La marcia dei robot suona la sveglia
- Postato il 2 dicembre 2025
- Di Panorama
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È di questi giorni la notizia che l’azienda cinese Ubtech Robotics ha fatto la prima consegna di massa al mondo di robot umanoidi industriali Walker S2. Lo ha fatto con tanto di video celebrativo che segue una scrittura cinematografica, iconicamente sospesa tra l’antico esercito di terracotta di Xian e il futuro dei droidi.
Lo dico: è spaventoso. Al diavolo ogni critica di luddismo, ma davvero possiamo assistere a tutto questo senza capire cosa c’è dietro? Davvero possiamo pensare di essere come bambini al luna park? Una classe dirigente pensante e non complice dovrebbe compiere lo sforzo di andare oltre l’apparenza: stupiscono i robot che faranno lavori come assemblaggio, ispezione e logistica; e pure che fanno tutto il resto. E in questa dimensione umanoide, l’umano si perde. La Cina ha un piano nazionale di sviluppo della robotica e se la gioca con gli Stati Uniti che sta un pelo più avanti. Se America e Cina competono su robot umanoidi industriali, progettati per operare in ambienti umani, mi domando come possiamo pensare di condividere uno spazio fisico che resta quello. Nelle fabbriche o negli studi esce l’umano ed entrano umanoidi e Ia. Nelle case si contano meno esseri umani, visto che non facciamo figli, e più robot e affini: ieri era Alexa, domani saranno l’Optimus di Musk o il Bumi cinese che cosa quanto un iPhone. E siccome gli esseri umani invecchiano a far da badante ci saranno loro, i robot.
Le questioni di fondo sono tante: ma l’essere umano, in questo “progredito livello”, dove sta? Che ruolo ha? E ancora: si può davvero pensare di fare grandi dibattiti sulla riforma delle pensioni quando l’investimento privato per questi gioiellini del futuro poi è coperto da generosi acquisti statali nel comparto militare e della Difesa, oppure – a breve – dalla sanità? E infine: ma sul serio pensiamo di poter governare questo progresso senza considerare un capovolgimento di fronte, una specie di rivoluzione delle macchine? In tutto questo non metto in campo (per quanto sia invece fondamentale) il peso culturale, filosofico e religioso della questione.
Eppure se ne discute troppo poco, rinunciamo alla riflessione. Alcune settimane fa Marina Berlusconi aveva scritto un commento sul Corriere della Sera presentando tre nuovi libri, usciti contemporaneamente, e che avrebbero dovuto stimolare un dibattito. Li ho cominciati a studiare (anche perché sto scrivendo un libro sull’argomento) e mi auguro che tra governo, Parlamento e Res Publica a qualcuno venga l’idea di regalare questo genere di volumi, questi libretti d’istruzioni per capire cosa c’è dietro la… modernità. I tre libri che la Silvio Berlusconi Editore pubblica contemporaneamente sono Careless people, Gente che se ne frega (libro boicottato da Zuckerberg) di Sarah Wynn-Williams; La Repubblica tecnologica di Alex Karp, ceo di Palantir, socio di Thiel (il cui vero libro è Da zero a uno); e La società tecnologica, un libro del filosofo e teologo Jacques Ellul. A questi aggiungo il fondamentale Il capitalismo della sorveglianza di Shoshana Zuboff e suggerisco autori come padre Paolo Benanti, Evgenij Morozov e Luciano Floridi.
Scriveva Marina Berlusconi sul Corriere: «Oggi le prime cinque Big Tech assieme – Nvidia, Microsoft, Apple, Alphabet, Amazon – sono arrivate a superare il Pil dell’area euro. Ma attenzione: ridurre tutto ai valori economici non basta, il potere dei giganti della tecnologia va ben oltre. È un potere che rifiuta le regole, cioè la base di qualsiasi società davvero funzionante. Noi editori tradizionali paghiamo le tasse, rispettiamo le leggi, tuteliamo il diritto d’autore e i posti di lavoro – basti pensare che in Italia le piattaforme occupano appena un trentesimo dei lavoratori del settore. Eppure, quasi due terzi del mercato pubblicitario globale vengono inghiottiti dai colossi della Silicon Valley, che fanno esattamente il contrario: per dirla con il titolo del saggio firmato dalla ex-Meta Sarah Wynn-Williams, sono Careless people, “gente che se ne frega”. È concorrenza sleale bella e buona».
E ancora: «I giganti del Tech mettono sul piatto generosi finanziamenti e i dati di miliardi di persone (…) Questi colossi non sono più solo aziende private, sono attori politici. Con una differenza sostanziale rispetto a chi fa politica di mestiere: i padroni della Silicon Valley restano sempre al loro posto. Grazie a una buona dose di ipocrisia, sono passati dal wokismo al trumpismo con la disinvoltura di un cambio di felpa». Davvero è così impensabile non discutere delle insidie di quel che ci stupisce e… istudipisce.