La lungimiranza della Strade Bianche
- Postato il 8 marzo 2025
- Di Il Foglio
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La lungimiranza della Strade Bianche
La mattina del 9 ottobre 2007 a Gaiole in Chianti erano in 113, 113 atleti. Di gente che non doveva pedalare ce ne era almeno il quintuplo. Al via si andava da Alessandro Ballan a Steffen Weigold, almeno numericamente. Di quei 113 partiti, oltre la metà si ritirò. Il vincitore, il russo Alexandr Kolobnev, quel giorno ci impiegò 4 ore, 42 minuti e 10 secondi per coprire i 180 chilometri della corsa. Disse: “Magnifico”. Pausa, gli occhi che si muovono lungo piazza del Campo a Siena. “È stato un grande spettacolo. Questa corsa è da fuori di testa”. Quella corsa era la Monte Paschi Eroica. Si sarebbe chiamata Strade Bianche due anni dopo, oggi compie diciotto edizioni, è diventata maggiorenne. È diventata uno di quegli appuntamenti da non perdere ben prima della maggiore età.
Strade Bianche per evidenza ed antonomasia. Per allucinazione, soprattutto. Perché bianchi appaiono gli sterrati da lontano. Da vicino sono altra cosa. Sono di tutte le tonalità del grigio e dell’ocra. Sono terreno e aria, polvere o fango che ti si attacca addosso, che ti penetra dentro. E restano lì. Non ce li si dimentica gli sterrati.
È nata ottobrina la Monte Paschi Eroica. Eroica come L’Eroica, la ciclostorica, ottobrina anch’essa. Era Eroica per gli sterrati e perché dell’Eroica era la dimensione più veloce, quella competitiva. Ciclismo e non solo bici. Ristori volanti invece di ristori brindanti. La Monte Paschi Eroica, ora Strade Bianche, nacque “a cena, a una cena durante L’Eroica 2005”. Chiacchiere, bici, bicchieri, idee. Tante. Quelle che ha sempre avuto Giancarlo Brocci, papà dell’Eroica, ideatore poi della Monte Paschi Eroica. Un’idea accolta con entusiasmo e che di entusiasmo si è nutrita. Quello degli eroici di allora, “quello mio e di Riccardo Nencini (nipote del campione Gastone, e all’epoca presidente del Consiglio regionale della Toscana, ndr), quello di Claudio Martini, al tempo presidente della Regione Toscana, che disse: ‘Bello, facciamola’. E allora iniziai a lavorarci. Contattai Angelo Zomegnan che era a capo di Rcs sport, e l’entusiasmo nostro fu l’entusiasmo suo. Decise di puntare su questa corsa nonostante lo scetticismo di tanti, di tutti quelli che dicevano che i corridori non si sarebbero mai prestati a correre sugli sterrati”. Non andò così.
Fu lungimirante Giancarlo Brocci. Con L’Eroica è riuscito a riportare la polvere nel ciclismo. La Monte Paschi Eroica, ora Strade Bianche, ha contribuito a distribuirla. “Questa corsa è da fuori di testa”, disse Kolobnev. È vero l’opposto. Fu un eccesso di lucidità. “Ci rendemmo conto subito che avevamo fatto un salto nel futuro. A distanza di tutti questi anni, lo posso dire con certezza. La polvere è tornata ovunque: al Giro, alla Parigi-Tours, persino al Tour un anno fa”.
È il ciclismo antico che si è fatto postmoderno. Un lampo di tempi eroici diventato contemporaneità: “Gli sterrati hanno riportato imprevedibilità, la possibilità che tutto possa cambiare da un momento all’altro. Hanno riportato gli uomini al centro di tutto. Tecnologia e giochi di squadra qui sono secondari: il ciclismo ritorna essere uno sport di singoli”. Anche perché Pogacar, van der Poel, van Aert, Alaphilippe, Evenepoel sono figli di questo, figli postmoderni di un ciclismo antico: “Sono ragazzi che scattano a 60, 80, 100 chilometri dall’arrivo. Sono ragazzi che non hanno paura di rischiare: hanno capito che è nella solitudine che si diventa campioni”.
È da molto, troppo, che le strade della Strade Bianche non sono più quelle di Giancarlo Brocci, “è andata così, sono però orgoglioso di tutto questo nonostante come è andata con Rcs. Il loro modello di business non è il mio, le loro priorità non sono le mie. Per me ancora prevale la passione, l’idea che il ciclismo è ancora soprattutto passione”.
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