La maggioranza Ursula boccia il bilancio di Von der Leyen: “No al modello Pnrr, i piani nazionali vengano sottoposti al voto del Parlamento Ue”
- Postato il 30 ottobre 2025
- Zonaeuro
- Di Il Fatto Quotidiano
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Una lettera indirizzata a Ursula von der Leyen per respingere l’attuale proposta di bilancio presentata dalla Commissione Ue. E’ stata firmata da Ppe, Socialisti, Renew e Verdi, ovvero le stesse forze politiche che nell’Europarlamento uscito dalle elezioni del 2024 ha votato per riconfermare l’ex ministro della Difesa tedesco a capo dell’esecutivo comunitario. Nel testo, datato 30 ottobre e firmato tra gli altri da Manfred Weber, Iratxe García Pérez, Valérie Hayer e Terry Reintke, i capigruppo della cosiddetta “maggioranza Ursula” affermano che il Parlamento “non può accettare la bozza del bilancio Ue così come proposta dalla Commissione”. Per avviare i negoziati, chiedono una proposta modificata, che rifletta “significativamente” le richieste già espresse in una risoluzione approvata dall’Eurocamera nel maggio 2025.
La lettera si concentra sulla nuova architettura proposta dalla Commissione, i cosiddetti National and Regional Partnership Plans (NRPP) che in base alla proposta di Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2028-2034 dovrebbero diventare lo strumento principale per gestire i fondi europei dopo il 2027. Secondo i firmatari, il modello scelto dalla Commissione “ricalca quello del Recovery and Resilience Facility”, cioè dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) nati dopo la pandemia, e si basa di fatto su un principio di “un piano nazionale per Stato membro”. Un’impostazione che porta a una “rinazionalizzazione del bilancio europeo”, minando la solidarietà e la coesione interna dell’Unione. Il risultato sarebbe “una Unione à la carte con decisioni centralizzate a livello nazionale che ignorano le priorità comuni e l’aggiunto valore europeo”. In pratica 27 programmi nazionali separati, capaci di frammentare il mercato unico, ridurre la prevedibilità dei finanziamenti e creare problemi soprattutto al settore agricolo.
Uno dei punti più contestati riguarda infatti la fusione tra politiche agricole, di coesione e sociali in un’unica cornice finanziaria. Il Parlamento chiede invece di mantenere separate le principali politiche europee – in particolare la Politica agricola comune (PAC) e la Politica di coesione – ciascuna con un proprio regolamento e bilancio dedicato. Secondo la lettera, la proposta attuale comporterebbe una “sostanziale riduzione reale” delle risorse destinate a questi settori, indebolendo strumenti che da decenni rappresentano i pilastri dell’integrazione europea.
Altro punto chiave è il ruolo delle regioni e delle autorità locali. I quattro partiti che la gestione dei fondi non sia concentrata nei governi centrali, ma che siano previste negoziazioni dirette tra regioni e Commissione europea, in rispetto del principio di partenariato e sussidiarietà. Parallelamente, i gruppi chiedono di rafforzare i poteri di controllo e codecisione del Parlamento europeo: la plenaria dovrebbe poter approvare o modificare i piani nazionali, partecipare alla definizione dei bilanci flessibili e intervenire sulle priorità annuali di spesa. “Il deficit democratico del modello cash-for-reforms – avvertono – non è accettabile: le riforme devono essere legate agli investimenti e sottoposte a pieno scrutinio parlamentare”.
Un’altra parte del documento insiste sulla condizionalità legata al rispetto dello Stato di diritto e della Carta dei diritti fondamentali. I leader dei gruppi chiedono che la normativa anticorruzione e sui valori europei si applichi all’intero bilancio Ue, inclusi i futuri piani nazionali, e che eventuali violazioni portino automaticamente alla sospensione o alla revoca dei fondi. “Non devono esserci strumenti paralleli o duplicazioni”, si legge nella missiva, che invita la Commissione a “essere più coerente e proattiva nell’uso del suo toolbox sullo Stato di diritto”.
Il messaggio politico è chiaro: il Parlamento europeo si sente scavalcato dalle decisioni e dalle strategie di von der Leyen. Era successo quando la presidente aveva deciso di ricorrere all’articolo 122 dei Trattati non sottoponendo lo strumento “Safe” del piano di riarmo Ue all’approvazione dell’Assemblea. In quell’occasione anche la presidente del Parlamento Roberta Metsola, compagna di partito di von der Leyen, si schierò contro di lei annunciando ricorso alla Corte di Giustizia Ue. “Ribadiamo il nostro no al bilancio proposto dalla Commissione e dai governi di destra che vogliono smontare l’Europa – ha commentato il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti -. Dietro la rinazionalizzazione della coesione e della Pac c’è un disegno politico specifico: indebolire l’Unione togliendo voce e risorse a Regioni, Comuni e quindi alle cittadine e ai cittadini. Noi difendiamo l’Europa della solidarietà, dello sviluppo e dei territori, contro chi sogna di tornare ai muri e agli egoismi nazionali”.
Il segnale è tanto più significativo perché arriva proprio dai gruppi che compongono la maggioranza parlamentare che sostiene Ursula von der Leyen. Questa coalizione – formata da Partito popolare europeo (centro-destra moderato), Socialisti & Democratici (centro-sinistra), Renew Europe (liberali) e in parte dai Verdi/EFA (ecologisti) – è la stessa che nel luglio 2024 ha votato per la rielezione della presidente della Commissione. Una maggioranza europeista e centrista, costruita per garantire stabilità istituzionale ed evitare alleanze con le forze sovraniste di destra (ECR e ID).
La conclusione della lettera è perentoria: “Il testo della Commissione, così com’è, non può costituire una base per i negoziati”. L’Eurocamera attende dunque una nuova proposta che tenga conto delle sue richieste. Il messaggio a von der Leyen è chiaro: per garantire la continuità della maggioranza che la sostiene, la Commissione dovrà correggere la rotta e rimettere al centro le politiche comuni europee. La lettera sembra quindi segnare l’avvio di una delle più delicate battaglie istituzionali della legislatura, quella per definire che tipo di Unione europea nascerà dopo il 2027: un’Europa delle nazioni o un’Europa delle politiche condivise.
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