La sanità negata per i malati del Sud: a rischio le cure per tutti

  • Postato il 26 novembre 2024
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La sanità negata per i malati del Sud: a rischio le cure per tutti

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Sanità al Sud: mancano i posti letto: a rischio le cure. In Calabria il dato peggiore: qui la lungodegenza è un incubo. Piemonte e Lombardia esempi di efficienza sanitaria


Una profonda disomogeneità territoriale caratterizza la dotazione di posti letto ospedalieri pubblici in Italia, con il Mezzogiorno che fatica a garantire adeguati standard di assistenza sanitaria rispetto alle regionali settentrionali, dove le maglie nere sono rappresentate dalle tanto decantate Toscana e Veneto. In sintesi le regioni del Nord sono generalmente più dotate e meglio organizzate rispetto a quelle meridionali. La Calabria si conferma ultima in Italia per la disponibilità di posti letto negli ospedali pubblici, con appena 315,9 unità ogni 100mila abitanti, molto al di sotto della media nazionale di 390. Le cure per tutti sono seriamente a rischio nel Sud Italia e il ‘malato più grave’ oggi è rappresentato proprio dagli ospedali.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha rielaborato dati della Corte dei conti e del ministero della Salute, le differenze regionali nei posti letto delle strutture di ricovero pubbliche per acuti, lungodegenza e riabilitazione nel 2021 evidenziano significative disparità sia in termini assoluti sia relativi, con implicazioni dirette sulla capacità del sistema sanitario di rispondere alle esigenze della popolazione.
La sanità al Sud soffre carenze diffuse sia nei posti letto per acuti che nelle strutture per lungodegenza e riabilitazione, con percentuali di copertura inferiori alla media nazionale. Le difficoltà delle regioni del Sud evidenziano uno scenario preoccupante dal quale emerge non solo una carenza di strutture ma anche, spiega Unimpresa “una possibile saturazione delle strutture sanitarie locali”.

SANITA’ AL SUD: IN CALABRIA IL DATO PEGGIORE

La Calabria, in particolare, mostra il dato peggiore per la lungodegenza, pari solo al 5% del totale, mentre la Campania e la Sicilia evidenziano valori modesti anche nel segmento riabilitativo. Il Piemonte guida la classifica con 493,3 posti letto ogni 100. 000 abitanti, seguito dalla Valle d’Aosta con 456,1 e dalla Lombardia con 449,6, tutte ampiamente sopra la media nazionale di 390,0. Il Friuli-Venezia Giulia e la Sardegna eccellono nella percentuale di posti letto per acuti, rispettivamente al 93%, segno di un’organizzazione centrata sulla gestione tempestiva delle emergenze. Trento si distingue invece per il primato nella lungodegenza, con 36 posti letto ogni 100. 000 abitanti, mentre il Molise registra il dato più alto nella riabilitazione, con 60,8 posti.
Queste regioni si distinguono per la capacità di garantire un’adeguata offerta di servizi sanitari sia per acuti sia per lungodegenza e riabilitazione. Ma andiamo nei dettagli. Il Piemonte con un totale di 493,3 posti letto ogni 100.000 abitanti, si posiziona al vertice della classifica nazionale. La distribuzione equilibrata tra acuti (80%), lungodegenza (5%) e riabilitazione (15,2%) garantisce un sistema sanitario resiliente e capace di rispondere in maniera efficiente alle esigenze della popolazione, con tempi di attesa ridotti e un’ottima capacità di gestire sia emergenze che percorsi post-ospedalieri. La Valle d’Aosta vanta 456,1 posti letto ogni 100.000 abitanti, posizionandosi tra le prime in Italia. Con l’83% dei posti letto destinati agli acuti e una buona attenzione alla riabilitazione (13,8%), la Valle d’Aosta rappresenta un esempio di gestione sanitaria efficace, nonostante le dimensioni limitate del territorio.

