Noboa, dopo la sua elezione, ha dichiarato che questa vittoria è storica. Pur essendo stata ottenuta con un margine ampio di 10 punti dopo un primo turno in cui tutti e due i candidati principali si erano fermati al 44%, è stata giudicata come dubbia da più parti. Vediamo nello specifico cosa è successo nel piccolo paese sudamericano e perché il dibattito sugli eventuali “brogli” è un fatto che in un certo senso non riguarda solo il contesto ecuadoriano.
Noboa è stato eletto con la coalizione liberale di destra Acción Democrática Nacional (ADN). È il figlio di Álvaro Noboa, l’uomo più ricco dell’Ecuador e cinque volte candidato alla presidenza. La sua famiglia è proprietaria di un’importantissima azienda che esporta frutta, soprattutto banane. Dopo la sua elezione ha detto che “questa vittoria è il risultato della lotta e della perseveranza di ogni componente della squadra che vuole costruire un nuovo Ecuador”. Noboa ha quindi festeggiato senza essersi curato del fatto che dall’altra parte Luisa González, la candidata della sinistra espressione di quelle forze che negli anni passati hanno appoggiato l’ex presidente Rafael Correa, abbia contestato il voto già a due ore dal conteggio affermando che nel Paese “si è verificato il più grottesco broglio elettorale della storia repubblicana del Paese”.

La González ha ricordato che nelle elezioni passate la Revolución Ciudadana aveva sempre riconosciuto la sconfitta ma che in questo caso non lo ha fatto. Ha anche ricordato che 11 sondaggi, tra cui alcuni vicini al Governo, davano la vittoria a lei e nessuno aveva mostrato una differenza tanto amplia come quella che si è vista alla fine dello scrutinio. La González ha chiuso un suo intervento dal quartier generale della capitale Quito dicendo: “Io denuncio davanti al mio popolo, ai mezzi di comunicazione e al mondo intero che l’Ecuador sta vivendo una dittatura”.
Le azioni messe in campo per arrivare ai presunti brogli
Durante le elezioni ci sono state delle avvisaglie da parte di alcune liste che appoggiavano la candidata di Revolución Ciudadana sul comportamento del Consiglio nazionale elettorale dell’Ecuador. Le accuse parlavano di destabilizzazione dell’opinione pubblica e dei comizi durante il ballottaggio. Tra le azioni messe in campo dal Consiglio per, secondo le accuse, disincentivare il voto c’è stato il cambiamento all’ultimo momento di ben 18 seggi elettorali con la scusa dei temporali invernali, discrepanze riscontrate nei verbali di scrutinio e sulla velocità con cui i dati elettorali sono stati trasmessi, l’annuncio delle azioni di Governo in pieno silenzio elettorale. Alle delegazioni di osservatori internazionali è stato anche negato l’ingresso nel Paese per assistere ai comizi.
Sono state poi usate delle risorse pubbliche per consegnare Bonus per 570 milioni di dollari, con i fornitori statali in attesa di ricevere soldi pagati all’ultimo momento. C’è stato poi un decreto che ha promulgato lo Stato di massima allerta in 7 regioni, sospendendo in questo modo i diritti civili di inviolabilità del domicilio, di circolazione e di riunione. Infine c’è stata la sospensione della votazione degli ecuadoriani in Venezuela, azione rientrata in un’ampia comunicazione elettorale sul rischio di “fare la fine del Venezuela”.
Il risultato elettorale di Luisa González
Luisa González aveva rotto con il trend delle ultime tre elezioni presidenziali nelle quali il suo partito era in una situazione di isolamento elettorale. La sommatoria dei diversi partiti e movimenti non solo di sinistra che l’avevano appoggiata, al secondo turno le hanno fatto però perdere 115mila voti. Un dato piuttosto strano e insolito anche se, a quanto pare, una parte dei dirigenti del partito degli indigeni Pachakutik si erano dichiarati sfavorevoli all’apparentamento al secondo turno.
La posizione dell’Organizzazione degli Stati Americani
Molti osservatori hanno parlato di operazioni sospette senza aver fatto riferimento in modo diretto a presunti brogli. Ciò ha portato molti paesi dell’area a riconoscere la vittoria, altri a non riconoscerla. La Missione di Osservazione Elettorale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha espresso tuttavia alcune preoccupazioni sul ballottaggio, gli stessi rilievi sollevati anche dalla González: “La Missione ha osservato con preoccupazione che il processo elettorale è stato segnato da condizioni di disuguaglianza durante la campagna, nonché da indizi sull’uso improprio delle risorse pubbliche e dell’apparato statale a fini di proselitismo. Queste pratiche influenzano la concorrenza ed erodono la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche”.
C’è da dire che quanto detto dall’Osa, nel passato era stato preso come oro colato quando a vincere erano stati i candidati appoggiati dai partiti di sinistra. Nel 2019 ad esempio, si parlò di brogli in Bolivia quando a vincere era stato Evo Morale. In quel caso l’OSA iniziò una campagna diffamatoria. La posizione dell’organizzazione fu portata avanti fino alle dimissioni di Evo Morales: le successive indagini dimostreranno poi che in realtà non ci furono brogli ma un vero e proprio colpo di stato.
Insomma si tratta di una situazione incandescente che, malgrado quello che si possa pensare, non appartiene solo l’Ecuador o tuttalpiù la situazione politica del Sud America. Sentir parlare con questa disinvoltura di “brogli” ci rimanda a stagioni lontane che da quella parte del mondo riportano alla mente le varie dittature che hanno governato in quei paesi. Una grave involuzione politica che segna i tempi che stiamo vivendo un po’ dappertutto e che quindi riguardano anche noi più di quanto si possa credere.
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