La Turchia pressa le Forze Democratiche Siriane dopo l’accordo del 10 marzo: teme una collaborazione curdo-israeliana
- Postato il 12 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ankara preme sui combattenti curdi siriani. E lo fa in modo sempre più vigoroso quanto più ci si allontana dal 10 marzo scorso, giorno in cui il protetto del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ovvero l’ex leader delle milizie jihadiste Ahmad al Shaara – insediatosi a Damasco l’8 dicembre 2024 dopo aver messo in fuga il clan Assad – aveva firmato un accordo con Mazloum Abdi. Il comandante delle Forze Democratiche Siriane (SDF) si era recato a Damasco con le migliori intenzioni per acconsentire alla richiesta di far confluire l’alleanza militare di milizie curde e arabe del nord e sud-est siriano da lui guidate nell’esercito siriano. Che è ciò che vuole a ogni costo la Turchia. Ma Abdi aveva firmato un documento in cui le SDF chiedono in cambio uno stato siriano confederato. Cosa che Erdogan non vuole permettere, pena il crollo del suo disegno neo-ottomano.
A complicare, dal punto di vista del “Sultano”, la situazione ci sono le operazioni militari israeliane in Siria. Operazioni che stanno allargando la cosiddetta zona cuscinetto sul versante siriano delle alture del Golan. E ora Erdogan teme una collaborazione curdo-israeliana. Questa settimana infatti il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha avvertito che “le operazioni israeliane in Siria stanno influenzando il comportamento delle Forze Democratiche Siriane e complicando gli sforzi per attuare l’accordo del 10 marzo volto a unificare i gruppi armati sotto lo Stato siriano”. Parlando ad Al Jazeera Arabic, Fidan ha affermato che la riluttanza delle SDF procedere con l’accordo è correlata all’aumento delle attività israeliane in Siria. Una scusa per prendere i classici due piccioni con una fava: accusarli di collaborare per poter mettere fuori gioco entrambi. Una pia illusione, soprattutto per quanto riguarda le intenzioni dell’SDF. Che mai si piegheranno a Erdogan a seguito di menzogne e ricatti.
“C’è una relazione, una proporzione, tra il movimento di Israele in Siria e la riluttanza delle SDF. Questa non è una decisione presa dalle YPG di propria iniziativa”, ha affermato Fidan, sollecitando il dialogo tra Damasco e YPG/PKK. Ha inoltre espresso la speranza che un eventuale accordo possa portare sollievo sia ai curdi che agli arabi in Siria. YPG è la milizia curda che guida l’SDF e che la Turchia ritiene la versione siriana del PKK di Ocalan che si è auto disarmato proprio quest’anno compiendo un passo storico.
Alla domanda se ci sia coordinamento tra Israele e SDF, Fidan ha risposto: “Il giorno in cui Israele raggiungerà una certa intesa con la Siria, vedrete le YPG seguirla”. Fidan ha affermato che un rinnovato conflitto tra Damasco e le SDF danneggerebbe i civili e ha invitato le YPG/PKK ad assumersi le proprie responsabilità nell’ambito del piano di riunire tutte le forze armate sotto un’unica struttura militare nazionale. “Spero che non assisteremo a un’altra guerra”, ha minacciato. Rispondendo alle accuse di rivalità tra Turchia e Israele in Siria, Fidan ha sottolineato che la Turchia cerca stabilità, non influenza. “Non ci vediamo allo stesso livello o posizione di Israele”, ha affermato, sottolineando l’impegno della Turchia per l’unità e l’integrità territoriale della Siria.
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