La riconversione dell’occidente senza fede può partire dall’Asia

  • Postato il 6 maggio 2025
  • Di Il Foglio
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La riconversione dell’occidente senza fede può partire dall’Asia

"Pagani” mi disse un missionario cattolico in una remota valle del Sudest asiatico dove la maggioranza della popolazione venera gli Spiriti. In un villaggio sperduto della provincia cinese del Qinghai un sacerdote mi chiese, in un improbabile latino, di spiegargli il mistero della trinità. In Asia è sin troppo facile confondersi tra Dio e Spiriti. Ma poi incontri qualcuno come il cardinale Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun, primo porporato di un paese, il Laos, dove i cattolici sono 45 mila, circa lo 0,65 per cento dei 7 milioni di abitanti. Dove la maggioranza, qualunque fede professi, crede nei phii, gli spiriti, mentre il cristianesimo è considerato una “religione straniera”. Secondo Mangkhanekhoun è in piccole chiese come quella lao che si può ritrovare la memoria di Gesù. “Nei paesi cattolici è tutto talmente facile che hanno dimenticato la fede: mi basto e non ho bisogno di nulla, né Dio né diavolo. Bisogna riconvertirli”, ha detto l’allora neocardinale in un’intervista rilasciata al Foglio nel 2017. “In oriente, invece, permane la fede. Loro credono già. Bisogna solo sostituire gli altri con l’Uno. “Perché farlo?”, è la domanda spontanea. “Perché camminare scalzi quando si può farlo con le scarpe?”, rispondo. In questo modo il cardinale dà una spiegazione tanto semplice quanto efficace di quella che è stata definita “la Geopolitica delle religioni”. 


Alla vigilia del Conclave, i cardinali asiatici rappresentano il gruppo più numeroso dopo gli europei (37 cardinali di cui 27 elettori, tra i quali non figura l’amabile cardinale lao, per aver superato i limiti d’età) e definiscono così una presenza territoriale e politica che è riuscita a diffondersi e inserirsi nella molteplicità di culture del più vasto dei continenti, corrispondente a quasi un terzo delle terre emerse, abitato da circa tre quinti della popolazione mondiale. L’Asia è stata la culla delle tre religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo, islamismo), Gesù stesso era asiatico, come i dodici apostoli. E’ in Asia, nella sua parte mediorientale, in quella centrale sino all’Asia del sud (in particolare nello Sri Lanka), al Sudest asiatico (soprattutto nelle Filippine), che queste sono in conflitto. L’Asia è anche il centro dell’induismo e delle grandi filosofie religiose, quali il buddismo, il taoismo, il confucianesimo. Ed è, come ha notato il cardinale, un territorio, dove si mantiene forte il culto degli Spiriti, spesso sincretizzandosi ad altri culti più strutturati. In quello che Giovanni Paolo II aveva definito il “continente del Terzo millennio per la Chiesa” la popolazione cattolica ammonta a 124.046.000 fedeli pari al 3,05  per cento della popolazione del continente e circa l’11 per cento della popolazione cattolica globale (circa 1,4 miliardi). Ma le cifre sono un’illusione. Di quei 124 milioni, infatti, 116 sono divisi tra due soli paesi: 93 milioni nelle Filippine e 23 in India. Ma se in India la presenza cattolica appare quasi come una tessera minore in un pantheon dove monoteismo islamico e cristiano si dividono il regno dello spirito con circa 33 milioni di dèi, il cattolicesimo è un elemento costitutivo della cultura e della politica nazionale delle Filippine, un paese che per storia e tradizioni è il meno asiatico dell’area e può essere assimilato alle nazioni dell’America latina.


Il che spiega perché uno dei papabili asiatici, almeno secondo i conoscitori delle segrete cose, sia il cardinale filippino Luis Antonio Gokim Tagle, 67 anni. Chiamato col vezzeggiativo Chito anche per le sue omelie su Facebook, è noto come il “Francesco asiatico” per la sua sensibilità verso i poveri, la sua azione contro il cambiamento climatico e la sua critica alla posizione “dura” nei confronti di gay, divorziati e madri non sposate. Nonostante questa fama, però, l’approccio del cardinale Tagle è stato tutt’altro che radicale ed è stato criticato per non aver parlato abbastanza degli abusi sessuali dei sacerdoti e della brutale guerra alla droga condotta dall’ex presidente Rodrigo Duterte, durante la quale decine di migliaia di persone sono state giustiziate sommariamente e per la quale lo stesso presidente è oggi processato dalla Corte penale internazionale con l’accusa di crimini contro l’umanità. Tagle, inoltre, ha difeso con fermezza le posizioni più conservatrici della chiesa come l’opposizione agli sforzi del governo per fornire l’accesso ai contraccettivi, alimentando una delle cause maggiori di povertà nel paese.


L’altro papabile asiatico è il cardinale singalese Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, 78 anni, molti dei quali trascorsi nei corridoi del Vaticano. A differenza delle Filippine, il suo paese, lo Sri Lanka è uno dei centri della cultura asiatica, ed è stato il centro degli studi buddisti sin dal terzo secolo prima dell’èra comune, ma il cardinale, uomo di profonda cultura, incarna la tradizione dottrinaria della Chiesa cattolica, tanto da essere profilato come “ratzingeriano”. Nel 1994, da giovane vescovo, Ranjith guidò una commissione che denunciò il lavoro del teologo singalese Tissa Balasuriya, accusandolo di aver messo in dubbio il peccato originale e la divinità di Cristo e di aver sostenuto l’ordinazione femminile. Fu allora che entrò in contatto col cardinale Joseph Ratzinger, che appoggiò la sua posizione. Anche la sua condivisione di alcuni valori dei movimenti antiglobalisti può essere interpretata nell’ottica conservatrice. Durante un incontro con il clero nell’ottobre 2012, ha affermato che lo Sri Lanka non dovrebbe sacrificare i suoi standard morali in cambio di aiuti esteri allo sviluppo. “Non vogliamo matrimoni gay e quartieri a luci rosse qui, e possiamo anche fare a meno di uno sviluppo ottenuto dopo aver compromesso l’ambiente”, ha detto. Ancor più rigoroso il cardinale si è dimostrato nei confronti degli autori degli attentatori islamisti che nella giornata di Pasqua del 2019 attaccarono chiese cattoliche e alberghi dello Sri Lanka provocando 250 morti. Ranjith chiese che venissero puniti “senza pietà, perché solo gli animali possono comportarsi in questo modo”. 

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Autore
Il Foglio

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