La minaccia di nuovi dazi Usa, il nodo della bilancia commerciale che ossessiona Trump e le possibili risposte di una Ue divisa

  • Postato il 27 gennaio 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Da un lato i dazi sui prodotti simbolo dei diversi Paesi europei, dall’altro la minacciata rappresaglia per la tassa minima sulle multinazionali applicata da tutta la Ue e le web tax nazionali in vigore Italia, Austria, Francia e Spagna. Le misure propagandate da Donald Trump agitano il Vecchio Continente, i cui ministri degli Esteri si riuniscono oggi a Bruxelles per il Consiglio guidato dall’alto rappresentante Kaja Kallas. Un primo passaggio in vista dell’incontro dei leader in calendario per il 3 febbraio.

Lo squilibrio della bilancia commerciale – La Ue a 27 vale circa il 19% dell’interscambio commerciale complessivo di beni degli Usa, mentre per Bruxelles la quota è lievemente più bassa (poco meno del 17%). Il neo presidente fin dalla campagna elettorale agita la clava di nuove tariffe sui beni importati perché vede come fumo negli occhi il passivo della bilancia commerciale statunitense nei confronti della Ue, cioè il fatto che gli Usa importino molto più di quello che esportino. Nella sua lettura, che sorvola sul ruolo del dollaro forte, tutto ciò che non viene prodotto in patria rappresenta una perdita per il Paese. E nel 2024 la differenza ha raggiunto i 213 miliardi, stando allo United States Census Bureau, anche se guardando ai soli servizi Washington, grazie alle sue multinazionali tech, risulta in avanzo. L’Italia da sola ha esportato oltreoceano per 69,9 miliardi mentre l’import si è fermato a 30.

Trump ha fatto capire che lo “squilibrio” potrebbe essere risolto attraverso l’acquisto da parte della Ue di maggiori quantità di gas naturale liquefatto americano e di armamenti, nell’ambito del più volte invocato aumento generalizzato delle spese per la difesa. In alternativa, appunto, arriverebbero i dazi. Poco importa se il loro risultato finisce per essere un aumento dei prezzi pagati dai consumatori Usa come accaduto durante il suo primo mandato, quando aveva imposto anche all’Europa dazi rispettivamente del 25% e del 10% sulle importazioni di acciaio e alluminio. In risposta, Bruxelles aveva varato tariffe di riequilibrio su una serie di prodotti icona americani, dalle Harley-Davidson al whiskey. Nel 2021, durante l’amministrazione di Joe Biden, i dazi sono stati rimossi.

Le possibili risposte Ue – La Commissione Ue si è detta anche stavolta pronta a difendere i propri interessi. Sul fronte commerciale, a disposizione c’è il “meccanismo anti coercizione” che – una volta approvato a maggioranza qualificata degli Stati membri – consente di introdurre tariffe equivalenti su beni Usa o restrizioni alla possibilità per le aziende statunitensi di investire o di partecipare ad appalti pubblici nell’Ue. Può essere attivato quando un Paese terzo fa pressione sull’Unione (o anche su un solo Paese) per imporle una decisione interferendo con le sue scelte sovrane.

Il ritorno dei dazi selettivi? – Il presidente Usa ha lasciato la questione fuori dalla prima raffica di ordini esecutivi firmata subito dopo l’insediamento. E nei giorni scorsi ha fatto dei distinguo tra i diversi Paesi, promettendo dazi a chi non andrà “a produrre negli Usa” ma evidenziando che per l’Italia pesa in positivo il buon rapporto personale con Giorgia Meloni. Che dal canto suo questa mattina, parlando con i giornalisti durante la visita in Arabia Saudita, ha ricordato come le economie dei due continenti siano “complementari e interconnesse” per cui “uno scontro non conviene a nessuno”. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani domenica sera ha sentito intanto il Segretario di Stato americano Marco Rubio e ha detto che “se il buongiorno si vede al mattino, anche nei primi colloqui che abbiamo avuto, credo che ci siano margini per un buon dialogo”.
Le parole di Trump prefigurano il ritorno dei dazi selettivi – modulati in funzione del livello di gradimento di questo o quell’altro leader politico – come grimaldello per cercare di dividere i Paesi dell’Unione proprio nel momento in cui una maggiore integrazione come via per rilanciare la crescita è giudicata più urgente che mai.

Europa già spaccata – I 27 del resto sono già spaccati. Da un lato l’Olanda e altri Paesi nordici, che come la presidente della Commissione Ursula von der Leyen intendono rispondere alle continue sparate di Trump con un certo distacco, attendendo i fatti e preparandosi a negoziare. Dall’altro gli “interventisti” a partire dalla Francia di Emmanuel Macron, secondo cui Trump capisce solo la forza e dunque bisogna rispondere colpo su colpo. Berlino pare rientrare per ora in questo campo ma c’è chi la giudica come una mossa elettorale di Olaf Scholz. L’Est, guidato dalla Polonia, è su linee quasi trumpiane: sulla difesa non ha nessun dubbio che sia necessario seguire le indicazioni del tycoon gonfiando le spese militari. “Hanno il terrore di perdere la protezione degli Stati Uniti e molte scelte sono e saranno prese attraverso questo prisma”, spiega una fonte diplomatica. Un quarto gruppo, che comprende l’Italia e l’Ungheria di Viktor Orban, rivendica “una relazione speciale” con Trump. Il rischio evidente è quello del classico ‘divide et impera’.

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Il Fatto Quotidiano

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