La vedova di Navalny: “Mio marito è stato avvelenato, lo provano gli esami di due laboratori all’estero”

  • Postato il 17 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Yulia Navalnaya, moglie di Alexei Navalny, leader dell’opposizione al presidente russo Putin, morto in un carcere del Circolo Polare Artico, il 16 febbraio 2024, ne è convinta: il marito è stato avvelenato. Se la donna, sin dai primi giorni, aveva rilanciato le accuse verso il Cremlino – sempre respinte dall’entourage del presidente Putin – oggi ha parlato di test di laboratorio, effettuati all’estero, su campioni biologici prelevati dal corpo di Alexei. Navalnya ha pubblicato un video sui social, in cui racconta che i campioni biologici sono stati portati all’estero, nel 2024, tramite vie clandestine, e sono stati ben due i laboratori ad analizzarli: “Questi laboratori in due Paesi diversi sono giunti alla stessa conclusione: Alexei è stato ucciso. Più precisamente, è stato avvelenato”. La moglie di colui che era il dissidente numero uno, anche livello di popolarità internazionale, non ha specificato quali sostanze sarebbero state utilizzate per uccidere il marito, ma ha esortato i laboratori a rendere noti, in maniera pubblica, i risultati delle loro analisi. Laconico il commento di Peskov, portavoce del Cremlino: “Non so nulla delle dichiarazioni di Navalnya”.

La tesi delle autorità russe è che Navalny sia morto per una serie di fattori, una “combinazione di malattie”. Il 15 agosto 2024 il Comitato investigativo aveva elaborato il suo dossier, messo a disposizione della vedova, in cui scriveva: “Secondo la conclusione dell’esame forense del Comitato, la causa della morte del condannato Navalny è stata una malattia combinata: ipertensione con danno vascolare e agli organi, miocardiosclerosi diffusa, complicata dallo sviluppo di edema cerebrale, fibrillazione ventricolare, edema polmonare”. Discrepanze con ciò che avevano pubblicato i media di Stato russi, che avevano parlato di un “coagulo di sangue”, fattore che nel rapporto del Comitato non viene citato.

La vedova era partita all’attacco e parlando del marito aveva dichiarato: “È stato ucciso e ora stanno cercando di coprire le loro tracce il più possibile. Per questo non mostrano i filmati delle telecamere, per questo non consegnano gli effetti personali, per questo scrivono una diagnosi che non significa nulla. Se Putin pensa che scrolleremo le spalle e ci rassegneremo, si sbaglia di grosso. Gli avvocati faranno ricorso contro ogni documento di questo tipo. Chiederemo l’apertura di un procedimento penale. Chiedo che ci vengano consegnati tutti i documenti medici, compreso il rapporto dell’autopsia. Chiedo che non si limitino a tre parole generiche sulle presunte analisi chimiche, ma che ci consegnino le analisi degli esperti stessi: cosa cercavano, come, quali tossine sono state testate, su quali apparecchiature. E anche di consegnare tutti gli effetti personali di Alexei. E soprattutto, potete vedere da soli e capire perfettamente che finché Putin sarà al potere, il Comitato Investigativo e l’Fsb non svolgeranno alcuna indagine. Il loro unico compito ora è quello di nascondere tutto, mentire e coprire il loro capo. Pertanto, continueremo a indagare da soli”.

Il video pubblicato oggi da Navalnya conferma che l’inchiesta della famiglia e dei sostenitori dell’ex leader dell’opposizione è proseguita all’estero in forma autonoma. Al momento della morte, Navalny – che era stato rinchiuso nel gennaio 2021 – si trovava nella colonia penale a regime speciale di Kharp; stava scontando una condanna a oltre 30 anni di detenzione ed aveva già trascorso 308 giorni in isolamento. Le accuse dei tribunali di Mosca nei suoi confronti sono state le più svariate: frode, promozione del terrorismo, finanziamento e promozione dell’estremismo, e riabilitazione del nazismo. Navalny era stato a capo del partito “Russia del Futuro” e presidente di Coalizione Democratica, co-presieduta con Boris Nemcov, assassinato nel febbraio 2015, su un ponte a poca distanza dalla Piazza Rossa.

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