La nuova guerra fredda parte dai ghiacci: l’Artico mette paura alla Nato
- Postato il 29 ottobre 2025
- Di Panorama
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C’è un aspetto della Difesa Nato del quale si parla poco. Fin dai primi anni della Guerra Fredda i radar di allerta precoce installati in Groenlandia e Islanda sono stati determinanti per garantire la sicurezza del Nord America e dell’Europa occidentale da possibiliattacchi nucleari provenienti dal blocco sovietico e fatti conmissili balistici intercontinentali. Ma anche i radar stessi erano, e ancora oggi sono, possibili bersagli. Così, dopo decenni di aggiornamenti minimi delle postazioni e degli impianti, oggi l’Alleanza Atlantica ha dovuto riconoscere che i radar stessi sarebbero vulnerabili ad attacchi condotti con missili che oggi sono ipersonici, ovvero viaggiano a una velocità di molte volte superiore a quella del suono e, di conseguenza, lasciano poco tempo per reagire. Peggio ancora: le basi statunitensi presenti in Groenlandia oggi non possono né rilevare quei missili, né abbatterli. Lo ha detto Troy Bouffard, direttore del Center for Arctic Security and Resilience dell’Università dell’Alaskaintervistato dalla testata Defense News: “Gli Stati Uniti non hanno oggi un sistema integrato di difesa aerea e missilistica in quell’area; la nuova e futura minaccia dei missili da crociera ipersonici ha cambiato tutto perché il sistema esistente non è in grado di difendersi da essi”. La stessa cosa, ma con infrastrutture europee, riguarda l’Islanda, luogo dal quale i radar possono controllare un’ampia zona dell’Artico. E mentre il Pentagono trasferisce il settore della Groenlandia al Comando Nord degli Stati Uniti, sulla testata Small Wars Journal proprio Troy Bouffarde il suo gruppo di coautori ha pubblicato un articolo sostenendo un sistema di difesa aerea e missilistica completo per la Groenlandia, in particolare per la base militare di Pituffik, dove sarebbero installati sensori missilistici e di difesa spaziale. Sebbene il luogosia sorvegliato da uno squadrone dell’Air Force, questo è più preparato alla difesa terrestre contro incursioni da parte di uncommando piuttosto che a bloccare un’avanzata di missili ipersonici. Pituffik era il villaggio di cacciatori Inuit più a nord della Groenlandia e dal 1951 è conosciuta come “Base aerea di Thule”, la più a nord degli Stati Uniti nonché l’unica sul territorio artico. Ma è anche uno dei luoghi più isolati al mondo: si trova nel nordovest della Groenlandia ed è perennemente immersa dalghiaccio. Resta raggiungibile per via aerea anche quando, per tre mesi l’anno, il sole non sorge mai. Vi sono stanziati circa 150 uomini delle forze aeree e spaziali statunitensi, oltre ad alcuni cittadini danesi e groenlandesi. Ma è anche un luogo d’importanza strategica che dista circa 1.500 chilometri dalla capitale Nuuk. All’interno del sedime c’è il sistema radar di allarme precoce perrilevare missili balistici e ci sono antenne per scandagliare lo spazio alla ricerca di satelliti e detriti. Ora l’idea del Pentagono sarebbe quella di dotare il sito di batterie per la difesa aerea con missili a corto e medio raggio che facciano però parte di un sistema di difesa distribuito nell’Artico nordamericano. Tale progetto potrebbe includere batterie Patriot, sistemi missilistici terra-aria avanzati (Nasams) e sistemi di difesa aerea a corto raggio (Shorad). Ma tutto ciò richiede l’installazione di radar per missili balistici, radar di difesa aerea per minacce a bassa quota e lo schieramento di velivoli per l’allerta precoce, nonché di sistemiradar che arrivino oltre l’orizzonte, proprio come fanno i russi da sempre tra la Siberia e la Kamčatka. La questione è come raggiungere questo obiettivo operativo in un ambiente in cui la temperatura scende fino a quasi 30 gradi sotto zero e doveghiaccio e neve hanno un impatto significativo sulle prestazioni dei radar. La difesa