La Roma di Gasperini prima in classifica alla sosta: perché non pronunciare la parola scudetto

È prima in classifica (a pari merito col Napoli), ma gioca malissimo. Ha vinto cinque partite su sei, meritandone sì e no un paio. Ha subito appena due gol da inizio campionato, che avrebbero potuto essere tranquillamente il doppio, o il triplo. Perché la Roma di Gasperini non dovrebbe pronunciare la parola scudetto.

È una domanda e anche un po’ un’affermazione. Il campionato arriva alla seconda sosta per le nazionali con le gerarchie già abbastanza delineate: davanti ci sono tutte le favorite, senza grossi distacchi e nemmeno sorprese. La principale probabilmente è proprio la presenza, insieme a Napoli, Milan, Inter e Juve, anche dei giallorossi. Si dice sempre che la classifica non mente, chissà se è vero anche stavolta.

Della Roma fino qui ha impressionato la solidità, ma ad essere onesti anche la buona sorte. A Firenze ha vinto pur subendo tanto all’inizio e alla fine, graziata da due traverse clamorose. Come nel derby, portato a casa con un solo tiro in porta. Svilar, che ormai è diventato il portiere più forte della Serie A, è stato quasi sempre il migliore in campo, anche contro Pisa e Verona. Più che una squadra di Gasperini – di cui ancora non si vedono tanto, né l’aggressione uomo su uomo a tutto campo, né la straordinaria prolificità offensiva –, sembra sempre quella di Ranieri, bruttina, pragmatica e fortunata (ma non dimentichiamo che l’anno scorso era arrivata a un passo dalla qualificazione in Champions con una striscia impressionante di risultati positivi, la cui onda lunga non sembra essersi esaurita).

I limiti sembrano comunque superiori alle potenzialità. In estate non è stato fatto il mercato necessario per supportare non tanto le ambizioni, ma soprattutto la rivoluzione di Gasperini, che è costretto ad arrangiarsi con giocatori non proprio adatti al suo calcio. Manca un centravanti degno di questo nome (sia Ferguson che Dobvyk stentano e il dualismo non sembra aiutarli), non è mai arrivato il trequartista di sinistra, un’alternativa credibile a Dybala che continua a saltare più partite di quante ne giochi. Anche numericamente non ha una rosa profonda, e a differenza del Milan ha pure le coppe, con l’Europa League che rappresenta un obiettivo molto concreto (vista la mediocrità del tabellone, dove la Roma è probabilmente la favorita numero uno) e quindi presumibilmente la impegnerà fino in fondo.

Al di là di ciò che dice una classifica dopo sole sei giornate, pensare che questa squadra possa vincere il campionato è un’opinione abbastanza sciocca in questo momento: qualsiasi tifoso romanista, anche il più romantico degli abbonati in Curva Sud, direbbe il contrario. Poi però c’è l’altro lato della medaglia. Il fatto che tanti risultati consecutivi raramente sono un caso. Che le stagioni giuste si vedono subito proprio da questi dettagli, e i campionati si vincono anche con le partite sporche. E, soprattutto, che se oggi la Roma è prima giocando male un calcio che non è ancora il suo, chissà dove potrà arrivare quando attecchiranno i principi di Gasperini, magari da gennaio in poi, mesi in cui le sue squadre storicamente cominciano a volare. Specie in una Serie A così incerta, dove la grande favorita, il Napoli, sta iniziando a capire cosa vuol dire il doppio impegno in Champions League, e per motivi diversi non sembra esserci una squadra in grado di ammazzare il campionato.

Il giudizio è sospeso. Oggi semplicemente è troppo presto per parlare di scudetto: vale un po’ per tutti ma soprattutto per chi sulla carta è meno attrezzato degli altri. Alla ripresa del campionato, dopo Roma-Inter – il primo scontro diretto per Gasperini (che con i nerazzurri ha un record terribile), il primo vero banco di prova per questa squadra – capiremo se sarà ancora così.

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Il Fatto Quotidiano

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