La storia dei lavoratori sfruttati in un supermercato nel Catanese, pagati 1,6 euro l’ora

  • Postato il 16 maggio 2025
  • Cronaca
  • Di Blitz
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Mentre in Italia il tema del salario minimo è al centro del dibattito politico, ben trentasette lavoratori di un supermercato del Catanese sarebbero stati impiegati “un numero di ore nettamente superiore rispetto a quelle previste da contratto, con retribuzioni che, nei casi più gravi, si sarebbero attestate a 1,6 euro l’ora con stipendi mensili di 7-800 euro per i giovani a fronte di oltre 60 ore settimanali di lavoro”. Una situazione al limite della schiavitù. Questo è il quadro emerso dalle indagini della Guardia di finanza, che hanno portato all’arresto, per caporalato e autoriciclaggio, del rappresentante legale e del direttore commerciale dell’impresa, che sono stati posti ai domiciliari, con il sequestro preventivo della società, il cui valore è stimato in 3 milioni di euro.

Al centro delle indagini della Fiamme Gialle di Paternò ci sarebbe un noto supermercato di Biancavilla dove un controllo ha permesso di quantificare “l’omessa corresponsione di retribuzioni negli anni per un ammontare pari a circa 1.600.000 euro e di contributi previdenziali per 1.150.000 euro”. Ai due indagati la Procura di Catania contesta la “reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali o, comunque, sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, i periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro”.

Lavoratori bisognosi in grave difficoltà economica sfruttati

Per l’accusa, “i lavoratori sfruttati, in ragione dello stato di bisogno in cui versavano, in virtù della situazione di grave difficoltà economica tale da limitarne la libertà di autodeterminazione, non avendo nessun’altra valida alternativa, accettavano di essere impiegati per molte più ore rispetto a quelle contrattualizzate, non godendo delle ferie maturate e fruendo di soli due riposi settimanali al mese”. Dalle indagini sarebbero anche emersi “elementi indicativi del reato di autoriciclaggio a opera del rappresentante legale della società in relazione al profitto del delitto di sfruttamento lavorativo”.

In particolare, ricostruisce la Procura di Catania, “sarebbe emerso a livello di gravità indiziaria che buona parte dei lavoratori veniva impiegata per circa 65 ore settimanali, a fronte di contratti che prevedevano un Impegno di 40 ore settimanali, fruendo di soli due riposi settimanali al mese”, in contrasto con la norma che fissa il diritto del lavoratore ad avere ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive.  I nuovi dipendenti, in servizio da un anno, secondo quanto emerso, non avrebbero mai fruito di ferie.

Le parole del procuratore di Catania

Dall’inchiesta, scrive il procuratore di Catania, Francesco Curcio, sarebbe emerse “una situazione di estremo stato di bisogno economico,
comune a tutti i dipendenti i quali, pur consapevoli delle violazioni e della evidente non corrispondenza alla contrattazione collettiva e alla normativa di riferimento del trattamento loro riservato dal datore di lavoro (quanto a retribuzione, a orario di lavoro, riposo e ferie), avevano
accettato dette condizioni in ragione della situazione di grave difficoltà economica e della necessità di far fronte alle spese dei rispettivi nuclei familiari, non avendo altra valida alternativa: pertanto – osserva Curcio – tra la possibilità di non percepire alcuna fonte di reddito e quella di subire sfruttamento lavorativo, non avevano potuto fare altro che accettare e subire questo ultimo”.

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Blitz

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