La sparizione di Fabio Quartararo
- Postato il 3 marzo 2025
- Di Il Foglio
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La sparizione di Fabio Quartararo
Paradisi e inferni. Lo sport ti consacra o ti brucia. Nel suo personale girovagare tra i circuiti della MotoGp, Fabio Quartararo, per tutti el Diablo, è caduto in un limbo. Non proprio di buon auspicio il quindicesimo posto in Thailandia, alla prima gara della stagione. Gli è bastato un giro, il primo, per scivolare dal decimo posto (nella sprint del sabato aveva chiuso settimo) alla coda del gruppo. O quasi. “Ho perso molte posizioni. Purtroppo non sono riuscito a fare una buona gara e a correre con un buon ritmo. È stato piuttosto difficile”, ha ammesso il pilota francese. E se le cose stanno così per lui, anche per la sua Yamaha si annuncia un’altra stagione piena di dubbi, domande, perplessità. Le più essenziali riguardano lui: che fine ha fatto l’enfant prodige, il ragazzo che aveva battuto i record, conquistato il Mondiale, addomesticato il mondo? Prima di Buriram, un po’ arreso, era stato lo stesso Quartararo ad ammettere: “La Yamaha non è ancora pronta per vincere, sarei felice di chiudere in top 7”.
Cinque anni fa per tutti era nata una stella. Era il 2019 quando a Jerez Quartararo si prese la pole. Fu un’epifania: quel risultato lo fece diventare il pilota più giovane del circuito a partire davanti in una gara del Mondiale. Più giovane anche di sua maestà Marc Márquez. La parabola di Quartararo era andata sempre in crescendo e aveva toccato l’apice nel 2021, con la vittoria del Motomodiale. Il primo francese della storia. “So di avere una mente molto forte. Può accadere di tutto, puó succedere che la moto non vada, ma se voglio ottenere qualcosa la ottengo". Voleva il bis, ma l’anno dopo fu un flop. Colpa di una moto all’altezza, e di una seconda parte di stagione condita da lentezza, errori e desideri mai realizzati. “Sono un ragazzo incredibilmente ambizioso in generale, voglio essere una leggenda di questo sport”. La discesa di Fabio è cominciata lì. Un 2023 da decimo posto, un 2024 addirittura da tredicesimo. A un certo punto, sconsolato, disse: “Mi sento più tester che pilota. A volte ci aspettiamo che gli elementi nuovi siano migliori ma non sempre accade. Due anni fa abbiamo tenuto la moto uguale per tutto l’anno e c’era una base ed ero io a portarla al limite. Devo adattarmi”.
L’anno che verrà sembra proseguire su questo trend. Nessuna certezza, tantissima bile nera. Una gara, com’è ovvio, non fa un Motomondiale. Ma è chiaro che i giri in Thailandia hanno mostrato una Yamaha fragile. E il Gran premio in Argentina non è lontano. Nel frattempo Fabio rimugina. Con la solita immagine di ragazzo pulito che lo ha sempre accompagnato. “In pista anche se ho davanti mamma vado all’attacco”. A 25 anni Quartararo, origini italiane, non è più una stella promessa. Ama il calcio, colleziona maglie ("Ne avrò una ventina, ma sono tutte di calciatori che ho conosciuto per davvero”), non ama i riflettori ma è sempre stato a suo agio. “Ormai sto diventando importante per la gente. Arrivo in circuito e vedo i tifosi che mi stanno aspettando, i bambini che diventano matti nel vedermi. E questo mi rende felice, perché mi ricordo di quando ero io che aspettavo Valentino Rossi e a guardarli in faccia si legge la loro gioia. Che un tempo era la mia”. E d’altra parte la sua carriera aveva già avuto momenti così. Nel Cev dominava, in Moto 3 no. Il passaggio in Moto2 fu un disastro. Mai in top 5, molte gare fuori dalla zona punti e tanti dubbi che cominciavano ad aleggiare tra gli addetti ai lavori e anche nella sua testa. Ad essere onesti, disse Johan Sitegefelt, ex team manager del Sepang Racing Team, “Fabio era un pilota Moto2 mediocre”. Poi l’ascesa. Per tutti doveva diventare l’anti-Márquez. Oggi nessuno ci crede più.
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