La pittura su schermo di Alfonso Leto. In mostra a Mantova a Casa del Mantegna
- Postato il 3 ottobre 2025
- Arti Visive
- Di Artribune
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Ragionare (per lui dipingere) intorno alle scatole magiche che accompagnano il nostro quotidiano per Alfonso Leto (Santo Stefano Quisquina, 1956) non è una novità. Gli screen che ci avvolgono sono la base di appoggio della parte più consistente della sua ultima esposizione Screen Pittura continua alla Casa del Mantegna a Mantova. Per questo televisori, computer, tablet, cellulari, fotocopiatrici persino pannelli solari sono presenti ovunque. Non per la prima volta. Avevano già fatto da supporto ai suoi tubetti di vernice nel 1999 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma, presentati sia accesi che spenti: si era trattato di una risposta alla chiamata di Achille Bonito Oliva per la collettiva Electronic Cafè. Sin da allora Leto non celava i suoi primi riferimenti: lo Schermo (1957), acquarello su generis di Fabio Mauri, le installazioni per le quali è divenuto celebre Nam June Paik, ma soprattutto le emulsioni dei Paesaggi tv di Mario Schifano.
Gli schermi di Alfonso Leto in mostra alla Casa del Mantegna
Il 1999 è per altro una data simbolica, quella del Millennium Bug, l’errore di programmazione che, al passaggio di millennio, ha provocato il blocco dei sistemi informatici meno evoluti. Il termine bug, “baco, bruco”, nel gergo informatico indica un punto debole di un programma. È a questo che pensa Leto quando in Marsupiale, oltre vent’anni dopo, disegna sagome nere di insetti che assediano schede video percorse dalle inflorescenze astratte spremute dai suoi tubi di colore? Di certo sappiamo solo che è dopo l’esperienza della pandemia (quando tutti siamo rimasti inchiodati davanti agli schermi come mai in precedenza), che per Leto arriva lo scarto, lo strappo definitivo. Di fronte al loro crescendo Leto non li ha spenti, azzittiti, strappandoli alla loro funzione “pastorale”: li ha aggrediti e con una tecnica riottosa ha ingaggiato un corpo a corpo tanto egotico quanto spettacolare con l’intento di stimolarne una ribellione collettiva. Spalmata sulle loro superfici la sua pittura accende ora davanti agli occhi di chi guarda un meccanismo fantasmatico che si nutre di ironia. Acer, Apple, Lg, Philips, Salora, Samsung, Shaub Lorenz, Telefunken nell’allestimento della Casa del Mantegna stanno ora allineati: erano un tempo i superbi messaggeri dell’invio analogico come di quello digitale, fautori del nostro crescente scontento. Ora le loro carcasse recuperate da centri di raccolta per lo smaltimento di rifiuti elettronici, sono ancora riconoscibili, ornate da nomi propri che nessuno si è preso la briga di rimuovere.
Alfonso Leto, un cittadino-artista
Non ci troviamo tuttavia al cospetto di una mostra ambientale. Screen. Pittura continua è una mostra sul gesto del dipingere voluta da un artista che non ha mai disgiunto la sua biografia dalla sua professione. Leto vive in un contesto geografico per molti versi “separato” come Santo Stefano di Quisquina. Si tratta di un comune posto al centro della Sicilia dove una comunità estremamente combattiva (meno di 4mila individui) custodisce tra l’altro una fonte d’acqua che ha più volte difeso dall’assalto delle multinazionali del food. È un’area conservata come poche ne esistono ancora su quest’isola. All’interno di questa comunità che non caparbiamente rifiuta le logiche di sfruttamento privato del suolo di beni comuni, Leto è riconosciuto come combattivo “cittadino-artista” che non ha mai accettato i compromessi che governano il sistema italiano dell’arte. Paga di persona questa sua scelta ma è tutto sommato un artista fortunato: viene da un luogo “silenzioso” ma proprio per questo sente forte il rumore del mondo nelle orecchie.








Alfonso Leto e il confronto con la tradizione
Sono in tutto una sessantina i lavori che da qui hanno raggiunto la Casa del Mantegna grazie al sostegno della Fondazione Orestiadi di Gibellina con cui l’artista intrattiene rapporti decennali. Leto li ha voluti esporre qui perché subisce il fascino della grande tradizione rinascimentale di cui vorrebbe esserne un “conservatore”, che utilizza però mezzi e pensieri nuovi. Esporre nello spazio donato dai Gonzaga a Mantegna per farne casa e studio, spalancarne il portone e trovarsi di fronte alle vestigia della di San Sebastiano progettata da Leon Battista Alberti non è per lui senza significato. Leto è un artista colto che apprezza il valore della storia, vive però nel presente e col presente è sempre stato pronto ad ingaggiare un dialogo non necessariamente soffice. Screen. Pittura continua si apre infatti con un lavoro che vede ritratti Andrea Mantegna e la sua prima moglie Nicolosia Bellini in una doppia versione realizzata su supporti estratti da schermi televisivi a simbolizzare la connessione mai interrotta per lui tra passato e presente. Ma non è questo il solo modo con cui l’artista si confronta con le infinite evoluzioni della tradizione.
Il gesto e la pittura. La scherma nell’opera di Alfonso Leto
Tra i nuclei tematici della mostra ce n’è un altro che connota il lavoro di questo artista in maniera intrigante: è quello dedicato alla scherma. Si tratta di un dipinto su schermo da titolo Fioretto e di dieci piccole tavole di ardesia fronte/retro battezzate Mosse di fioretto. Il primo mostra schermidori che si affrontano in gesta plastiche circondati da una pittura floreale che crea un meccanismo di sdoppiamento. A prima vista si tratta di opere incongrue (forse vittima di un qualche barocchismo?) gentili, persino leziose, ma si tratta di un inganno voluto. Dice di sé l’artista. “Non ritengo di essere un virtuoso della pittura – un vizioso semmai – e ciò mi salva da molti pericoli (…) pur essendo tecnicamente capace quando arrivo vicino alla leziosità del virtuosismo mi sottraggo. L’opera è per me un campo di forze che accende [in chi lo guarda] situazioni e genera scintille”. Nelle tavole di ardesia sul fronte ogni decoro svanisce; restano però le tracce delle azioni pungenti degli schermidori sul retro, graffi che sono il prodotto di un gesto identico a quello del pennello che si posa sul supporto destinato. Artista-schermidore Leto utilizza il suo gesto per esplorare a suo modo la dualità tra figura e astrazione.
Aldo Premoli
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