La moda guarda all’Universo. Storia e protagonisti dello space trend
- Postato il 20 aprile 2025
- Moda
- Di Artribune
- 2 Visualizzazioni

Nel 2026, la NASA lancerà Artemis II, la prima missione con equipaggio a viaggiare verso la Luna dopo oltre mezzo secolo. Tra le innovazioni tecnologiche a bordo, spicca un contributo inaspettato: quello di Prada. Il brand italiano, da sempre pioniere nella ricerca sui materiali e sull’innovazione, ha collaborato con Axiom Space per progettare la prima tuta spaziale pensata per una donna, unendo estetica e funzionalità in una nuova frontiera dell’esplorazione. Un esperimento che richiama inevitabilmente l’immaginario futuristico degli Anni Sessanta, quando lo spazio era il più grande palcoscenico dell’innovazione e della conquista.
L’uomo nello spazio
Il 12 aprile 1961, in piena Guerra Fredda, l’Unione Sovietica inflisse un duro colpo agli Stati Uniti con la missione spaziale perfetta: il cosmonauta russo Yuri Gagarin divenne il primo uomo a raggiungere lo spazio. Poco più di cento minuti in orbita a bordo della Vostok 1 segnarono una svolta epocale nell’esplorazione spaziale. In quel momento, la principale preoccupazione di Gagarin era la disponibilità di cibo, e non di abbigliamento. La sua tuta spaziale, progettata dalla scienziata russa Čërnaja-Čičagova, incorporava soluzioni innovative per garantire flessibilità e sicurezza ai cosmonauti. Dopo Gagarin, la corsa allo spazio tra le due superpotenze si intensificò, culminando alla fine del decennio con il Programma Apollo e il primo uomo sulla Luna, Neil Armstrong. Queste scoperte ebbero un impatto profondo sulle dinamiche sociali, economiche e politiche del mondo occidentale, influenzando ogni settore e alimentando l’innovazione. Erano gli anni della ricostruzione postbellica, in cui il benessere si diffondeva sempre di più: gli adulti sembravano soddisfatti, i giovani pieni di speranze, le città meno segnate dal dolore. A dominare era un senso di unità d’intenti collettivo, volto ad acciuffare un futuro ricco di possibilità.

Lo spazio nel cinema
L’arte, in ogni sua forma, divenne il mezzo di comunicazione più diretto ed efficace. La musica inneggiava alla pace, la pop art attingeva ai nuovi mass media per rompere con la tradizione e creare nuovi linguaggi, mentre il cinema esplorava lo spazio con crescente sofisticazione. Nei drive-in, La guerra dei mondi (1953) alimentava il fascino per le invasioni aliene e la corsa allo spazio, mentre nei cinema Countdown (1967) raccontava una missione segreta degli Stati Uniti per sbarcare sulla Luna prima dei sovietici. Poi arrivarono Il pianeta delle scimmie (1968), Robinson Crusoe on Mars (1964) e Barbarella (1968), con Jane Fonda nei panni di un’eroina spaziale sexy, avvolta in audaci cut-out firmati Paco Rabanne. Il cinema di fantascienza passò gradualmente da un’estetica ingenua e avventurosa a toni più realistici e filosofici, culminando con 2001: Odissea nello spazio (1968), il capolavoro assoluto del genere. Stanley Kubrick, ispirandosi ai racconti di Arthur C. Clarke, ridefinì per sempre l’immaginario spaziale. Anche gli abiti giocarono un ruolo chiave, non solo come elementi funzionali alla scena, ma anche come specchio dei cambiamenti culturali ed estetici sulla Terra. E proprio lì, il cambiamento si propagava alla velocità della luce: i confini tra realtà e immaginazione si sgretolavano, mentre l’umanità abbracciava l’idea di un futuro senza limiti. La corsa alla modernità era iniziata e nessuno sembrava più disposto a guardare indietro.
Courrèges, Cardin, Rabanne e la donna galattica
In 2001: Odissea nello spazio, lo stilista Hardy Amies prendeva spunto dalla collezione “Moon Girl” di André Courrèges del 1964, riuscendo a separare la moda passeggera dal modernismo. A pensarci oggi, i costumi del film costituiscono un paradosso se visti nel contesto della moda ciclica: influenzati da Courrèges, che a sua volta aveva attinto dallo stilista britannico John Bates, il quale si era ispirato ai costumi di Hardy Amies per episodi successivi della serie tv The Avengers. Le tendenze degli Anni Sessanta, infatti, non solo sono nate dalla moda, ma hanno anche ispirato il cinema. Le linee dritte e stilizzate sostituivano quelle romantiche dei periodi precedenti, mirando a un’estetica più asciutta, che strizzava l’occhio alle nuove generazioni. I materiali impiegati spaziavano dalla plastica al vinile, conferendo un aspetto futuristico ai vestiti, ora più corti e audaci. Minigonne, pantaloni dritti e abiti a trapezio, bianchi e argentati, raccontavano un futuro utopico in cui l’abbigliamento si trasformava in un carapace di tessuto, un’uniforme protettiva che non comunicava emozioni né senso del corpo, ma che evocava un’idea di pulizia e nettezza quasi psicologica. Il guerriero alieno era proposto anche da Pierre Cardin e Paco Rabanne, che, insieme a Courrèges, formavano il triangolo stilistico del futurismo, capace di cancellare tutto ciò che li aveva preceduti. I tre stilisti non solo fornirono un approccio radicale al design, ma demistificarono i precetti dell’alta moda, rendendola così accessibile a un pubblico più ampio. Il tacco dodici in raso fu sostituito da scarpe e stivali bassi in pelle bianca; sete e broccati cedettero il passo a stoffe sintetiche, resistenti e versatili; forme morbide e avvolgenti si irrigidirono improvvisamente. L’infinita libertà di esplorazione aprì la strada all’introduzione di materiali come ferro e metallo, fino al rodoide, una plastica acetata di cellulosa, scoperta e impiegata da Paco Rabanne per esplorare le declinazioni dell’Op Art.

