La storia degli oli al Cbd che per comprarli servirà la ricetta perché stupefacenti
- Postato il 18 aprile 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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Mentre il decreto sicurezza produce i suoi primi effetti, con le infiorescenze di cannabis che vengono sequestrate ad alcuni imprenditori siciliani ed altri che decidono di andare ad investire all’estero, il Tar del Lazio ha deciso un’ulteriore stretta che riguarda il settore della canapa. Gli oli a base di Cbd, ossia il cannabidiolo, saranno vendibili solo con con ricetta medica. Il Tribunale ha respinto il ricorso presentato da alcune associazioni di settore e ha dichiarato legittimo il decreto del ministero della Salute che ha inserito le preparazioni orali a base di Cbd nella sezione B della tabella dei medicinali, ossia quella in cui ci sono i preparati che necessitano di prescrizione medica che deve essere rinnovata di volta in volta.
Per chi ha presentato il ricorso si tratta di una sentenza “incomprensibile e antiscientifica” che è “ancora più preoccupante del decreto sicurezza, specie in una prospettiva futura”. Il Tar non ha infatti analizzato nessuna risultanza scientifica decidendo di far valere soltanto il principio di precauzione sottolineato dal Consiglio superiore di sanità. Nella sentenza viene infatti sottolineato come il Governo “abbia individuato questi rischi, anche soltanto in termini di interazione con il Thc” presente seppur in minima quantità in questi oli.

Il Consiglio superiore di Sanità si era già espresso lo scorso giugno spiegando che “tutti i composti derivanti da cannabis naturale contengono una molteplicità di sostanze, tra cui quasi sempre una concentrazione sia pur minima di Thc ed è dalla interazione del Cbd con il Thc che derivano i rischi paventati in termini di accumulo di Thc nel sistema nervoso centrale”. per il Tar, “il provvedimento adottato risulta appropriato sulla base del principio di precauzione volto a scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica e per la sicurezza senza dover attendere che sia pienamente dimostrata l’esistenza di Thc in tutte le preparazioni e la conseguente effettiva situazione di dipendenza”.
La sentenza è arrivata mentre l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sta valutando l’inserimento del Cbd nella lista dei cosiddetti Novel food, ossia alimenti o ingredienti innovativi. Il decreto parla di “preparazioni orali”, termine che confina il Cbd tra i “farmaci stupefacenti” e che quindi non può essere inserito nel campo dell’applicazione alimentare. Decisione che relega l’Italia indietro rispetto agli altri Paesi europei come già accaduto con la carne coltivata.
Raffaele Desiante, presidente dall’Ici (Imprenditori Canapa Italia), ha dichiarato di voler impugnare la sentenza: “Impugneremo la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato convinti che la giustizia amministrativa debba rispettare i principi di legalità, proporzionalità e certezza del diritto. Non ci fermeremo finché non sarà restituita piena dignità giuridica a un settore che rappresenta lavoro, principalmente giovanile, innovazione e sostenibilità per il nostro Paese”. Desiante ha spiegato ancora: “Si fa riferimento a presunti rischi di interazione tra Cbd e Thc, quando la letteratura scientifica internazionale più autorevole riconosce al contrario al Cbd un effetto mitigante sull’azione psicoattiva del Thc”.
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