La Londra scabrosa di Céline tra fuorilegge e donne di strada

  • Postato il 16 settembre 2025
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  • Di Libero Quotidiano
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La Londra scabrosa di Céline tra fuorilegge e donne di strada

Tra il 31 giugno e il 1 luglio 1961 Louis-Ferdinand Céline (1894-1961)annuncia di aver terminato la seconda stesura di Rigodon, il “terzo atto” sulla catastrofe tedesca di una trilogia di romanzi autobiografici scritti con i passi di una danza vertiginosa, iniziata con Da un castello all’altro e conclusa con Nord. Lo scrittore morirà subito dopo questa bella notizia, oscurata purtroppo da un’emorragia cerebrale.

Quella trilogia, definita “cronaca” da Céline, racconta la sua fuga rocambolesca tra il tragico e il comico insieme alla moglie Lucette e al gatto Bébert dalla Francia alla Germania in fiamme, circondati da una folla eterogenea di personaggi: tedeschi, francesi di Vichy, SS, attori, critici, soldati, che ricompaiono talvolta con nomi diversi nei romanzi della trilogia. Una qualità della narrativa di Céline che incidentalmente ricorda la monumentale Commedia umana di Balzac, affollata di protagonisti che non sempre abbandonano le pagine del loro universo letterario. Basti ricordare l’ambizioso Rastignac, l’ambiguo Vautrin, il vecchio Goriot che sacrifica ogni cosa al benessere delle figlie ingrate o la controversa e potente figura dell’usuraio Gobsek, «fabbricato dall’inferno».

L’analogia finisce qui, perché Céline non è uno scrittore d’invenzione ma un irridente affabulatore e falsificatore nato. È un clochard della parola e dello slang, il padrone dell’argot, un febbricitante traduttore della realtà secondo lo sguardo senza censure del dissacratore. Per Gide Céline non raffigura la realtà bensì le allucinazioni che la realtà provoca in lui.

Molti dei suoi personaggi, più volte presenti nei romanzi Guignol’s band, Guerra, Londra, sono stati rinvenuti nei manoscritti rubati nel suo appartamento a Montmartre nell’estate del 1944 durante la Liberazione per mano dei partigiani appartenenti al movimento della resistenza francese Masquis, e misteriosamente recuperati nel 2021 insieme al racconto La volonté du Roi Krogold e una più estesa versione di Casse-Pipe.

Grazie all’editore Adelphi, impegnato nella pubblicazione di questi preziosissimi scritti, dopo il primo «sfolgorante scampolo degli inediti», Guerra, scritto di getto, possiamo leggere Londra (Adelphi, euro 25, pp. 504) curato da Règis Tettamanzi e tradotto da un artista come Ottavio Fatica, uno dei pochi traduttori in grado di affondare le mani nelle travagliate carte e nello stile lessicalmente esuberante e haché dell’autore di Viaggio al termine della notte, libro segnato irrimediabilmente «dall'angoscia sempre più precaria» del domani.

 

IL TRITTICO

La città di Londra, all’epoca definita come il più grande mercato di carne umana del mondo, fa parte di quel trittico che Céline intendeva sviluppare in tre sequenze: Infanzia. Guerra. Londra. Sono questi i suoi temi forti e punti fermi. Finalmente Londra, il più voluminoso degli inediti composto da un migliaio di fogli, è giunto a noi; pur essendo il seguito naturale di Guerra, può essere letto autonomamente in virtù della sua compiutezza nonostante un finale aperto. Anche in questo caso si tratta di una prima stesura restaurata dal traduttore fra una miriade di appunti, carte, correzioni volanti e, soprattutto dubbi sulla migliore decifrazione. Chi ha letto Guerra, se amala “letteratura bassa” céliniana, spinta fino al limite, non può non misurarsi con questo libro dalla duplice chiave di lettura: romanzo della prostituzione o manuale di sopravvivenza ad uso dei disertori? Il lungo romanzo, che si dispiega per ben 500 movimentate pagine, ci parla con toni espliciti e talvolta sguaiati. Parole come magnaccia, prostitute, prosseneta, scopare, luoghi equivoci come bordelli e pensioni compiacenti, puntellano storie d’amore con prostitute, l’assassinio di un informatore della polizia, baruffe a suon di sputi in un taxi, la lotta di un uomo con un orso, una famiglia di giocolieri abili con sciabole, pistole e coltelli che si esibiscono mentre le «zoccole battono nel loggione».

