La Torre dei Conti, il dolore, la responsabilità: non ogni tragedia è una colpa
- Postato il 4 novembre 2025
- Di Il Foglio
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La Torre dei Conti, il dolore, la responsabilità: non ogni tragedia è una colpa
Prima di tutto il dolore: la morte di Octay Stroici, 66 anni, operaio esperto, rimasto per ore sotto le macerie della Torre dei Conti. E’ umano cercare un colpevole, è naturale che la procura apra un fascicolo per omicidio e disastro colposi. Ma è altrettanto necessario ricordare che non ogni tragedia è una colpa. La torre era chiusa dal 2007, inagibile da anni, segnata da secoli di ricostruzioni e compromissioni. Dal Medioevo al Rinascimento, dal Settecento al fascismo, ogni epoca l’ha toccata, alterata, rinforzata, ferita. La Sovrintendenza capitolina spiegava che i lavori – appalto regolare, ditta seria, prove statiche e rilievi accurati – erano quasi conclusi. Si stava passando dalla bonifica dell’amianto al consolidamento vero e proprio. Poi, improvvisamente, il cedimento del contrafforte e del solaio. Chi conosce quella torre sa che era un corpo fragile, un insieme di murature di epoche diverse, cucite e scucite infinite volte. Nessuno, forse, poteva prevedere che un pezzo si staccasse così, in un momento in cui non si stava demolendo nulla. E’ possibile che ci sia stato un errore umano, un movimento di troppo, una rimozione prematura delle puntellature. Ma è anche possibile che la causa sia un cedimento antico, invisibile, interno a una struttura che ha sopportato mille stratificazioni e troppe ristrutturazioni.
Andrea Carandini parla di “incompetenza tecnica”, altri di “errore di cantiere”. Ma prima di criminalizzare, conviene capire. La verità non si costruisce a caldo, e la giustizia non coincide con la vendetta. Anche nei cantieri più sorvegliati può esistere il rischio imponderabile: un muro che cede, un legno che si spacca, un ferro che tira troppo. Roma ha già visto troppi processi cominciare sull’onda dell’emozione e finire nel nulla. Meglio aspettare gli esiti delle perizie, capire se davvero qualcuno ha sbagliato o se è stato il tempo – e non l’uomo – a presentare il conto. Le fatalità non assolvono, ma ricordano che non tutto ciò che accade ha un colpevole. E la vera responsabilità è capire cosa è successo davvero, prima di gridare chi è stato.
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