Prada fa moda spaziale
Tornando al presente, ad aprile 2026, la navicella spaziale Orion, orbiterà attorno alla Luna per otto giorni. Nella seconda metà del 2027, Artemis III porterà due astronauti sul suolo lunare, indossando le tute progettate da Prada. Lorenzo Bertelli, direttore marketing del Gruppo Prada, ha annunciato la collaborazione con Axiom Space, responsabile dell’Axiom Extravehicular Mobility Unit, sottolineando i dettagli aerodinamici che renderanno la divisa non solo funzionale, ma anche più mobile e sportiva. Prada ha messo in campo l’expertise di un team di dieci dipendenti altamente qualificati. Se parte dell’obiettivo è entusiasmare un pubblico ampio riguardo l’esplorazione spaziale, collaborare con il mondo della moda si rivela una strategia vincente. Per questo motivo, Axiom ha coinvolto Esther Marquis, costumista della serie Apple TV+ For All Mankind, per progettare la copertura del suo ultimo prototipo. Analogamente, Richard Branson ha collaborato con Under Armour per creare le uniformi Virgin Galactic, mentre Elon Musk ha scelto Jose Fernandez, celebre costumista di Batman v Superman e Avengers, per disegnare le uniformi SpaceX.
La collaborazione tra moda e spazio
Queste partnership dimostrano come il connubio tra tecnologia e creatività possa rendere l’esplorazione spaziale non solo più attraente e accessibile, ma anche culturalmente essenziale. La stratificazione di significati che Prada porta in passerella ad ogni collezione testimonia l’importanza che la moda ha sempre avuto nel plasmare il mondo contemporaneo. E oggi, con una magistrale lezione di marketing, il brand mira a portare il legame con la cultura pop a un livello successivo, sfruttando le forti potenzialità commerciali di un turismo spaziale che diventa sempre più concreto. Questo implica la creazione di un nuovo mercato per abbigliamento ad alte prestazioni, destinato a soddisfare le esigenze di un futuro prossimo. Andare oltre i limiti e rompere gli schemi è uno dei valori fondanti di Prada, che si conferma ancora una volta precursore nell’immaginare e costruire nuovi scenari.

Lo space-trend nella moda del 2025
Le influenze dello space-trend sono state varie e continue nel corso della storia della moda. Nell’inverno del 1979, Thierry Mugler esplorò proporzioni drammatiche che evocavano un’estetica umanoide-cyborg; nella primavera del 1995, Issey Miyake portò in passerella navicelle spaziali, alieni verdi e altre creature fantastiche, accostandole ad abiti a forma di disco volante. Per l’autunno/inverno del 1999-2000, Alexander McQueenintrodusse la tecnologia nei capi di Givenchy, mentre nel 2007 Hussein Chalayan progettò un abito a bolle e sei vestiti che cambiavano forma davanti agli occhi degli spettatori, con chiari rimandi al futurismo di Paco Rabanne. Nel 2016, invece, Versace Uomo ideò tute neutre con adesivi del brand NASA e, sullo stesso filone, Chanel l’anno successivo decise di celebrare lo spazio piazzando al centro della passerella un enorme razzo pronto al decollo, ovviamente griffato con l’iconica doppia C intrecciata. Ma oggi la situazione è cambiata, e sembra che sia lo spazio a cercare ispirazione nel mondo della moda, non più il contrario. Forse perché, a guardare bene, questa forma d’arte va oltre il semplice gioco di tessuti e decorazioni. Diventa un veicolo di idee e visioni capaci di espandere i confini della conoscenza e del progresso. E non c’è dubbio che tra qualche anno questo momento finirà nei libri di storia. E Prada con esso.
Marta Melini
Libri consigliati:
L’articolo "La moda guarda all’Universo. Storia e protagonisti dello space trend" è apparso per la prima volta su Artribune®.