La questione palestinese nel Regno Unito: narrazione controversa, accuse di terrorismo e mal di pancia dei Labour

  • Postato il 4 luglio 2025
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Negli ultimi anni, il movimento pro-Palestina nel Regno Unito ha guadagnato crescente visibilità, ma si è scontrato con una repressione mirata da parte delle autorità e una narrazione mediatica controversa, in particolare da parte della BBC. Palestine Action, fondata nel 2020 da Huda Ammori e Richard Barnard, utilizza azioni dirette non violente per protestare contro il sostegno militare britannico a Israele, in particolare attraverso aziende come Elbit Systems, accusata di complicità nei crimini di guerra. Tra le azioni più significative: nel 2021, l’occupazione di una fabbrica Elbit a Leicester, con gli attivisti assolti grazie alla difesa di “necessità” ai sensi del Criminal Damage Act 1971; nel 2022, un attacco a Thales a Glasgow con danni per oltre un milione di sterline; nel 2023, la pubblicazione di “The Underground Manual”, che invita a creare cellule autonome per azioni dirette. Il 20 giugno 2025, due attivisti si introducono nella base RAF di Brize Norton, vandalizzando aerei militari, un atto considerato dal governo un attacco alla sicurezza nazionale (e una enorme ragione di imbarazzo, vista la facilità con cui gli attivisti disarmati hanno scorrazzato in scooter elettrico per la base, diffondendo il video).

Il 2 luglio 2025, il governo laburista di Keir Starmer, (che da avvocato dei diritti Umani nel 2003 aveva difeso un attivista responsabile di un’azione simile per protesta contro la guerra in Iraq), proscrive Palestine Action come organizzazione terroristica ai sensi del Terrorism Act 2000, equiparandola a gruppi neonazisti come Maniacs Murder Cult e Russian Imperial Movement. Approvata dalla Camera dei Comuni (385 voti a favore, 26 contrari) e dalla Camera dei Lord, la misura rende illegale l’appartenenza o qualsiasi forma di supporto al gruppo, con pene fino a 14 anni. La proscrizione, effettiva dal 5 luglio 2025 salvo l’esito del ricorso all’Alta Corte di Londra, è stata giustificata dalla ministra degli Interni Yvette Cooper per i danni alla proprietà, anche se gli aerei sono stati solo dipinti con vernice Rossa e non ci sono stati danni alla loro operatività.

Jonathan Hall, consulente sulle leggi antiterrorismo, ha definito la proscrizione un caso unico, basato su danni materiali senza violenza diretta contro persone. Amnesty International UK, Liberty e ARTICLE 19 hanno criticato la misura come un abuso di potere. Zarah Sultana, ex parlamentare laburista di Coventry South nota per il suo attivismo per i diritti umani e la Palestina, insieme a figure come Brian Eno, ha firmato una lettera aperta contro la proscrizione, definendola un tentativo di criminalizzare il dissenso. E proprio ieri Sultana ha annunciato di aver lasciato il partito per passare alla coodirezione, con Corbyn, di una nuova formazione di sinistra: le ragioni del dissenso sono ampie, ma la questione palestinese sembra essere fra queste.

Più in generale, la questione palestinese spacca da anni il Partito Laburista. Durante l’era di Jeremy Corbyn, il partito sosteneva il riconoscimento dello Stato palestinese. Sotto Keir Starmer, la linea è tornata filoisraeliana, in aperta rottura con la corrente più di sinistra. Alla Conferenza Laburista del 2024, la leadership ha vietato termini come “genocidio” in eventi del Palestine Solidarity Campaign, e represso le proteste interne. La gestione del dossier ha portato a dimissioni di consiglieri locali e perdite di seggi in aree con comunità musulmane. Le proteste pro-Palestina nel Regno Unito si svolgono regolarmente con migliaia di partecipanti e sono generalmente pacifiche. Ma la protesta del 23 giugno 2025 a Trafalgar Square contro la proscrizione di Palestine Action ha subito una repressione significativa. La polizia ha imposto un’esclusione dalla zona di Westminster, costringendo gli organizzatori a spostare l’evento. 13 dei circa 500 manifestanti sono stati arrestati per aggressione a pubblici ufficiali.

Il festival di Glastonbury 2025 ha riacceso la polemica. Kneecap, trio hip-hop nordirlandese, era sotto scrutinio per accuse contro Liam Óg Ó hAnnaidh, che in una occasione precedente avrebbe inneggiato a Hamas e Hezbollah, nega di averlo fatto ma è sotto processo per questo. A Glastonbury, dove era previsto l’oscuramento della diretta durante la loro esibizione, il cantante Mo Chara ha indossato una kefiah e un altro membro una maglietta con la scritta “We are all Palestine Action”. La cantautrice Nadine Shah ha letto una lettera aperta degli artisti per la Palestina in sostegno a Palestine Action.

Il testimone della contestazione, a sorpresa, è passato al duo punk-rap Bob Vylan, che ha guidato il pubblico in cori di “Morte alle IDF” e “From the river to the sea”. La reazione è stata immediata: cancellazione dei loro tour in UK, Francia e USA, dove il Dipartimento di Stato ha revocato il loro visto. La polizia di Avon e Somersetha aperto un’indagine per reati di ordine pubblico. Anche la BBC è stata accusata di parzialità per la copertura molto cauta dei presunti crimini di guerra israeliani a Gaza, che, come tutta la stampa internazionale, non ha ottenuto il permesso da Israele di documentare sul campo.

Ci sono poi stati episodi specifici: la mancata trasmissione di Gaza: Doctors Under Attack, documentario commissionato ma non mandato e in onda e poi trasmesso da Channel 4; e la decisione di oscurare l’esibizione live dei Kneecap a Glastonsbury, proponenendo una versione ‘ripulita’ su iPlayer. La trasmissione in diretta di Bob Vylan ha provocato una crisi, con la BBC che si è scusata per i cori “antisemiti”. Robbie Gibb, membro del Consiglio di Amministrazione dell’emittente pubblica, ex consigliere di Theresa May e co-proprietario della pubblicazione pro-israeliana Jewish Chronicle, è inoltre accusato di influenzare la linea editoriale, anche se non sono emerse prove di un suo intervento diretto sui palinsesti. Il malumore nei ranghi della TV pubblica serpeggia: la reporter Karishma Patel ha lasciato la BBC proprio per la sua “timidezza editoriale” su Gaza.

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