“La scuola è diventata una clinica psichiatrica. Tutti discalculici, disgrafici, dislessici, asperger, autistici… ma chi l’ha detto?”: l’affondo di Umberto Galimberti fa discutere. Il parere del pedagogista
- Postato il 12 marzo 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Alcune sue recenti dichiarazioni, secondo cui “la scuola elementare sembra diventata una clinica psichiatrica”, hanno scatenato il web. La scuola deve essere certo inclusiva e offrire opportunità a tutti, ma la medicalizzazione è la strada giusta? Dopo il convegno a Vicenza organizzato dalla Confartigianato locale, è nato un vivace dibattito sull’onda delle dichiarazioni di Umberto Galimberti. Secondo il filosofo, oggi nella scuola elementare ci sono troppe certificazioni di DSA (Disturbi specifici dell’apprendimento). “Tutti discalculici, disgrafici, dislessici, asperger, autistici… ma chi l’ha detto? Ai miei tempi non c’erano queste condizioni. C’era uno più bravo e uno meno bravo, che poi si esercitava e diventava bravo”. Sarebbe stato già più che sufficiente per suscitare un polverone, ma Galimberti ha aggiunto pure che secondo lui il proliferare di certificazioni serve a “patologizzare tutte le insufficienze” per facilitare il percorso scolastico, “perché ai genitori interessa questo, non la formazione. È la strada dell’ignoranza, purché siano promossi”. Qualcuno concorda, ma non pochi dissentono…
Pioggia di critiche
Scatenatissimi sui social, gli utenti hanno accusato il filosofo di essere superficiale e semplicistico. Qualcuno fa notare che anche una volta esistevano le problematiche e che venivano semplicemente ignorate, a scapito del benessere dei bambini. In particolare, si sono sentite offese le famiglie dei ragazzi affetti da Dsa, che si trovano quotidianamente a combattere con incontri, visite, test, richiesta di insegnanti di sostegno, che spesso vengono assegnati in ritardo e non sempre hanno una formazione specifica. “Peccato però che mio figlio non ha scelto di avere un disturbo dell’apprendimento o dell’attenzione. Lei è un ignorante nel vero senso della parola! La invito a vivere con me tutto quello che passa un genitore di un figlio con Dsa”, ribatte senza mezzi termini un utente. Ma per quanto perentorie e taglienti, le dichiarazioni del filosofo hanno il merito di portare l’attenzione su un problema già denunciato da anni: l’aumento delle diagnosi.
Diagnosi in crescita
I dati Istat sono chiari a questo proposito: nell’ultimo decennio, le certificazioni di disabilità scolastica sono aumentate del 39,9%. Nell’anno scolastico 2014-2015 le certificazioni riguardavano il 2,1% degli iscritti nelle scuole, nel 2022-2023 il 4,1%. Indubbiamente ci sono stati dei progressi e le diagnosi sono ora più precise, ma è un numero comunque elevato, contestato dal pedagogista Daniele Novara in un’intervista rilasciata nel 2023 a Orizzonte Scuola. “I disturbi specifici di apprendimento sono deficit neurofisiologici che al massimo arrivano a colpire l’1,5-3% dei bimbi, mentre i dati scolastici italiani sono 4-5 volte superiori alle previsioni mediche e in aumento; si può arrivare a un 10% di dislessici, ovvero 2 bambini in una classe di 20 alunni”.
Osserva un trend crescente anche il pedagogista Simone Migliorati, autore di Il gioco del benessere (Phanes Publishing 2024), che collabora con le scuole come supervisore. “In una classe di 20-25 bambini c’è anche il 40% di certificazioni. Nella sezione primavera della scuola dell’infanzia ci sono già diagnosi su piccoli di 2-3 anni”, spiega al Fatto Quotidiano. “Le diagnosi sono importanti e certamente servono per capire chi è quel bambino e di che cosa ha bisogno, ma poi dobbiamo vedere il bambino, e non la sua diagnosi”. Ma soprattutto, si dovrebbe lasciare al piccolo il tempo di evolvere secondo i propri standard, e non sulla base di calendari prestabiliti. “Ora si sta velocizzando tutto troppo, ma se un bambino ha uno sviluppo psicomotorio più lento, a volte bisogna lasciargli solo il tempo. Tuttavia quando genitori e insegnanti notano delle fatiche, un ritardo, si cerca di dare un nome a queste difficoltà. Nonostante tanti studi e una crescente consapevolezza, se un bambino è fuori dai canoni si sente il bisogno di dare un nome a questa diversità ”. Ed ecco arrivare le diagnosi, qualche volta anche un po’ sollecitate, “quasi come per togliersi le responsabilità”. La pensa sostanzialmente così anche il pedagogista Novara, secondo cui certe diagnosi sono perfino errate e che, nell’intervista a Orizzonti Scuola, parla di “eccessi diagnostici legati alla tendenza crescente di scuole e famiglie a scegliere la via dell’analisi della salute neuropsichiatrica del bambino, piuttosto che andare a indagarne la gestione educativa in famiglia e supportare quest’ultima in modo adeguato”. Perciò l’etichetta apposta al bambino rischia di essere controproducente.
Inclusività o isolamento?
Secondo gli esperti, il certificato di disabilità ha un effetto boomerang sui bambini: il primo rischio è che si pretenda poco da loro e li si lasci privi di stimoli. Un altro rischio è l’isolamento, come evidenzia in un’intervista a Open Raffaello Iosa, ex direttore didattico. “Ogni mattina, tutti i bambini e ragazzi entrano dallo stesso portone di scuola, ma una volta dentro, non vivono la stessa scuola. Alcuni non vanno nell’aula assieme ai compagni, e proliferano le cosiddette Aule H, luoghi separati dove l’insegnante di sostegno assume quasi il ruolo di guardiano”. Non è certo questo il futuro che vogliamo per i nostri figli… “Serve piuttosto un approccio differente che ponga il bambino al centro”, afferma Migliorati. E anche riflettere sull’essere bambini oggi. “Non si lascia loro un momento di relax, al rientro da scuola hanno altre attività da fare. Gli adulti di oggi, che sono i bambini di ieri, hanno avuto l’opportunità di giocare, sporcarsi, anche annoiarsi. Quelli di oggi no. Già alla scuola di infanzia si insegnano prescrittura e prelettura; va bene, ma non si lascia spazio al gioco, che insegna a gestire i conflitti e la diversità. Credo che i bambini stiano lanciando un forte grido di allarme a noi adulti”. E noi abbiamo il dovere di ascoltarlo.
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