La nave arenata a Marina di Massa lavorava per la diga foranea di Genova. Capitaneria: “Aveva un motore guasto e navigava in deroga”

  • Postato il 30 gennaio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Ha un pedigree quantomeno controverso la Guang Rong, il mercantile che martedì sera, alla fonda di fronte a Marina di Carrara, ha rotto gli ormeggi e perso il controllo, finendo per incagliarsi e arenarsi contro un pontile a Massa. L’equipaggio (quasi tutto di nazionalità ucraina: impiegabile anche se in cabotaggio nazionale perché sotto il limite di viaggi che imporrebbe altrimenti la nazionalità comunitaria) è stato tratto in salvo nelle prime ore dall’incidente e, mentre appare scontata l’apertura di un’inchiesta sulla dinamica e il sequestro della nave, su di essa mentre scriviamo sono in corso accertamenti da parte dell’Autorità marittima per valutare danno (è stata ipotizzata l’apertura di una falla e una conseguente fuoriuscita di carburante) e messa in sicurezza, dello scafo e del carico.

Proprio quest’ultimo merita un approfondimento. Le 9mila tonnellate di pietrisco a bordo, in parte salvatesi, sono destinate al porto di Genova, dove la Guang Rong è ben conosciuta. Da dicembre 2021, infatti, era arrivata nello scalo ligure 226 volte, essendo un’unità impiegata nelle forniture dei due maxiappalti pubblici in corso in porto, entrambi appannaggio della struttura commissariale a tutt’oggi guidata da Marco Bucci, presidente della Regione: la realizzazione del nuovo bacino dello stabilimento Fincantieri e quella della nuova diga foranea. Opere da circa 2 miliardi di euro, completamente finanziati da risorse pubbliche.

In quest’arco di tempo la nave, costruita in Cina nel 2001, è stata ispezionata quattro volte dalla Capitaneria, tre in Toscana e una a Genova. E per tre volte le ispezioni hanno rilevato numerosi problemi di varia natura, anche strutturali e seri, tanto da comportare lunghi periodi di fermo (70 giorni in tutto). “Particolarmente critica”, ricorda Leonardo Deri, Capo Reparto Tecnico-Amministrativo della Capitaneria di porto di Genova, “ci era parsa l’avaria che aveva già da tempo messo fuori uso uno dei due motori. Il registro della nave, però, il Rina (italiano, ndr), che agisce anche da ‘organismo riconosciuto’ da Cipro (rappresenta cioè la bandiera, ndr), aveva rilasciato una notazione che permetteva la navigazione, purché in condizioni meteo ottimali, e l’ha prorogata più volte”.

Rina non ha per il momento risposto alle nostre richieste di chiarimenti, ma va detto che al momento dell’incidente la nave non era in navigazione, ma alla fonda da tre giorni, probabilmente in attesa proprio di una finestra meteo adeguata, anche se andrà accertato il motivo per cui, in vista di un fortunale annunciato, non abbia cercato un riparo più sicuro puntando invece sulla tenuta dell’ancora e su una capacità di manovra minata, come accertato dalle ispezioni.

Alla luce del fatto che si tratta del secondo naufragio (il primo fu rivelato in esclusiva dal Fatto) di imbarcazioni impegnate nei cantieri genovesi, restano tuttavia gli interrogativi sulla sicurezza cui in ambito di appalti pubblici si dovrebbe fare particolare attenzione. A tal proposito vale la pena quindi anche ricordare come molti dei protagonisti della vicenda di appalti pubblici abbiano ricca esperienza.

Se Bucci era il supervisore, ad aggiudicare entrambi i maxiappalti genovesi fu Paolo Emilio Signorini, allora presidente dell’Autorità portuale poi travolto dal Toti-gate. Senza cascami, quest’ultimo aveva già avuto un trascorso giudiziario di rilievo, citato, quale altissimo funzionario ministeriale, nell’inchiesta Mose come beneficiario di un soggiorno di lusso pagato dal Consorzio Venezia Nuova. Di quest’ultimo e dell’inchiesta veneziana era parte pure la Grandi Lavori Fincosit (il vertice Alessandro Mazzi patteggiò due anni), dalle cui ceneri qualche anno fa è rinata Fincosit, primattore di entrambe le cordate aggiudicatarie delle opere genovesi.

Un fil rouge che si ritrova nella Guang Rong. La nave, infatti, appartiene a una società di Chioggia, Sea Commander Srl, che è di sei soci dal medesimo cognome, Boscolo Contadin, tutti, anche, nella compagine proprietaria della concittadina Nuova Coedmar, oggi in concordato preventivo dopo che i suoi patron, Dante e Gianfranco Boscolo Contadin, hanno prima patteggiato l’accusa di false fatture legate al meccanismo di fittizia lievitazione dei costi del Mose e sono poi stati condannati in un filone processuale collaterale per evasione fiscale.

Se si considerano genesi controversa, ritardi, lievitazione di costi e opacità gestionale che hanno fin qui caratterizzato la diga – già oggetto di reprimende Anac e di un’inchiesta della Procura europea in corso –, il revival di quanto accadde a Venezia (dove lo Stato spese quattro volte la cifra preventivata) si fa sempre più concreto al punto che un naufragio senza vittime finisce per apparire un inedito male minore.

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Il Fatto Quotidiano

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