La manovra convince le imprese. Ma non tutte
- Postato il 4 novembre 2024
- Economia
- Di Formiche
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Come da migliore tradizione, sulla manovra appena approdata alla Camera, cominciano a piovere i primi giudizi di associazioni, enti, sindacati, imprese, banche e vigilanza. Giovedì toccherà al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, mettere l’ultima parola, prima che la legge di Bilancio entri nel vivo dell’esame della Commissione Bilancio, per poi finire nell’Aula di Montecitorio. Imprese, consumatori e sindacati sanno bene che la finanziaria che cuba fino a 30 miliardi e che poggia su rifinanziamento del taglio al cuneo e riassetto delle aliquote Irpef è pressoché blindata dal governo.
Ma questo non ha impedito di esprimere un giudizio sulla manovra, in sede parlamentare. Tra le associazioni più importanti ascoltate c’è sicuramente Confcommercio, dalla quale è arrivata una sostanziale promozione della finanziaria. “Bene il taglio strutturale del cuneo fiscale, la detassazione dei premi di produttività, la super-deduzione per le assunzioni a tempo indeterminato e la riduzione delle aliquote ma occorre ridurre la seconda aliquota dal 35% al 33%”, si legge nel documento depositato.
“La congiuntura economica appare in forte rallentamento. Gli ultimi dati, sebbene ancora provvisori, suggeriscono la presenza di diffusi elementi di fragilità, in particolare nel funzionamento del circuito redditi-fiducia-consumi. La nostra previsione per la chiusura del 2024 è di un Pil in crescita non oltre lo 0,8%, con rischi orientati al ribasso (la stima del governo, ora rivista al ribasso, è dell’1%, ndr). E l’indebolimento della prospettiva di crescita rende più arduo il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati per il 2026″.
Conclusione. “Il tratto distintivo della manovra è la scelta di rendere strutturali, a partire dal primo gennaio 2025, l’accorpamento delle aliquote Irpef in tre scaglioni e gli effetti delle misure di riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti. Resta, però, la necessità di perseguire, anche con il supporto degli esiti del concordato preventivo biennale, la riduzione dal 35% al 33% della seconda aliquota Irpef, nonché l’innalzamento del corrispondente scaglione di reddito da 50 mila a 60 mila euro. Ciò anche in considerazione dell’impatto del drenaggio fiscale sui redditi di medio livello”.
Ma non tutti sono d’accordo. Secondo l’Ance, l’associazione dei costruttori, per esempio, “tagliare le agevolazioni edilizie sotto il 50% rischia di dare impulso al lavoro in nero, innescando un circolo vizioso a danno della sicurezza dei lavoratori. Per questo la manovra appare deficitaria anche sul tema della riqualificazione energetica e strutturale degli edifici per l’assenza di una politica di medio termine, necessaria per attuare le previsioni della direttiva case green e un piano serio di decarbonizzazione degli edifici”.
Con riferimento poi alle nuove aliquote di agevolazione fiscale previste per le ristrutturazioni, l’Ance ha ribadito che “fissare una percentuale di agevolazione inferiore al 50%, come quelle previste al 36% e al 30%, rischia di dare impulso al lavoro in nero, innescando un circolo vizioso a danno della sicurezza dei lavoratori, dell’efficacia degli interventi, della qualità dell’abitare, della competitività delle imprese regolari e anche delle stesse entrate erariali. Siamo dinnanzi a una manovra che si caratterizza per la mancanza di una chiara visione per il futuro con un carattere restrittivo e numerosi tagli a programmi di spesa riguardanti investimenti in opere pubbliche”.