La povertà educativa costa all’Italia 48 miliardi l’anno e oltre 3 milioni di posti di lavoro
- Postato il 8 settembre 2025
- Di Panorama
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La povertà educativa in Italia è una zavorra. Abbandoni scolastici, scarsa diffusione di competenze digitali e un tasso record di Neet costano ogni anno 48 miliardi di euro, il 2% del Pil. A dirlo è lo Studio strategico sulla povertà educativa, presentato da Teha Group con Fondazione Crt al Forum Ambrosetti di Cernobbio. I numeri non lasciano dubbi: oltre 1,3 milioni di minori vivono in povertà assoluta, un giovane su dieci abbandona la scuola e il 15,2% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni è Neet, cioè non studia e non lavora. Colmare questi divari significherebbe generare 3,2 milioni di posti di lavoro, innalzare le competenze digitali e restituire opportunità a due milioni di persone oggi a rischio esclusione sociale.
Povertà educativa in Italia: abbandono scolastico, lacune digitali, divari territoriali e Neet record
Nel 2024 quasi un italiano su quattro (23,1%) risultava a rischio povertà ed esclusione sociale: è il settimo dato più alto d’Europa. Negli ultimi dieci anni i minori in povertà assoluta sono cresciuti del 47%, mentre l’Italia resta in coda in Europa per quota di giovani laureati. E nel Bel Paese il divario territoriale si vede fortemente. Nel Mezzogiorno la situazione è particolarmente grave: Campania, Calabria, Puglia e Sicilia rientrano tra le cinque regioni peggiori dell’intera Ue per rischio di esclusione. Il divario educativo e professionale produce effetti diretti sull’occupazione. Secondo l’analisi, la povertà educativa blocca la creazione di 3,2 milioni di posti di lavoro. L’Italia soffre infatti di un cronico mismatch tra domanda e offerta: mancano all’appello 2,2 milioni di lavoratori con diploma superiore o laurea, mentre il sistema scolastico non riesce a colmare il fabbisogno. Basterebbe formare il 20% della forza lavoro con i livelli più bassi di istruzione per annullare questa lacuna.
Il ritardo è evidente anche sul fronte digitale. Solo il 56% dei giovani under-19 possiede competenze di base contro una media europea del 73%, mentre il 41,5% delle posizioni lavorative oggi richiede competenze avanzate. Una carenza che oggi ostacola la competitività stessa del sistema produttivo italiano.
Combattere la povertà educativa vuol dire sbloccare 48 miliardi di euro e creare 3,2 milioni di posti di lavoro
Il costo della povertà educativa è oggi quantificabile: 48 miliardi di euro l’anno, pari al 2% del Pil. Una cifra che non rappresenta una perdita immateriale, ma una sottrazione diretta di risorse economiche e di crescita potenziale. Secondo i calcoli dello studio, colmare i divari di istruzione e competenze significherebbe non solo generare oltre 3 milioni di posti di lavoro, ma anche ridurre di circa due milioni le persone a rischio esclusione sociale. Gli esperti che hanno presentato la ricerca hanno sottolineato che le nuove tecnologie, dall’intelligenza artificiale all’AI-learning, possono contribuire a colmare i divari, ma serve una strategia nazionale di riforme, governance integrata e strumenti di monitoraggio efficaci. Il messaggio che è arrivato da Cernobbio è chiaro: l’Italia non può più permettersi di considerare la povertà educativa un problema di “welfare”. È una questione economica, che incide sulla capacità del Paese di produrre ricchezza. È questione di competitività e di sostenibilità del sistema-Paese. Contrastarla significa non soltanto garantire diritti, ma costruire crescita.