La sindrome della “melonite” e la sinistra italiana inconcludente
- Postato il 8 novembre 2025
- Editoriale
- Di Paese Italia Press
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Pierfranco Bruni
Siamo ritornati in un tempo profondamente ideologico. L’“antimelonita” colpisce il non pensiero delle sinistre e dissolve quel poco ragionamento che dovrebbe indurle a riflettere. Conosco bene queste sinistre: vogliono governare, ma non hanno né forza elettorale, né forza politica, né capacità culturale. Desiderano il potere, ma governare significa saper esercitare il potere, non soltanto reclamarlo.
Il potere, spiegato bene da Ortega y Gasset, non appartiene alle masse, eppure le sinistre sembrano ancora confondere la democrazia partecipativa con lo Stato democratico del proletariato. La loro lingua è carica di verbosità e di semantiche superate. Sono rimaste ancorate al tempo in cui il Muro regnava e Praga era invasa dai carri armati sovietici. Le loro radici ideologiche non sono mai state recise.
Marx non è morto, ma redivivo nella loro contraddizione, e Trockij continua a fuggire nella loro retorica. Non vogliono comprendere che i popoli hanno sconfitto il comunismo, e non accettano neppure che Gramsci sia, come dice Massimo Cacciari, “figlio culturale” del filosofo Giovanni Gentile. È da questa contraddizione che nasce la loro patologia: la sindrome della “melonite”.

Una sindrome per la quale, ironicamente, nessun farmaco può servire. Solo una lunga fase di riposo, accompagnata da potenti tranquillanti, potrebbe forse giovare. Non hanno un progetto politico. Parlano di programmi, ma ignorano che i programmi nascono dai progetti, e i progetti dalle idee e dal pensiero. Sono vittime della tempesta dell’ideologia giacobina, che tanto amano, e che impedisce loro di andare oltre.
Si sentono i “migliori”, ma dovrebbero forse rileggere Togliatti. Perché tutto questo? Non per difendere il governo Meloni, con cui mi confronto criticamente, ma per osservare.. Ascolto, leggo, e constato che la sinistra vive la peggiore crisi della sua storia. È un’apocalisse politica, non biblica: non sanno essere alternativa, perché hanno scelto di essere “contro” e non “con”.
La loro politica è quella dell’“anti”: contro ogni azione, parola, o gesto della Presidente del Consiglio. Ma un Paese — o meglio, una Nazione, una Patria — non può vivere soltanto nel “senza”, come scrisse Alberto Arbasino. Deve fare i conti col “con”, con la costruzione, non con la negazione.
Dopo decenni, le sinistre riesumano l’antifascismo come unica bandiera, senza mai abbandonare il loro comunismo reale. Eppure, quale differenza rimane oggi tra fascismo e comunismo, se non nella retorica? È forse mancanza di cultura, perché la cultura storica richiede studio, ricerca e competenza — come insegnò Renzo De Felice — non ripetizione ideologica.
Eppure insistono con l’antifascismo, che gli italiani non ascoltano più. Hegel aveva ragione nel trasformare l’ideologia in fenomenologia dello spirito, ma le sinistre restano convinte di possedere la verità. Una verità che, però, è spesso falsità storica e finzione politica.
La sindrome della “melonite” è dura a morire. Forse, una buona cura di forti psicofarmaci potrebbe essere l’unica soluzione.
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
Studioso di civiltà mediterranee, Bruni unisce nella sua opera il rigore scientifico alla sensibilità umanistica, ponendo al centro della sua ricerca il dialogo tra le culture, la memoria storica e la bellezza come forma di identità.
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