politica della Groenlandia può quindi essere impegnativa quanto il suo territorio e il suo clima. Sebbene geograficamente parte del Nordamerica, la più grande isola del mondo non continentale è un territorio autonomo della Danimarca, il che rende la Groenlandia una questione sia americana sia europea della Nato. Non a caso l’amministrazione Trump ha manifestato interesse per l’acquisto della Groenlandia, un’idea che non ha entusiasmato né i groenlandesi né i danesi.Fino a poco tempo fa il Dipartimento della Difesa assegnava la Groenlandia al Comando Europeo degli Usa, mentre dal giugnoscorso essa è passata sotto il Comando Settentrionale degli Usa, un ulteriore segnale che l’isola è considerata parte integrante della difesa nazionale da parte di Washington. L’attuale Piano di Comando unificato del Pentagono assegna l’Artico nordamericano al Comando settentrionale e l’Artico europeo al Comando europeo, ma sempre di forze americane si tratta. Nel loro trattato, Bouffard e i suoi coautori suggeriscono di passare la Groenlandia al Comando europeo delle forze Usa ma includendo tali territorinei piani di difesa regionale della Nato supportando la deterrenza complessiva. Ma resta inteso che sarà sempre più probabile che a farsi carico di costruire una rete radar di Difesa dovrà essere l’Europa mettendo mano al portafogli.
La posizione italiana sull’Artico
Su questo fronte il generale Luciano Portolano, capo di Stato Maggiore della Difesa, è intervenuto stamani nell’ambito della Prima conferenza nazionale sulla regione artica, dal titolo “Artico: la Difesa e il Sistema Paese nelle nuove sfide della competizione globale”, che si è svolta a Roma presso il Centro Alti Studi della Difesa. Portolano ha presentato un intervento dal titolo “Artico un impegno interforze” durante il quale ha sottolineato che affrontare il tema dell’Artico significa collocarsi in uno spazio geografico e in un ambiente che, sebbene estremo, non è più remoto né marginale. “Negli ultimi decenni” ha detto l’alto ufficiale italiano, “la regione artica sta subendo trasformazioni profonde, riconducibili a due principali tipologie di fattori. Il primo è di natura geofisica ed è legato al riscaldamento globale, il secondo che dal primo in buona parte deriva, è di carattere geopolitico, ossia connesso alla crescente competizione tra attori statuali e non, dell’area. La geografia artica, oggi più accessibile e meno periferica… ma anche particolarmente appetibile e contesa; è divenuta un altro quadrante nel quale si dispiega la competizione tra le potenze, generando ulteriori, potenziali frizioni. A quell’estrema latitudine, la Federazione Russa ha rafforzato la sua presenza militare, consolidando capacità di difesa e deterrenza avanzate. Di fatto, dal 2007, Mosca investe nella militarizzazione di tale area, istituendo bastioni militari lungo la costa settentrionale. Nel frattempo, Stati Uniti, Canada e taluni paesi europeihanno ricalibrato le loro strategie per garantire equilibrio, sicurezza e libertà di navigazione nell’area. Ma attenzione, che libertà di navigazione significa anche capacità di movimento con navi rompighiaccio: e qui i paesi Nato mostrano un ritardo preoccupante – negli assetti disponibili e negli investimenti programmati – rispetto ai loro competitor. Sarebbe, dunque, un grave errore considerare l’Artico come periferia. Viceversa, va concepito quale potenziale crocevia strategico in cui si incontrano – e talvolta si confrontano – le agende di Mosca, Pechino, Washington e delle varie capitali europee. E qui abbiamo una domanda: perché l’Italia, nazione mediterranea, deve guardare all’Artico con crescente attenzione militare e strategica? La risposta è chiara: perché l’Artico sarà verosimilmente uno snodo geopolitico da cui dipenderanno rotte commerciali, equilibri energetici e stabilità climatica, che toccheranno direttamente anche il nostro Paese. E non dovremo farci cogliere impreparati”.