La locandina, il consiglio cinematografico di oggi: Thanksgiving, di Eli Roth
- Postato il 16 maggio 2025
- Cinema
- Di Blitz
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Il recente Borderlands, tratto dall’omonimo videogioco, si è rivelato un fiasco assoluto, sia in termini economici che in quelli puramente creativi. Complice anche una fase di produzione piuttosto travagliata, il regista Eli Roth si è visto recapitare critiche poco lusinghiere, la maggior parte delle quali puntavano il dito sull’umorismo stantio e poco coinvolgente alla base del progetto, segnato anche da una edulcorazione davvero imbarazzante.
Può sembrare un paradosso, soprattutto considerando lo stile di Roth, sempre contraddistinto da un certo gusto per lo splatter derivante dalla fascinazione per il cinema di genere. Con Cabin Fever (2002), Hostel (2005), e The Green Inferno (2013), il regista ha dimostrato tutto il proprio amore per il cinema horror del passato, soprattutto per quello italiano di Lucio Fulci, Umberto Lenzi, Joe D’Amato e Dario Argento. In Borderlands, però, Roth pare aver perso la bussola, precipitando in una spirale produttiva che ha compromesso e alterato uno stile, il suo, fortemente identitario e ben definito.
Accantonato il recente fallimento, Eli Roth ha annunciato il suo ritorno alla regia con Ice Cream Man, un horror che lo stesso Roth considera il suo film più “terrificante e disturbante”. Si tratta di un’idea su cui il regista sembra aver lavorato per oltre vent’anni. Gli studios ai quali l’ha proposta, però, l’hanno sempre rifiutata, ritenendola un’opera fin troppo sovversiva. “È un’idea che mi accompagna da molto tempo, ma in passato nessuno voleva toccarla. Ora ho la libertà creativa per portarla sullo schermo esattamente come l’ho sempre immaginata. Ice Cream Man è il motivo per cui ho creato The Horror Section: per realizzare film horror senza compromessi, che il pubblico non dimenticherà”, ha dichiarato Roth.
Attendendo il suo ritorno all’horror, il genere che più di altri esalta le sue indubbie qualità, oggi vi consigliamo il film che il regista ha realizzato poco prima di Borderlands, ovvero Thanksgiving, una pellicola che rivisita con grande mestiere tutte quelle che sono le peculiarità trite e ritrite dello slasher movie.
Thanksgiving, di Eli Roth
Plymouth, in Massachussetts, è il luogo di nascita del Giorno del ringraziamento (Thanksgiving Day), la festa nazionale che si celebra ogni anno in segno di gratitudine per le benedizioni del raccolto. Qui, durante la festività, la folla si è riunita in massa di fronte alle porte di un superstore, attenendo con ansia e agitazione di approfittare degli sconti del Black Friday per fare spese. L’attesa si trasforma presto in tragedia: ansiose di entrare, le persone si gettano all’assalto del grande negozio travolgendo come un fiume in piena gli adetti alla sicurezza, trasformando il Giorno del ringraziamento in una sanguinosa strage. Un anno dopo, la città sprofonda nella paura quando un misterioso serial killer inizia a mietere le sue vittime nella maniera più efferata possibile, reclamando vendetta per quella strage rimasta senza colpevoli.
Con merito, dovuto naturalmente alla piena conoscenza e padronanza di tutti quelli che sono i luoghi comuni dell’horror, Eli Roth reinterpreta lo slasher con grande ingegnosità. Pur senza spingere in avanti quell’evoluzione stilistica ferma ormai alle atmosfere e ai connotati storici che hanno fatto la fortuna di questo sottogenere, Roth riesce a lasciare la propria impronta stilistica sostenuta anche da un pizzico di originalità, al giorno d’oggi sempre più preziosa.
Le pretese, va detto, non sono molte, ma Thanksgiving, sebbene sprovvisto di quell’energia anarchica, sporca e selvaggia tipica delle opere passate a cui fa riferimento, riesce a elevarsi dal pantano slasher del momento sprigionando una certa cattiveria, in larga parte concentrata nella meravigliosa e disturbante sequenza dell’assalto al superstore. Qui è impossibile non riconsiderare la lezione di George Romero e del suo capolavoro Dawn of the Dead, attraverso la quale Roth, attaccando allo stesso modo il marciume consumistico, rimpiazza gli zombi bluastri con i morti viventi dei giorni nostri, che battono disperati sulle porte dei centri commerciali nell’affanno comune di voler accaparrarsi l’ultimo modello di smartphone o di frullatore a immersione.
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