La promessa di vivere cent’anni. Lettera da un sospetto

  • Postato il 16 ottobre 2024
  • Di Il Foglio
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La promessa di vivere cent’anni. Lettera da un sospetto

Sjogren, Costen, Acos. Cerco di ricordare tutte le sindromi che mi sono state in questi ultimi anni ipotizzate. Poi Horton, autoimmune. Cortisone, e farmaci d’avanguardia, biologici. Credevo che i farmaci biologici fossero gentili tisane. Invece, che botta. Ho smesso: curavano il male ma asfaltavano me.

 
Tutto ciò è accaduto, singolarmente, dopo i 60. Me la cavavo bene. Di colpo, Caporetto. Dolori acuti alle ossa, ogni tanto un ginocchio cede, bruciano gli occhi a leggere. Un sospetto: che tutte queste sindromi siano vecchiaia?  

  
Quand’ero bambina l’anziana padrona di casa, in montagna, sapeva sempre quando veniva a piovere. Aveva il viso spaccato dalle rughe e portava ancora le gonne lunghe. Sei figli, tra nati vivi e morti. Una roccia. Giuditta prevedeva infallibilmente se si metteva al brutto. Io, cinque anni, credevo fosse una strega. 


Che fossero invece questi dolori, come acido nelle ossa? Quando cambiava il tempo, come accade a me ora. Oppure, sono una strega anch’io. 


Comunque, bombe di cortisone. Quindi, miosite da cortisone: così che, debolissima, cadevo per le scale. Giuditta, non prendeva farmaci. Trovava naturale qualche acciacco. 

 
Noi baby boomer, giovani coatti. Lasciare crescere i capelli bianchi proietta nella Terza Età: nell’immaginario generazionale una faccenda di dentiere e ausili ortopedici, mentre la demenza ti cala addosso come il buio, la sera.


Intollerabile. Indicibile. Perciò, di colpo quel groviglio di sindromi. Sei un caso da manuale universitario, o sei solo vecchio? Hai proprio quello che accadeva ai vecchi, una volta.  

 
Ma non si può dirlo. Ci promettono, anzi, di vivere cent’anni – nel Primo Mondo, purché provvisti di adeguata assicurazione.


Cent’anni? Per me – ora che sto meglio – una minaccia. Sopravvivere agli amici, magari perfino ai figli: cent’anni di solitudine, in una bella casa di riposo.

 
O forse, poi, mi dico, mi preoccupo per niente. È subentrata, imprevista, una Variabile. Le nostre sindromi, risolte in un niente. Appena un ok, un tasto, là a Kaliningrad.
 

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Autore
Il Foglio

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