La procura di Roma boccia il ddl Zanettin sugli smartphone: “Dovrà essere il pm a motivare le ragioni del sequestro”
- Postato il 10 giugno 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Ma serve davvero una legge sugli smartphone? Come quella proposta dal senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin duramente contrastata dal procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Gianni Melillo? La procura di Roma, con sei pagine battezzate “Linee guida in materia di sequestri di telefoni e altri strumenti informatici”, ieri ha dato e diffuso tra i magistrati dell’ufficio la sua risposta. No, non è necessaria una legge scritta apposta sugli smartphone. Adeguandosi alle numerose sentenze della Cassazione è sufficiente che il pm motivi con maggiore ampiezza le ragioni del sequestro indicando quale materiale dovrà effettivamente essere sequestrato nello smartphone in stretta relazione con l’indagine.
Firmate dal capo della procura di Roma Francesco Lo Voi, frutto dell’approfondimento dell’ufficio studi della procura medesima, le linee guida, come vedremo, smontano le ragioni stesse della legge Zanettin che innesca una procedura lunga e farraginosa. In sole sei pagine, che citano con ampiezza le recenti sentenze garantiste della Cassazione, arrivando all’ultima, quella dell’anno scorso sul caso Open, quando la procura di Firenze sequestrò i cellulari utilizzandoli poi contro Matteo Renzi, ma senza chiedere una preventiva autorizzazione del Senato, e tutto finì alla Corte Costituzionale su richiesta di palazzo Madama, Roma motiva le sue ragioni. Eccole una di seguito all’altra.
A pubblicare il documento stamattina è Sistema penale, la rivista giuridica diretta da Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale all’università Statale di Milano, che chiosa il testo così: “L’incertezza interpretativa porta la procura di Roma, in particolare, ad aderire a un orientamento che esclude la necessità di una preventiva autorizzazione del giudice per l’acquisizione del contenuto di telefoni e dispositivi informatici. La procura, così, si discosta da un diverso orientamento sostenuto dalla Sesta Sezione della Cassazione, richiamato nelle linee guida. Resta fermo un particolare onere di motivazione del provvedimento del pm, anche per giustificare la proporzione della misura adottata”.
Ma leggiamo le stesse Linee guida: “Si ritiene, allo stato, di dover aderire all’orientamento di legittimità secondo cui il provvedimento di sequestro di dispositivi informatici e la relativa analisi possono essere disposti dal pubblico ministero senza una preventiva autorizzazione del giudice”. È ben chiaro, dunque, quale sia l’orientamento della procura. Che spiega così le sue ragioni. Che fanno capo tutte allo stesso pm. “Nei casi in cui il pm disponga il sequestro di un dispositivo elettronico, ovvero una perquisizione finalizzata al sequestro di dispositivi elettronici, nel decreto dovrà indicare sempre con adeguata motivazione quali siano le cose da ricercare all’interno dei dispositivi informatici, quale sia il nesso di pertinenza tra le cose da ricercare e i fatti oggetto di indagine, indicando altresì i criteri da utilizzare per la ricerca del materiale rilevante, al fine di assicurare adeguatezza e proporzionalità del provvedimento”.
È dunque lapidaria la ragione che spinge Roma a semplificare la procedura di sequestro e di verifica dello smartphone. Messa in capo allo stesso pm essa accelera enormemente il lavoro delle indagini che invece verrebbero rallentate dalla richiesta al gip e dal confronto soprattutto con gli avvocati del titolare del telefono sequestrato. Ovviamente Roma ci tieni a precisare che “l’ampiezza dei criteri e delle modalità di ricerca dipenderà dal tipo di reato e dalla direzione delle indagini”. Roma fa anche un esempio: “In un’indagine per stalking assumono precipuo rilievo i messaggi inviati dall’indagato alla persona offesa, mentre in un’indagine per omicidio volontario, per il quale siano ignoti gli autori e il movente, l’analisi degli apparati telefonici in uso alla vittima, non potrà che essere ad amplissimo raggio”. Roma si preoccupa anche dell’eventuale “terzo estraneo al reato”, dove “la limitazione della sfera della riservatezza deve sottrarsi a limiti di continenza e proporzionalità ancora maggiori”.
Nei casi urgenti di arresto o fermo della polizia giudiziaria, comunque ci sarà l’obbligo di contattare il pm “per l’adozione di un provvedimento motivato di sequestro”. Inoltre la procura stabilisce che “si dovrà sempre procedere a estrarre copia forense dei dispositivi in sede di esecuzione del sequestro o della perquisizione”. E qualora la procura non abbia i mezzi necessari, dovrà nominare come ausiliario di polizia giudiziaria uno o più tecnici informatici che procedano all’estrazione della copia”. E come peraltro è previsto dal ddl Zanettin “nei casi in cui l’attività risulti particolarmente complessa si potrà procedere all’estrazione della copia nei giorni immediatamente successivi e sempre nel contraddittorio con la persona oggetto del sequestro”. Ovviamente l’originale verrà restituito al suo legittimo proprietario mentre non si potrà procedere a restituirlo, qualora nel telefono sia contenuto materiale di cui è vietata la detenzione, ovvero rappresenti un corpo di reato, come nel caso delle indagini per materiale pedopornografico. Fatta una copia del cellulare, lo stesso verrà restituito al diretto interessato.
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