La “premeditazione” di De Maria: il ticket per Duomo preso dopo le coltellate al collega. “Chamila mi vuole lasciare”

  • Postato il 13 maggio 2025
  • Cronaca Nera
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Aveva acquistato il biglietto per accedere al Duomo appena qualche ora dopo l’accoltellamento del collega egiziano, Emanuele De Maria il detenuto di Bollate morto suicida domenica 11 maggio dopo essersi lanciato nel vuoto, da un’altezza di 40 metri, dal monumento storico milanese. Il 35enne era stato in piazza Duomo quel sabato 10 maggio acquistando alle ore 12.30 (sei ore dopo l’aggressione al collega dell’hotel Berna) un ingresso programmato per il giorno dopo. Forse non era possibile effettuare una visita al Duomo quello stesso sabato, ciò non toglie che, per gli inquirenti, il biglietto per domenica potrebbe essere l’indizio che De Maria avesse “pianificato” il suo suicidio.

Non solo: le indagini della Squadra mobile e del Nucleo investigativo dei Carabinieri, coordinati dal pm Francesco De Tommasi, non escludono che domenica mattina De Maria sia tornato al Parco Nord dove due giorni prima aveva ucciso la 50enne cingalese Chamila Wijesuriyauna nascondendone il corpo tra le sterpaglie. Ricostruzione che resta però solo ipotesi, non essendoci al momento immagini di videosorveglianza a conferma. Nelle ultime telefonate, fatte con il cellulare della donna, il 35enne ha detto anche: “Chamila mi vuole lasciare”. Ma la donna era già cadavere tra le sterpaglie del Parco nord.

Nascosto tra la folla – Il caso ha sollevato molti interrogativi, a partire dalla pubblica opinione che si è interrogata su come abbia potuto De Maria, un ricercato per evasione e aggressione al collega, salire indisturbato sul Duomo eludendo i servizi di security mentre il suo volto era su tutti i giornali e i tg. Paolo Uniti, il segretario generale di ConFederSicurezza e Servizi, la federazione che rappresenta il 50% degli istituti di vigilanza e del trasporto valori che operano in Italia, ha parlato così cercando di rispondere all’interrogativo: “Per assurdo è più facile nascondersi in un posto altamente frequentato come il centro di Milano, rispetto che muoversi in periferia”. Il “punto di forza” della fuga di De Maria sarebbe stata quindi l’alta affluenza di gente in piazza Duomo e dentro la cattedrale, che, l’anno scorso, registrava una media di 10mila ingressi al giorno. Un numero potenzialmente più alto se si considera che il giorno del suicidio di De Maria era una domenica pomeriggio.

I controlli – De Maria, munito del ticket per la salita in ascensore, avrebbe quindi raggiunto l’ingresso, superando con facilità i controlli al metal detector affidati all’Axitea, società di sicurezza privata. L’uomo non aveva con sé né lo zaino nero con cui era stato immortalato dalle telecamere di sicurezza venerdì, né la borsa della vittima, quindi non si è dovuto fermare a mostrare il contenuto ai vigilantes. Regolari sono stati anche i controlli al metal detector dato che De Maria aveva già provveduto a sbarazzarsi, in via Napo Torriani, il coltello con cui aveva aggredito il collega e – si presume – ucciso Chamila che aveva tagli alla gola.

“Gli addetti alla sicurezza privati – continua Uniti parlando con l’Adnkronos sull’entrata indisturbata di De Maria nel Duomo – non possono avere le foto dei ricercati. Solo le forze dell’ordine hanno informazioni del genere, solo loro possono verificarle e solo loro possono fermare un sospetto”. Dunque De Maria sarebbe potuto essere fermato solo qualora fosse stato riconosciuto da un passante o da un addetto alla sicurezza, che aveva visto le sue foto in tv o sui giornali. Anche in quel caso, conclude il segretario, l’operatore di sicurezza “avrebbe solo potuto avvisare le forze dell’ordine. Tutto ci si poteva aspettare, fuorché De Maria andasse in piazza Duomo”.

La polemica – Intanto, sul caso, la politica resta spaccata. Da un lato, il ministero della Giustizia, che sta svolgendo verifiche sulle procedure che hanno portato alla concessione del permesso diurno e del lavoro esterno a De Maria – al punto che, riporta il Corriere della Sera, non si esclude l’invio a Milano di ispettori da parte del Guardasigilli Carlo Nordio. Dall’altro il timore che il caso induca il governo a misure più stringenti in materia di carceri, già vessate dal sovraffollamento.

Emanuele De Maria costituiva – almeno fino a venerdì 9 maggio – l’esempio più plastico di buon funzionamento delle politiche educative e di reintegro sociale dei detenuti. Dopo aver scontato cinque dei 14 anni e 3 mesi di pena per l’ultimo femminicidio, De Maria aveva ottenuto dal Tribunale di sorveglianza di Milano di lavorare alla reception dell’hotel, una struttura “particolarmente indicata” vista la conoscenza di cinque lingue del detenuto. Il lavoro, iniziato nel novembre 2023 con un contratto a tempo determinato, si era risolto, poco meno dell’anno successivo, con l’assunzione a tempo indeterminato. Un percorso di “reinserimento sociale” perfetto, documentato regolarmente da educatori e dal datore di lavoro.

Un comportamento talmente “modello” che “nulla potesse lasciare presagire l’imprevedibile e drammatico esito”, come scrivono il presidente della Corte d’appello di Milano Giuseppe Ondei, e la presidente facente funzioni del Tribunale di Sorveglianza di Milano Anna Maria Oddone, in una nota sull’evasione del 35enne.

Poi, con l’omicidio di Chamila, la “trasformazione”: “Si fa fatica a spiegarlo” ha affermato Giuseppe Sala, sindaco di Milano, intervenendo sulla vicenda. “Io credo alla rieducazione, a Expo ho fatto lavorare più di 100 detenuti di Bollate, ma si fa fatica a capire come uno condannato nel 2021 è già in condizioni di nuocere. Ritengo – continua Sala – che i giudici abbiano applicato in maniera corretta le leggi. Questa storia è una scintilla che fa riflettere. A chi va in galera va data anche una chance, non sono persone perse per sempre”. Secondo il Garante dei detenuti di Milano Francesco Maisto, l’omicidio-suicidio avvenuto non indicherebbe “un problema nell’iter di valutazione” ma sarebbe relativo alla “salute mentale” del detenuto.

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