La sanità privata italiana non sprizza tutta salute. Sorpresa!
- Postato il 6 giugno 2024
- Di Il Foglio
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La sanità privata italiana non sprizza tutta salute. Sorpresa!
Con un tempismo invidiabile l’Area Studi di Mediobanca ha pubblicato ieri un’approfondita analisi dei maggiori operatori sanitari privati in Italia. Si tratta di 31 gruppi che rappresentano il cuore dell’offerta (fatturano oltre 100 milioni ciascuno) e il risultato di una trasformazione profonda degli assetti del mercato della sanità. Mediobanca li ha analizzati sia dal punto di vista delle tendenze di mercato sia da quello dell’efficienza di impresa. E l’esito del check up di piazzetta Cuccia riserva più di qualche sorpresa. Si va a delineare, infatti, un settore che sembra avere ampie potenzialità di crescita ma che deve ancora carburare. Lo tsunami del Covid ha rappresentato una discontinuità negativa, che non è stata ancora metabolizzata.
Elencato qualche caveat veniamo ai numeri. Il giro d’affari dei maggiori operatori privati sanitari è stimabile in 10,6 miliardi, ma le prime evidenze per il 2023 indicano una crescita aggregata non travolgente: non siamo infatti davanti a un incremento a doppia cifra ma ci si ferma al +5,5 per cento. Crescono rispetto all’anno precedente la riabilitazione con il 4,1 per cento e l’assistenza ospedaliera con il 5,7 per cento, ma soprattutto la gestione delle strutture per anziani con il 14 per cento. Sono calati i ricavi per la diagnostica 2023 (-4 per cento) ma va ricordato che ci si confronta con un 2022 in cui la spesa per i tamponi Covid aveva gonfiato i numeri. L’annotazione più interessante da fare però è quella che mette a paragone il +5,5 per cento dei ricavi dei privati con il +1,7 per cento della spesa accreditata dalle regioni rilevabile dall’ultimo Def, dato che – come annota Mediobanca – “ci consente di stabilire che la variazione del giro d’affari aggregato sia trainata dall’incremento delle prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dai cittadini”. In sostanza, la fine dell’emergenza sanitaria nel marzo 2022 ha favorito la progressiva ripresa delle normali attività sanitarie con la piena operatività nella riabilitazione e nell’assistenza ospedaliera, ma ha mostrato la persistenza di diverse criticità. Spicca su tutte il mancato recupero delle liste di attesa che, insieme a motivi economici, hanno spinto 4,5 milioni di italiani (il 7,6 per cento della popolazione) a rinunciare a esami e visite mediche nel 2023.
Ma – ed è questa la domanda più interessante – a quanto ammonta l’out of pocket sanitario degli italiani e a che ritmo cresce? La cifra complessiva ha raggiunto nel 2023 i 40,6 miliardi e per vedere come incide sui ricavi della sanità privata l’Area Studi Mediobanca si rifà ai numeri pubblicati dall’unico gruppo quotato (il Garofalo Health Care). Ebbene, nel 2023 Ghc ha incrementato il “di tasca nostra” del 12 per cento superando così le simboliche due cifre. Ma non è finita. Nei primi due mesi del 2024 la quota out of pocket è arrivata già al 16 per cento, indicando così una traiettoria che, secondo i ricercatori, è valida non solo per un singolo gruppo ma per quasi tutti i campioni italiani della sanità privata. La seconda annotazione di qualche rilievo riguarda il principale driver della crescita privata: le famigerate liste d’attesa del Servizio sanitario nazionale. Contano molto più i tempi dell’ottenimento della prestazione più che un vero confronto qualitativo tra pubblico e privato. Nonostante tutto, infatti, il Ssn conserva una buona reputazione circa i risultati, attestata anche da statistiche internazionali. Ma se la qualità è percepita ancora come fungibile, i tempi no e ciò fa la differenza.
Pur avendo buone prospettive, l’industria della sanità privata non presentava fino ai bilanci del 2022 una redditività interessante. E questa è sicuramente una piccola sorpresa. Si è contratto significativamente il margine operativo netto sia l’Ebit margin e i motivi sono molteplici. Innanzitutto l’inflazione che si è abbattuta sulla bolletta energetica con un aumento aggregato di uscite di 150 milioni in più. Subito dopo l’enorme aggravio degli acquisti per i dispositivi di protezione Covid del primo semestre 2022. Al terzo posto un incremento netto del costo del lavoro (per trattenere il personale qualificato) che è stato del 5,5 per cento e, infine, un primo effetto dei quattro rialzi dei tassi decisi dalla Bce in quell’anno con maggiori oneri finanziari per 70 miliardi. Detto dei bilanci 2022, i 31 campioni nazionali individuati da Mediobanca si presentano però mediamente come aziende efficienti. Dei quattro motivi di calo della redditività 2022, solo il costo del lavoro dovrebbe ripresentarsi come fattore critico (anche i privati faticano a ingaggiare non solo infermieri ma anche medici) e quindi si può sostenere che i risultati dei bilanci 2023 rappresenteranno il vero test di maturità. La struttura patrimoniale “appare solida”, il mercato è cresciuto e le aziende sembrano rodate.
Infine il ranking. Nel 2022 al primo posto per ricavi c’è Papiniano, la holding del gruppo San Donato e Ospedale San Raffaele di Milano con 1.707 milioni e oltre 10 mila dipendenti, seguita da Humanitas (1.122), entrambi concentrati in Lombardia. Segue il gruppo emiliano Villa Maria con 840 milioni, il Policlinico A. Gemelli con 799 e Kos (gruppo Cir) con 683 milioni. Tra i campioni nazionali censiti da Mediobanca c’è anche il San Raffaele di Roma, che fa capo alla famiglia Angelucci e che nel 2022 ha fatturato 148 milioni.
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