Come accennato, vi sono personaggi già incontrati con nomi diversi in altri libri di Céline: la prostituta Angèle è presente in Guerra e in Guignol’s band, Cantaloups, capo dei papponi in Guignol’s band, Cascade, marito e magnaccia di Angèle, pure, Stocazzo, maggiore britannico reclutatore di puttane e figura fra le più violente della malavita londinese, è già presente in Guignol’s band, ecc.

Tutti i personaggi, compreso Ferdinand, l’alter ego di Céline, sono passanti della vita, figure che transitano da un romanzo all’altro alla ricerca di un riparo per sfuggire alla polizia inglese e al gabbio o per paura di essere rispediti al fronte. In un certo senso Londra, molto più che Guignol’s band, è il romanzo della prostituzione con l’esclusiva presenza di “pappa” e “mignotte”. Tante le trame secondarie, ma su tutte s’eleva quella di Ferdinand e Angèle, che vivono una tormentata storia d’amore, trasformando Londra in un testo imperdibile sulla passione amorosa.

 

SENZA SCAMPO

Céline realizza minuziosi ritratti umani, li disegna senza astenersi dal fornire i dettagli più scabrosi e intimi. Questo profeta dell’apocalisse e di un mondo defraudato da uomini e superuomini caduti in rovina, nella sua opera ha sempre raccontato il crepuscolo degli dei minori e un mondo in dissoluzione. Con Londra ci regala un affresco memorabile della Londra malfamata e corrotta durante uno dei periodi più bui del Novecento. L’autore è attratto dagli outlaws, dal loro linguaggio e codice d’onore e dal rifiuto dei benpensanti del mondo “normale”. La sua riflessione intellettuale sulle sue ragioni di questa predilezione per gli ultimi, non lascia scampo.

«Mi chiedevo se la guerra sarebbe finita tra uno o dieci anni, come dicevano alcuni. Cercavo di ricordarmi come erano gli uomini prima della guerra. Erano già una bella accozzaglia di pezzi di merda.
Perme, i padroni, i padri, i morali, tutti molto più forti di me. E subito dopo i soldati, peggio mi sento, quelli più che ammazzare non fanno. Sicché, a rifletterci, tra i due sono i magnaccia che capiscono meglio le cose. Quelli magari ascoltano pure, gli altri quando mai».

Come è noto, Céline, accanto a capolavori apprezzati e lodati ovunque, si trascina la macchia di tre imperdonabili pamphlet antisemiti, Bagatelle per un massacro, La scuola dei cadaveri e Le beax draps.
Si tratta di libri che andrebbero contestualizzati meglio in rapporto all’epoca in cui furono scritti e che fanno nascere la domanda se sia giusto giudicare un artista per le sue posizioni ideologiche. A tal proposito Roland Barthes sostiene che davanti a un’opera d’arte dobbiamo prendere atto della “morte dell’autore”.

Con Céline, che ha confessato di aver peccato di orgoglio e di vanità, toccando temi più grandi di lui, ereditiamo il demone dello stile, il linguaggio, l’opera di un operaio della parola che parla al mondo mentre si sta dissolvendo. «Non ho più genio di altri, come diceva Cartesio, sono solo un povero lavoratore con più metodo». Così Céline, che non ha mai desiderato diventare un mandarino della letteratura.

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Autore
Libero Quotidiano

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