La piazza piena di vuoto e la “realtà in movimento” che non si vuole vedere

  • Postato il 14 marzo 2025
  • Di Il Foglio
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La piazza piena di vuoto e la “realtà in movimento” che non si vuole vedere

Quella che si ritroverà sabato in piazza del Popolo, a Roma, è l’Italia dei valori (brutta denominazione). Se manifestassero per il riarmo europeo, verrebbe voglia di marciare con loro. Alcuni, pochi, avranno questo retropensiero favorevole alla Difesa europea, quattrini e armi, la maggioranza è composta di valoristi, persone che aderiscono a un appello, stilato dall’intelligente stilista Michele Serra, pieno del vuoto dei valori. In questo vuoto danzano con trasporto e slancio i pacifisti, i monacensi, quelli che il welfare viene prima dell’industria delle armi e l’Ucraina o i prossimi nella lista di Putin vanno bene finché sono valori, ideologismi o caciocavalli appesi, come diceva Benedetto Croce, non vanno bene se sono una resistenza da difendere con la deterrenza, con la tecnologia militare, con l’intelligence, con le garanzie blindate di una dissuasione verso le aggressioni. 

  
Sono manifestanti benintenzionati, quelli di piazza del Popolo, bravissima gente che ha nel cuore il valore evanescente di un’Europa disincarnata e disarmata, un’Europa del cuore e della memoria. Tutti con in tasca il Manifesto di Ventotene, illustre e venerabile anticaglia, lontana come sempre sono i valori ideali dal loro opposto che è il concetto politico, il rispetto della realtà e della ragione. 
          

Ezio Mauro ieri, recensendo un libro di Jean Starobinski su Montesquieu, ha scritto, proprio su Repubblica, organo dei valoristi, un formidabile articolo che è come un contromanifesto, letto il quale uno dovrebbe salire sul palco della piazza per dire “viva Ursula von der Leyen” e il suo piano ReArm Europe, viva l’Europa istituzione che decide, che si scuote dal sonno servile dei valori vacui e prende le misure di una storia che cambia sotto i suoi occhi, cosa che sarà invece interdetta per evitare appunto che una presa razionale sulla realtà che viviamo, un concetto politico e storico, cancelli le deliranti visioni valoriali verso cui sarà chiamato il plauso confortante della folla. Forse con la cultura non si mangia e non si condisce nemmeno l’insalata dei valori, ma si può cercare di pensare la conoscenza, la verità, con qualche risultato probabile che sfuggirebbe alle comodità intellettuali dell’idealismo. Nella sua lettura di Starobinski, interprete del colossale filosofo politico dell’Illuminismo, Mauro vede “con un’evidenza vivida, quasi fisica, tutta l’azione della storia che modifica gli esiti mentre si compie, cambia la fase, conclude un’esperienza, autorizza una speranza, chiede alle idee di non chiudersi nel dogma ma di tararsi sulla nuova realtà in movimento”. Sono le basi del programma politico che nasce dalla necessità di un riarmo intellettuale di fronte alla nuova fase della vita del mondo imposta dalla guerra in Europa e dalla crisi dell’occidente, il contrario delle bellurie valoristiche sbandierate da chi è chiamato a mobilitarsi contro il riarmo europeo e per la generica rievocazione di un’Europa di pace. Tutto è imperniato sul “rapporto tra sicurezza e libertà”, perché “la libertà ha bisogno di organizzazione” e “solo la legge ci libera, e siamo liberi dovunque ci siano delle istituzioni. Anche perché è ben chiaro che la libertà consiste nella sicurezza e non significa ‘fare ciò che si vuole’, in quanto la libertà è ‘il diritto di fare tutto quello che le leggi permettono’”. Concetti solidi, che si compiono nell’affermazione secondo la quale felicità volontà e libertà hanno bisogno di quell’atto “fondamentale dell’agire umano” che è “il conoscere, concatenare le cause, usare l’universalità della ragione”. 
           

Ogni piazza ha anche bisogno di una sua retorica dei valori, ma il tempo che viviamo richiede di ancorare i valori ai concetti politici, di “prendere la misura delle cose” senza accontentarsi dello smisurato fascino delle suggestioni belle e scontate.           
 

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Autore
Il Foglio

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