La Sardegna aspetta di sapere se ospiterà l’Einstein Telescope. Ma mentre alcuni sperano, altri lavorano

  • Postato il 13 aprile 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Ilaria Muggianu Scano

Laddove non può la sorte, può la lungimiranza. È la storia della più antica civiltà del Mediterraneo, a conti fatti. Aspettare la manna dal cielo o assecondare la vocazione del territorio?

La Sardegna aspetta l’esito della candidatura all’installazione dell’Einstein Telescope, il rilevatore di onde gravitazionali di terza generazione, un progetto di impatto scientifico e tecnologico di livello mondiale. I maggiori esperti europei del settore trovano nell’area sarda della miniera dismessa di Sos Enattos, nell’entroterra barbaricino, il sito ideale, in primis per il silenzio del territorio. I competitor impensieriscono il governo Meloni che sostiene la candidatura sarda, si tratta di Germania e Olanda, che hanno già stanziato ingenti finanziamenti per approntare strade e laboratori che rendano più appetitosa la propria offerta territoriale in termini di trasporti, infrastrutture e di logiche laboratoriali.

Ma se da una parte c’è chi in Sardegna incrocia le dita nell’attesa inerte di un futuro occupazionale migliore, come in questo caso affidato pressoché alla sorte, c’è chi, al contrario, dedica strategia e risorse per cambiare lo status quo. Obiettivo: creare sviluppo.

La Fondazione Mont’e Prama festeggia le nozze d’oro con la scoperta dei Giganti pensando in grande con la realizzazione di un grandioso polo di studio e ricerca. Un centro del tutto autopoietico che prima non c’era e oggi vede la luce dopo un lustro della direzione del Presidente Anthony Muroni. La nuova sfida nasce dall’interlocuzione con il Ministero della Cultura e l’amministrazione comunale di Cabras, capoluogo del Sinis e il finanziamento della Regione Sardegna, la struttura più all’avanguardia dell’intero territorio, una realtà moderna, ipertecnologica, con laboratori di studio avanzati.

Il centro sorgerà al centro della frazione di Solanas; una superficie di due ettari, tre padiglioni da mille metri quadrati ciascuno. Vero punto di riferimento per l’avanzamento di ricerca e studio, sono previsti depositi per i reperti archeologici, laboratori per il restauro e lo studio dei ritrovamenti, spazi didattici per le scuole, locali di foresteria per studiosi e tecnici e soprattutto un macrocosmo di ricerca e conservazione aperto al dialogo scientifico con Università di tutto il mondo ed enti di ricerca.

Le ricadute sul territorio sono incalcolabili e l’ipotesi di sviluppo sulla conoscenza della più antica civiltà megalitica del mediterraneo trova, più che metaforicamente, terreno fertile, braccia e menti ancor più buone. Chi sa fa, chi non sa gioca a dadi con la sorte.

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