PIEMONTE E LOMBARDIA EDEMPI DI EFFICIENZA SANITARIA

La Lombardia con 449,6 posti letto per 100.000 abitanti, è un esempio di efficienza sanitaria in una delle regioni più popolate d’Italia. L’84% dei posti è dedicato agli acuti, ma anche la riabilitazione è ben rappresentata (14,6%), assicurando un sistema capace di rispondere alle esigenze dei cittadini con prontezza e qualità. Andiamo al Trentino-Alto Adige. La Provincia autonoma Bolzano con 426,8 posti letto ogni 100.000 abitanti, si distingue per un’elevata capacità nei servizi di lungodegenza (7%) e una gestione bilanciata tra acuti (83%) e riabilitazione (9,6%), riflettendo una politica sanitaria attenta e ben organizzata. Trento emerge con 410,4 posti letto ogni 100.000 abitanti, in particolare per l’eccellenza nella lungodegenza, che rappresenta il 9% del totale. Questo dato, insieme a un’ottima dotazione per la riabilitazione (17,7%), pone la provincia autonoma tra le migliori in Italia.
Il Molise, sebbene abbia una popolazione ridotta, eccelle nella riabilitazione, con il dato più alto in Italia (14,9% del totale) e un complessivo di 409,5 posti letto ogni 100.000 abitanti, garantendo un sistema ben attrezzato rispetto alla media nazionale. Le Marche con 407,9 posti letto ogni 100.000 abitanti, dimostrano un sistema sanitario robusto, caratterizzato da una buona capacità di bilanciare acuti (87%) e riabilitazione (7,4%), fornendo un supporto efficace ai pazienti. Il Lazio raggiunge 407,1 posti letto ogni 100.000 abitanti, distinguendosi per l’alta percentuale destinata alla riabilitazione (13%) e una distribuzione equilibrata degli acuti (84%), rendendo il sistema tra i migliori in termini di efficienza e offerta sanitaria.

UNA DISPARITA’ DATA DALLA CAPACITA’ ORGANIZZATIVA E DALLE DIFFERENZE DI INVESTIMENTO

“Questi numeri evidenziano una disparità strutturale che riflette non solo la capacità organizzativa delle singole regioni, ma anche le differenze di investimento e pianificazione sanitaria, lasciando aperti interrogativi sulla necessità di politiche di riequilibrio per garantire livelli di assistenza omogenei su tutto il territorio nazionale” commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Massarenti.

Per quanto riguarda i posti letto per acuti, che costituiscono la componente dominante in quasi tutte le regioni, il Centro Studi Unimpresa rileva che il Friuli-Venezia Giulia e la Sardegna registrano la percentuale più alta (93%), seguiti dal Veneto (87%) e dalla Puglia (88%). Questi dati indicano una chiara priorità regionale verso le cure ospedaliere ad alta intensità. Tuttavia, il numero assoluto di posti letto per acuti è particolarmente basso in regioni come la Campania (295,2, pari all’87% del totale) e la Calabria (257,4, pari al 72% del totale), riflettendo non solo una carenza generale di risorse ma anche una possibile saturazione delle strutture sanitarie locali.
Le differenze rispetto alla media nazionale evidenziano uno squilibrio territoriale radicato. Regioni settentrionali come il Piemonte (+61,52), la Valle d’Aosta (+48,28) e la Lombardia (+45,26) si distinguono per una dotazione complessiva superiore, mentre regioni meridionali come la Calabria (-74,71), la Campania (-36,86) e la Basilicata (-40,42) evidenziano un gap sostanziale, che impatta direttamente sulla capacità di offrire assistenza adeguata ai cittadini.

IL DATO A LIVELLO EUROPEO

Ma, in linee generali, c’è un altro dato che fa riflettere a livello europeo. La media italiana è di 314 posti letto di degenza ordinaria per 100mila abitanti rispetto alla media europea di 550 e di 8-10 posti letto di terapia intensiva per 100mila abitanti rispetto ai 30 della Germania e a più di 20 della Francia. Nel nostro Paese in soli due anni, dal 2020 al 2022, sono stati tagliati 32.500 posti letto.
In tutto, da anni, mancano almeno 100mila posti letto di degenza ordinaria e 12mila di terapia intensiva. Fra il 2019 e 2022, inoltre, oltre 11.000 medici hanno lasciato le strutture pubbliche. Inoltre entro il prossimo anno andranno in pensione 29.000 camici bianchi e 21mila infermieri, senza un sufficiente inserimento di nuovi professionisti, e sempre più giovani, formati a spese dello Stato (circa 150mila euro ognuno) vanno all’estero, dove ricevono stipendi anche tre volte superiori. Diminuisce anche il numero dei nosocomi: in 10 anni ne sono stati chiusi il 9%. Nel 2012 erano 1.091, nel 2022 sono calati fino a 996, con una riduzione più consistente per quelli pubblici (67 in meno, da 578 a 511). E le risorse sono sempre meno: nel 2024, il finanziamento del Fondo sanitario è aumentato in termini assoluti rispetto al 2021 ma è diminuito rispetto al Pil ed è fortemente eroso dall’inflazione.

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